Author: Alessandro Frangi

FARE E DISFARE PER RICORDARE: TESSERE, DISEGNARE, MAPPARE

Barbara Prenka, nata in Kosovo

Della Rapsodia di Barbara Prenka, questo il titolo dei suoi lavori, vediamo solo una porzione. Un segmento di un percorso che comprende ventiquattro tappe, concepite come riferimento a un movimento verso destinazioni che si spostano e si modificano incessantemente. Nelle tele i colori, le forme, i movimenti delle pennellate fluiscono e si ripresentano, si conservano e si trasformano, ritornano inaspettati. È un lavoro che nasce sul senso della rapsodia come un complesso che unifica, in cui ogni singolo pezzo è una narrazione, ma anche la successione a un altro racconto; un continuo divenire di spostamenti migratori che marcano; un continuo divenire che non stagna in una radicata stabilità, ma mantiene l’eco di un’impossibilità a posarsi restando in una tensione sospesa.

Hsing-Chun Shih, nata in Arabia Saudita

L’installazione di Hsing-Chun Shih comprende tre elementi che ruotano intorno all’audio diffuso nella stanza, registrazione dei suoni di una fabbrica tessile di Taipei, Taiwan, dove l’artista è cresciuta. Impossibile non pensare allora ai rumori che provengono, nei giorni lavorativi, dalla fabbrica qui accanto, Testori Group, e che si sovrappongono a quelli di una manifattura lontana. Centro del progetto è un tessuto, disfatto fino a lasciar intravedere, nella parte centrale, il profilo di un paesaggio, bianco su bianco, la cui evanescenza dipende dal modo con cui viene manipolato, in un equilibrio precario realizzato grazie a una precisa distruzione creativa di cui una foto è documento. Questi stessi fili, staccati, sono poi ricuciti, utilizzati per ricreare una mappa. Un ricamo sul tendaggio definisce un’altra sagoma: è il profilo di Taiwan in una delle prime rappresentazioni cartografiche dell’isola.

Alek O., nata in Argentina

C’è un’altra tenda, che apparteneva a un altro spazio. È il lavoro di Alek O., che ha come elemento costante della sua ricerca il riuso, il recupero. I materiali che l’artista utilizza hanno già una storia, non sono tavole o tele intonse, avevano altre funzioni che hanno perso. Vengono riassemblati, con un apparente rigore che rivela una geometria imprecisa, dettata dalla materia stessa e quindi dalla storia di questi oggetti. Cambiano forma, ma non perdono memoria.
Accade così anche nel caso di questa tenda, segnata dal sole, impressa come fotografia da una lunga esposizione. Bloccata su un telaio, non separa più interno ed esterno, non protegge da occhi altrui, mostra questa vita a nuovi sguardi.

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Appocundria, Casa Testori, 2019 © Maki Ochoa-4
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Appocundria, Casa Testori, 2019 © Maki Ochoa-16
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COSA È CASA, CHI È CASA, DOVE È CASA?

Felipe Aguila, nato in Cile

Nyumbani è la parola che indica casa in Swahili, lingua diffusa soprattutto in Africa ma comune anche in altre comunità lontane dal continente africano, per la sua caratteristica di essere legata al commercio marittimo. L’artista ha prima disegnato la propria idea di casa, poi ha chiesto a una serie di amici che abitano lontano di fare la stessa cosa, sullo stesso foglio: rappresentare heimat / hogar / home. Si tratta, dunque, di una lettera disegnata, che ha attraversato il mondo, che talvolta si è persa, non ha raggiunto il destinatario o non è tornata al mittente. Il lavoro sulla memoria e sull’architettura di Felipe Aguila si declina anche in una serie di disegni leggerissimi, intitolati Urbanización de la memoria. Sono paesaggi architettonici inesistenti, immagini che fluttuano al centro della carta e che sembrano poter svanire all’improvviso. Il punto di partenza è un edificio reale, che l’artista ha visto dal vero o in fotografia, luoghi che talvolta non esistono più o si sono modificati nel tempo e che Felipe Aguila riedifica, come in sogno, sulla base dei propri ricordi. 

Aleksander Velišček, nato in Slovenia

La prepustnica era un lasciapassare, che permetteva di valicare la frontiera tra Slovenia e Italia a chi abitava vicino al confine, prima dell’ingresso in Europa. Un documento che permetteva di evitare lunghe file al confine, di muoversi liberamente tra i due stati e che per Aleksander Velišček è inevitabilmente legato ai ricordi d’infanzia. Il lavoro diviene anche una riflessione socio-politica sul senso dei confini, sulla convinzione condivisa del superamento di un momento storico e delle sue caratteristiche, che invece si stanno riproponendo nell’oggi. Le dodici tele dipinte dall’artista ritraggono proprio questo documento, scomposto tra figurazione e astrazione. Raccontano la storia di una sola famiglia, ma di più nazioni.

Appocundria, Casa Testori, 2019 © Maki Ochoa-12
Appocundria, Casa Testori, 2019 © Maki Ochoa-15
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Appocundria, Casa Testori, 2019 © Maki Ochoa-13
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UNA RIFLESSIONE ANCHE POLITICA SULL’ABITARE

Stefan Milosavljević, nato in Serbia

Così come in Butterfly On Fire, al piano terra di Casa Testori, in cui la storia personale e nazionale venivano unite in un’unica narrazione velata come ludica, anche in questo lavoro di Stefan Milosavljević le dimensioni del gioco e del mascheramento sono essenziali. Il punto di partenza è il medesimo: la ricerca di appartenenza e il lascito che segue un cambiamento di condizione. Secondo l’artista, la casa condiziona i comportamenti e la cultura domestica: una volta perso questo luogo sicuro si cade nel limbo tra essere sconfitti o sconfiggere. Partendo dall’esperienza personale, ho voluto approfondire il cambiamento dell’essere umano sociale in corrispondenza al suo luogo naturale, alla sua comfort zone e alla perdita di essa. Carnivous Carnival è una riflessione sul rapporto tra preda e predatore, sulla capacità di camuffamento e di penetrazione di ogni forma di violenza e crudeltà, soprattutto la più sottile che diviene affascinante pur rimanendo animalesca: una “violenza decorata” talvolta per spostare l’attenzione su un particolare diverso del racconto e talvolta per sottolinearne ironicamente il contrasto.

Mohamed Keita, nato in Costa d’Avorio

La narrazione autobiografica, pur non essendo mai esplicitata nel lavoro di Mohamed Keita, è essenziale per comprendere le ragioni del suo indugiare e la direzione del suo sguardo. Il fotografo ha lasciato il suo paese natale, la Costa d’Avorio a 14 anni ed è partito, solo, per un viaggio attraverso Guinea, Mali, Algeria, Sahara, Libia e Malta. Tre anni dopo è arrivato a Roma, diciassettenne. Ha conosciuto e abitato la strada ed è questa stessa strada che immortala con il suo occhio attento e privo di retorica. Ritrae la sua Roma, assolata e luminosa, e raccoglie le tracce di chi questa stessa attraversa o chi vi abita.

Nicolas Vamvouklis, nato in Grecia

Nel 2016, lo Zoo di Berlino ricoverò i propri fenicotteri come misura precauzionale dopo che i primi casi di influenza H5N8 furono confermati in Germania. Riprendendo questo momento in un loop che lo replica all’infinito e mantenendo una distanza da birdwatcher, da osservatore esterno al sistema, Nicolas Vamvouklis traccia un parallelismo tra società umana e animale, evidenziando dinamiche di dominanza, oppressione ed esclusione. Il riferimento è anche e ovviamente alla sua patria, Lesbo, uno dei punti focali dei flussi migratori e della crisi umanitaria europea. A sottolineare questa relazione, l’installazione ambientale Granted there is a wall, what’s going on behind it? raccoglie una serie di oggetti che accompagnano l’artista nei suoi traslochi tra Grecia e Italia e che riassumono il rapporto tra spazio abitato, oggetti, corpo. 

Appocundria, Casa Testori, 2019 © Maki Ochoa-10
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Appocundria, Casa Testori, 2019 © Maki Ochoa-11
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9_Mohamed Keita_via Ostiense_2017
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MATRIOSKA: TANTE CASE DENTRO UNA SOLA

Gosia Turzeniecka, nata in Polonia

La nuova memoria può soltanto arricchire, non cancellare la precedente. Questo il pensiero di Gosia Turzeniecka, che porta la casa della propria infanzia all’interno di Casa Testori. Le dimensioni monumentali del suo lavoro contrastano con la leggerezza della tecnica, dei colori liquidi che l’artista ha utilizzato per dipingere da lontano, rimanendo distante dall’opera, con l’ausilio di una lunga bacchetta che rende ancora più fluidi i suoi movimenti. Il feltro del supporto è quello prodotto proprio qui accanto, da Testori Group, materia che ha determinato la costruzione di questo edificio e che si fa mattoni e cemento di nuovo, nel palazzo colorato disegnato da Gosia Turzeniecka. È uno dei block sovietici della sua Polonia, sui cui tetti da ragazza si nascondeva per giocare e i cui balconi, soprannominati cassetti, nascondevano vite e storie.

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Appocundria, Casa Testori, 2019 © Maki Ochoa-39
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ALTRE VITE, ALTRE CASE, NESSUNA CASA

Délio Jasse, nato in Angola

Il rapporto tra fotografia e tempo è al centro del lavoro di Délio Jasse, che nella sua ricerca inserisce e sovrappone distinti momenti, condensati in un’unica immagine. Il tempo dello scatto originario, quello dello sviluppo, ancora quello di vita di questa immagine e poi un nuovo scatto e un nuovo sviluppo. Uno sviluppo in corso, come dimostra la luce rossastra da camera oscura in cui ci troviamo. L’artista, infatti, lavora con fotografie d’archivio, recuperate nella maggior parte dei casi nel suo girovagare tra mercatini. Immagini e materiali che, senza il suo intervento, non sarebbero stati conservati, momenti immortalati per essere ricordati, ma destinati all’oblio. La sua ricerca si sviluppa dal crollo dell’impero portoghese e dalla condizione dei retornados che rientrano in Portogallo dall’Africa, dalla perdita della propria patria e dalla necessità di sostituirla con un altro luogo in grado di generare lo stesso sentire. Délio Jasse si concentra allora sui dettagli, inverte i livelli, mette in evidenza, nella sua amara ricerca, timbri, scritte, annotazioni, didascalie che raccontano una storia lirica e politica. Riattiva memorie altrui, mostrando come la legittimazione identitaria sia vincolata alla burocrazia, come i volti siano in secondo piano, siano solo sfondo dietro le parole. 

Olga Schigal, nata in Russia

Cosa definisce un uomo? A cosa appartiene e cosa gli appartiene? Perché a volte siamo spinti a partire per luoghi lontani, ma allo stesso tempo desideriamo tornare alle nostre radici? Mi chiedo se l’infanzia non sia semplicemente la nostra casa, che da adulti diventa ricordo, immagine e si trasforma in un luogo irraggiungibile. Questa riflessione rappresentava un punto essenziale della ricerca di Olga Schigal. Il tempo indicativo imperfetto dipende dal fatto che le scelte di vita dell’artista l’hanno portata, in anni recenti, a sradicarsi nuovamente, a capire che le proprie radici possono essere nel non avere radici proprie. Sceglie, però, di portare con sé in questo spaesamento volontario una sorta di album di famiglia, le cui immagini sono stampate soltanto in negativo. Devono essere poste controluce per essere viste, ma, nello stesso tempo, la luce a cui vengono esposte determinerà il loro svanire.

Appocundria, Casa Testori, 2019 © Maki Ochoa-17
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I RICORDI SI MODIFICANO, AI RICORDI SI SOVRAPPONGONO NUOVI RICORDI

Stefan Milosavljević, nato in Serbia

Il primo riferimento di Butterfly On Fire, in dialogo con l’installazione permanente di Massimo Kaufmann sulle pareti della stanza, è ai giochi per bambini, recinti pieni di palline colorate in cui i più piccoli amano immergersi mentre gli adulti sono impegnati in grandi centri commerciali. Butterfly On Fire è un albero genealogico, cronologico e concettuale, il cui titolo richiama il noto effetto farfalla, espressione utilizzata nella teoria del caos a indicare come piccoli cambiamenti nelle condizioni iniziali determinino grandi variazioni nel lungo periodo. Il disegno racconta una storia personale e collettiva costellata di violenze, un racconto da scoprire tra i frammenti di spugna colorata che occupano la stanza e che impediscono di avere una visione d’insieme e di conoscere tutti i passaggi della narrazione. Un percorso che impone delle scelte, propone alternative, ma conduce sempre al medesimo risultato.

Caterina Erica Shanta, nata in Germania

L’installazione di Caterina Erica Shanta si compone di un film e di un libro, elementi speculari in cui l’artista fonde la microstoria, nella definizione di Carlo Ginzburg, della sua famiglia alla Storia, dalla caduta del Muro di Berlino nel 1989 alla Seconda Guerra del Golfo, partendo dalle fotografie del suo archivio privato. Le opere fanno vacillare la capacità di distinguere tra realtà e finzione, tra appartenenza e sradicamento, tra un’immagine e un ricordo. è troppo vicino per mettere a fuoco è, infatti, un documentario autobiografico che racconta la vita dell’artista attraverso l’obiettivo fotografico del padre e del patrigno, entrambi militari tra Italia e missioni all’estero. E altre storie familiari simili, invece, nasce attraverso un ragionamento in assenza: ho raccolto in questo volume tutte quelle immagini che non ho avuto modo di riconoscere come parte della mia storia personale e familiare. Sono immagini senza proprietario o autore, ossia immagini orfane che resistono alla catalogazione ed esulano da qualunque archiviazione.

Iva Lulashi, nata in Albania

I ricordi di Iva Lulashi della sua terra d’origine, l’Albania, sono filtrati. Innanzitutto attraverso i racconti dei genitori, le chiacchiere con la madre, alcuni dipinti realizzati da suo padre, qualche fotografia. Informazioni indirette, provenienti da fonti certamente attendibili. Poi, dai filmati d’epoca, caricati online da sconosciuti e visti ora dall’artista tramite YouTube, che raccontano una storia collettiva condizionata dalla censura, dalle limitazioni della dittatura, dal controllo del potere. Una storia che Iva Lulashi fruisce esclusivamente tramite le immagini, eliminando l’audio, per zittire in qualche modo la retorica della propaganda. L’artista traduce queste narrazioni nella lingua che conosce, quella della pittura, che rende i confini incerti, le identità fuori fuoco, che fa dello sfocato non una scelta stilistica, ma concettuale. Dipinge su tela, oppure sovrappone questa sua appropriazione della memoria di una nazione a ricordi altrui: piccoli oggetti, piattini, vassoi in legno. Filo conduttore, la rimozione politica dell’erotismo di una nazione, che l’artista invece sottolinea, senza il dettaglio o il realismo della pornografia, ma con la carnalità e la sensualità dell’allusione.

Natalia Trejbalova, nata in Slovacchia

Natalia Trejbalova, nella sua prima visita a Casa Testori, è rimasta colpita dalle nicchie, dai movimenti dei muri di questi ambienti. La sua attenzione si è focalizzata su una di queste cavità, uno dei camini che immediatamente connotano uno spazio come abitazione. Un focolare che è in disuso da anni e che, proprio per questo, le ha ricordato quello della sua casa natale, che non ospitava un fuoco bensì i suoi animali domestici. Una perdita di funzione che crea una nuova destinazione d’uso, un destino differente. Un camino che, seppur così radicato in un ambiente interno, rappresenta in realtà un invisibile collegamento con l’esterno, con l’altrove, punto di ingresso e via di fuga in fiabe e romanzi. Diventa un teatrino, scenografia di un paesaggio alternativo, diventa mezzo di trasporto per vedere un altro paesaggio. In costruzione e in decostruzione, composto di piante reali e di fiori artificiali, souvenir di una realtà instabile che – in realtà – non esiste.

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Appocundria, Casa Testori, 2019 © Maki Ochoa-22
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IL PAESAGGIO È IDENTITÀ INSTABILE

Agne Raceviciute, nata in Lituania

Il video Genovaite Raceviciene in Juodkrante Neringa racconta la storia di un luogo e di un viaggio. Uno spazio senza colore, le cui caratteristiche paesaggistiche determinano e si fondono con l’identità di chi quei luoghi percorre. Siamo in una penisola legata a mitologie e leggende, in una lingua di terra tra mare e laguna, tra sabbia e bosco, dove le dune diventano progressivamente una foresta nordica. Seguiamo una figura, in un mantello romboidale che ne cela le sembianze e ne amplifica i movimenti, sicuri come quelli di un animale nel suo habitat, mimetizzata tra tronchi e pietre, che segue un percorso con una meta precisa, una strada che parla di origini e di discendenze. Seguiamo due figure, una nonna e una nipote, ripercorrere uno spazio che è ripercorrere una vita.

Oscar Contreras Rojas, nato in Messico

Il lavoro di Oscar Contreras Rojas, già presentato all’inizio del percorso, ritorna per approfondire con il mezzo espressivo pittorico che l’artista padroneggia con maestria l’idea di una fluidità paesaggistica che spesso diviene fluidità identitaria. Il grande paravento che Oscar Contreras Rojas ha dipinto rappresenta due paesaggi di due terre lontane, Messico e Italia, che convivono nella figura, nell’esperienza e nei ricordi del pittore. Sono due facce di una stessa medaglia, che non si possono vedere contemporaneamente e che impongono, anche nello spettatore, un movimento per essere scoperti. Completa il progetto una quadreria tascabile, una raccolta portatile di dipinti di piccole dimensioni, promemoria di paesaggi forse vissuti, forse immaginati.

Appocundria, Casa Testori, 2019 © Maki Ochoa-26
Appocundria, Casa Testori, 2019 © Maki Ochoa-28
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SEMPRE OSPITI

Margaux Bricler, nata in Francia

L’installazione di Margaux Bricler è l’evocazione di un letto singolo, di dimensioni consuete fuorché per l’altezza che richiama la struttura dell’Ermafrodito dormiente, nella versione conservata al Musée du Louvre di Parigi, di cui Gian Lorenzo Bernini scolpì il materasso con sorprendente ricchezza di dettagli (1620). Un riferimento lontano, che nel lavoro di Margaux Bricler è soltanto accennato: il corpo è assente, richiamato soltanto da un drappeggio di lattice alabastrino. Della presenza dell’artista c’è solo il ricordo: il letto è sfatto; la stanza, dal biancore esasperato dalle piastrelle, è vuota. La storia dell’arte, attraverso una serie di riferimenti iconografici, diviene espediente per suggerire transitorietà, tra la terra come elemento di origine e di destinazione e la struttura lignea: desco, giaciglio o sepolcro?

Mohamed Keita, nato in Costa d’Avorio

Tra le fotografie di Mohamed Keita, J’habite Termini è un autoritratto. Il fotografo immortala il suo bagaglio, all’arrivo in Italia. Queste valigie potrebbero essere un volto e un busto, si sostituiscono alle sue membra, senza nessuna retorica, senza contrasti esasperati. Un primo piano su uno sfondo poco definito, un luogo di passaggio, uno spazio anonimo, dove i volti si confondono, si cammina di fretta e non ci si ferma. Due borse e un cartone raccontano la partenza dalla Costa d’Avorio, un lungo viaggio, durato oltre tre anni, e un arrivo a Roma. Tutta la terra è fatta per l’uomo ma il posto in cui sei nato sempre ti mancherà. Abbandonarlo è come rinascere, perché del posto in cui vai non sai nulla di ciò che troverai.

Appocundria, Casa Testori, 2019 © Maki Ochoa-30
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Appocundria, Casa Testori, 2019 © Maki Ochoa-31_tagliata
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DOMESTICO E SELVATICO

Maki Ochoa, nata in Venezuela

Prima le fotografie, solo tre, scelte da un archivio di luoghi e tempi che non corrispondono al momento dello scatto. Ognuna è accompagnata da una didascalia, che apparentemente inganna lo spettatore, ma in realtà rivela le intenzioni dell’artista, consentendo di accedere alla sua memoria. Non importa dove e quando siano state realizzate, ognuna di queste immagini ritrae Caracas, la città di origine di Maki Ochoa. Oltre la parete, dopo questa introduzione, l’artista ci porta nel Venezuela dei suoi ricordi, tra clacson, foglie di mango, pappagalli – alter ego che rimandano a sovrapposizioni e rimozioni linguistiche e mnemoniche. Con una interferenza onirica, siamo all’aperto e siamo nella veranda di Quinta Elizabeth, la casa della nonna dell’artista.

Appocundria, Casa Testori, 2019 © Maki Ochoa-2
Appocundria, Casa Testori, 2019 © Maki Ochoa-1
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TRASFIGURAZIONE DI OGGETTI DOMESTICI

Enej Gala, nato in Slovenia

Il salone viene animato dalle sculture di Enej Gala: esili anche quando mastodontici oggetti che, così trasformati, assumono carattere animalesco, paiono paguridi o insetti dalle lunghe zampe. Riparando la propria funzionalità riflettono sull’appartenenza al quotidiano. Sono tazze, occhiali, cucchiai, sbattiuova, sedie, forchette, coltelli, prese elettriche, teiere, cacciaviti, ombrelli, bicchieri, ripopolano gli spazi di una casa senza arredi ormai da molti anni, ricordano la vita vissuta, mancata o diversa dalle aspettative. Sono un estratto dalla serie dei suoi oggetti riparati, elementi che accompagnano la vita di ogni giorno, che abitano ogni casa e che l’artista trasforma e trasfigura, attraverso una ostinata riparazione, ma conservando un senso di profonda fragilità e instabilità, anche dei loro ruoli. 

Appocundria, Casa Testori, 2019 © Maki Ochoa-7
Appocundria, Casa Testori, 2019 © Maki Ochoa-8
Appocundria, Casa Testori, 2019 © Maki Ochoa-9
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