casa testori

PROTOCOLLAGES

Andrea Mastrovito

Questi collages sono forieri di buoni e cattivi ricordi personali. Buoni perché, dopotutto, sono i primi collages che io abbia mai realizzato in vita mia. Era l’estate, più esattamente il giugno del 2003 e cercavo una soluzione formale che mi consentisse di abbandonare le bombolette spray che stavo utilizzando in quel periodo – erano troppo fredde e rigide – e mi resi conto che, appunto, la soluzione era sotto i miei occhi: invece di buttare via le mascherine cartacee che utilizzavo per creare i quadri con lo spray, provai ad utilizzarle direttamente incollandole una sopra l’altra. Pian piano mi accorsi che erano formalmente ineccepibili, e mi davano la stessa libertà che avevo sempre provato nella pratica della linoleografia e dell’incisione in generale. Ecco, direi che il vero e proprio punto di partenza per i miei primi collages furono le xilografie di Munch e Hokusai ed i linoleum di Picasso, oltre che i paesaggi anemici di Schifano e gli aquerelli di Nolde per quanto concerne gli sfondi informali. Da allora ho sempre portato avanti questa forma di lavoro attraverso gli anni, parallelamente a tutto il resto delle opere, come fosse un leitmotiv che scorre sotterraneo a tutto quel che faccio. Anche qui seguendo l’esempio di Emil Nolde che produsse i suoi semplicissimi acquerelli durante tutto l’arco della sua vita, mentre il suo lavoro mainstream procedeva in direzioni sempre diverse. Ad oggi, ho modificato i miei collage nel tempo reinterpretandoli in bianco su bianco, sostituendo le veline e gli spilli alla carta e la colla, reinventandoli scavando nel cartone o inchiodando carte ai muri, ma rappresentano sempre un momento catartico – così come i disegni – in cui riesco a fermarmi e fare il punto della situazione. Ah, dicevo all’inizio: brutti ricordi. Passai una settimana, tra il 3 ed il 10 giugno, chiuso in casa, nel mio garage, a ritagliare carta senza parlare a nessuno, senza mangiare quasi, senza vedere la luce del sole per la rabbia ed il nervoso. Il tema di tutti questi collages, la guerra, deriva da queste sensazioni. Era estate ed eravamo appena retrocessi in serie B dopo il famoso spareggio con la Reggina. Che delusione. Ricordo bene tutto, purtroppo, dal goal illusorio di Natali alla cappellata di Taibi ai porconi a – soprattutto – gli scontri del dopo partita. Ore ed ore di scontri. Quelli furono alla base di questi collages, quel senso di sconfitta inutile. Certo sembra banale a raccontarlo, ma provate a viverlo.

EASY COME, EASY GO

Andrea Mastrovito

Camminando con Julia per le stanze di Casa Testori, durante il primo sopralluogo per la mostra, finiamo nel grande salone, la stanza più grande della casa. Controllo le misure, faccio due calcoli e mi accorgo che, lì, Johnny ci sta alla perfezione. Così provo ad abbassare le tapparelle per valutare il grado di oscurità della stanza, pensando alla videoproiezione. Nell’abbassarle, mi accorgo di uno strano disegno che la luce esterna crea tra i fori delle tapparelle. Chiedo a Pietro, che è lì in parte, cosa sia, e mi spiega che è l’ombra delle inferriate decorate poste davanti alle finestre. Mi giro e guardo le tre grandi finestre della veranda absidata, e subito immagino di tappare alcuni dei fori delle tapparelle con del nastro adesivo. Il principio è semplice, è quello delle ombre cinesi, dei teatrini di fine Ottocento: una sagoma e una luce retroproiettata. Indagando sulla funzione delle diverse stanze della casa, scopro che proprio nella veranda venivano portati i corpi dei cari defunti per l’ultimo saluto: sulle tre grandi tapparelle raffiguro, così, una Deposizione Trasporto di Cristo, sfruttando per le tre croci l’asse centrale in legno delle portefinestre e mettendo in aperto dialogo l’opera con l’antistante Crocifissione di Velazquez riportata, divisa, nella videoinstallazione Johnny. Il legame semantico fra le due opere è rafforzato, tra l’altro, dalla vicenda stessa del soldato Johnny che – come raffigurato in basso a destra nell’installazione – viene colpito e mutilato da una granata proprio mentre sta trasportando verso la trincea il corpo di un caduto. Il titolo, ironico, dell’opera, Easy come, easy go (che è poi il titolo di tutta la mostra), sottolinea la precarietà della condizione umana e perfino divina, sia attraverso la raffigurazione della croce vuota che attraverso il supporto tecnico utilizzato (la tapparella mezza abbassata): così come arriva, il Salvatore se ne va.

DRACULA / CHIROTTERI

Andrea Mastrovito 

Dracula venne realizzato per la prima volta nel 2008 in occasione della mostra Nickelodeon da 1000eventi a Milano: il Dracula di Bram Stoker è uno dei romanzi che hanno avuto più riduzioni cinematografiche, se ne contano circa 650. In quest’opera presento la videoproiezione di otto film basati sulla storia del Conte transilvano (dal Nosferatu di Murnau del 1922 a quello di Herzog del 1978 sino al Bram Stoker’s Dracula di Coppola passando per le versioni Universal di Tod Browning del 1931 e Hammer di Terence Fisher del 1958) effettuata sulle coste delle pagine di circa 60 differenti edizioni del romanzo stesso. Il lavoro, oltre ad enfatizzare le inevitabili differenze d’interpretazione non solo a livello di regia ma persino di traduzione del romanzo stesso, prende piede dalla nozione di “diritto d’autore” a proposito della trasposizione in pellicola di una qualsiasi opera letteraria: Nosferatu infatti fu il primo caso riconosciuto di plagio da parte di un regista nei riguardi di un romanzo. Murnau, pur cambiando il titolo e i nomi dei personaggi riprese esattamente la storia dal libro di Stoker. La vedova dello scrittore fece causa al regista per plagio e vinse obbligando il regista a distruggere il film. Alcune copie si salvarono solo casualmente, permettendoci di poter ammirare ancora oggi questo capolavoro. Il caso creò un precedente giudiziario e da allora il copyright venne esteso anche su eventuali trasposizioni cinematografiche di opere letterarie. Sul soffitto, Dracula viene completata dall’installazione di Chirotteri, circa 200 libri sui pipistrelli, ritagliati e fissati con viti uno accanto all’altro. Questo lavoro chiaramente prende piede dall’opera Enciclopedia dei fiori da giardino e nacque una  notte di ottobre del 2009: ero a New York e stavo realizzando, coi miei assistenti, la nave de Non ci resta che piangere, l’installazione per il Museum of Art and Design. La sera, dopo 12/14 ore di lavoro, spesso passavo da Strand Books, quest’enorme negozio di libri tra la 12th street e la Broadway, dove ogni volta cercavo nuove idee per nuovi lavori, e così mi capitò tra le mani un bellissimo volume esclusivamente sui pipistrelli, roba mai vista in Italia. Subito da lì l’idea di rivestire un intero soffitto con centinaia di libri del genere. Quello fu il nucleo primigenio dell’installazione The Island of Dr. Mastrovito a Governors Island nel 2010, che oltre ai pipistrelli sul soffitto, prevedeva centinaia di libri di farfalle sui muri e volumi su ogni tipo di animale – ritratto a grandezza naturale – sul pavimento. Questa stanza, disposta esattamente dove si trovava una delle biblioteche di Testori, chiude il ciclo delle tre stanze dedicate ai libri, stanze che Testori stesso aveva dedicato allo studio dei libri e delle opere.

JOHNNY

Andrea Mastrovito

Johnny prende piede dal romanzo E Johnny prese il fucile (1939) di Dalton Trumbo, dal film omonimo,girato dallo stesso autore del romanzo nel1971 e dal brano ad esso ispirato One, registratonel 1988 dai Metallica nell’album …And justice for allJohnny fonde i tre linguaggi del romanzo,della musica e del cinema in un’unica operamultimediale con veri e propri attori di carta e diluce, realizzati con nulla, così come gli spettacoli degli Scarozzanti del teatro testoriano.La storia di Johnny è semplice e atroce: un giovaneamericano, sul finire della prima guerra mondialeviene spedito al fronte europeo dove, colpitoda una granata, perde braccia, gambe, volto,orecchie e tutti i sensi tranne il tatto. Date le suepenose condizioni, viene creduto incapace diintendere e volere, e viene mantenuto artificialmentein vita per anni ed anni a scopo scientifico,in un lettino all’interno di un ripostiglio buio.In realtà, pur se impossibilitato a comunicare, lasua mente è perfettamente sveglia e conscia dellasituazione terribile, e i suoi ragionamenti, lesue angosce, le sue speranze – vane – col passaredegli anni varcano quel limite, inintelligibile,tra vita e morte, rendendolo inaccettato: l’unicomorto tra i vivi, e l’unico vivo tra i morti.Ho sempre trovato fondamentale, per me, questastoria. Senz’altro perché le vicende famigliari mihanno portato ad avere un rapporto giornalierocon la malattia fin dalla giovinezza. E senz’altroperché trovo che riesca ad essere talmente estrema,talmente insopportabile da essere tremendamentevera. Johnny protrae quasi all’infinito lasua morte, vivendo, rivivendo milioni di volte ilpassaggio dalla vita alla morte, quello che nessunodi noi può conoscere, quello che, nel filmdi Trumbo, nessuno, neanche il Cristo, riesce acomprendere o sopportare. In questo Johnny miappare come un Cristo senza braccia, senza gambe,al quale non si possa neanche più dare unacroce – crocevia necessario alla redenzione – e alquale quindi non si può dare salvezza.L’unico sollievo che può trovare è nella vicinanzadi un’infermiera dolce al suo capezzale, che loaccompagni nel suo trapasso infinito.Rileggendo un’intervista a Lucia, sorella di Testori,ho notato quanto fosse necessario, in questacasa, accompagnare i propri cari verso l’aldilà.Testori dormiva nel letto in cui erano mortientrambi i suoi genitori, tenendo viva, fisicamente,la fiammella della loro presenza. Genitoriche, proprio qui, in questo salone dove Johnnyriposa vivente/morente sul suo letto di ospedale,vennero presentati per l’ultima volta all’affettodei loro cari. “Now the world is gone, I’m justone”.

ENCICLOPEDIA DEI FIORI DI GIARDINO – PAMPURZINI

Andrea Mastrovito 

L’idea di questi “giardini di libri” mi venne una sera di due anni fa esatti, mentre sistemavo lo studio. Arrivò Zizi, mio amico fraterno, e mi chiese di realizzargli al volo, per forza, una piccola opera per una ragazza che doveva conquistare, una ballerina. Così, dopo una discussione poco ortodossa, per sbrigarmela in poco tempo, decisi di prendere uno dei libri su Degas che avevo sugli scaffali. Lo aprii su una riproduzione di due ballerine e le ritagliai su tre dei quattro lati, tenendole attaccate alla pagina per i piedi. Una volta piegate perpendicolari al foglio, viste di taglio, sembravano davvero danzare sul libro. Zizi prese il volume, lo diede alla ballerina e, potenza dell’arte, oggi convivono in una bella casa vicino al Serio. Di lì alle Enciclopedie dei fiori da giardino il passo era breve: avevo notato la semplicità e l’immediatezza di quel lavoro, ma necessitavo di qualcosa che gli desse forza e verità. E così pensai ai fiori: forza, perché dal fiore nasce il frutto, dal frutto l’albero dall’albero la carta e dalla carta il libro, che nel mio lavoro ritorna fiore, e così il cerchio si chiude vichianamente tornando al punto d’inizio del ciclo; verità perché solitamente le raffigurazioni dei fiori sui manuali sono in scala 1:1, a grandezza reale, quindi verosimili all’occhio. A Casa Testori presento questa aiuola che riprende la forma esatta del trompe l’oeil dipinto sul soffitto soprastante, diventando trompe l’oeil essa stessa. Qui i protagonisti sono i ciclamini, o “pampurzini”, fiori preferiti da Giovanni Testori, citati ripetutamente nel suo Ambleto, e che, dopo un pesante esaurimento nervoso, dipinse in un celebre ciclo di dieci piccole tele che regalò ai suoi familiari, come segno di gratitudine per la vicinanza durante la malattia.

MANUALE PER GIOVANI ARTISTI

Andrea Mastrovito

Ho realizzato questa serie di 26 autoritratti in due tornate. 22 nell’estate del 2007, gli altri 4 nella primavera del 2009; questi ultimi per la campagna pubblicitaria autunno/inverno 2009 di Kris Van Assche (e qui mi sono disegnato molto più fico, d’altronde dovevo sembrare un modello – cosa alquanto difficile ahimè). In origine dovevano essere dei piccoli “fioretti” al contrario, invertendo il tema dei fioretti francescani (uno dei primi disegni, difatti, fa il verso alla Predica agli uccelli di Giotto sostituendo i volatili con aeroplanini di carta), ovvero piccoli miracoli senza senso ma, al contempo, indispensabili: mordere uno squalo in mare aperto, far paura al conte Dracula, disegnare il sole nel cielo, piantare libri di fiori in terra… Man mano che il lavoro proseguiva, mi sono reso conto che si trattava, in realtà, di un manuale, disegnato alla maniera dei Manga di Hokusai: un manuale di sopravvivenza per artisti, una chiave di lettura della realtà che mi permetteva di creare un legame tra le idee che avevo e quanto volevo fare. Così molti di questi disegni, tra il 2007 ed il 2009, divennero punto di partenza per molte grandi installazioni, da Eine Symphonie des Grauens Robespierre, da L’origine delle specie a svariati collages fino a Enciclopedia dei fiori da giardino che prende spunto direttamente dal disegno in cui, strappando pagine da un libro di botanica, le semino a terra aspettando che crescano. In Casa Testori, per la prima volta, i 26 disegni vengono mostrati al pubblico: penso sia un viatico importante per la mostra. Disposti nelle due stanze adiacenti all’ingresso, invitano discretamente il pubblico ad entrare in contatto col mio mondo più intimo e segreto, mostrando tutto quello che sta alla base del mio lavoro degli ultimi anni. Ho seguito il metodo testoriano: Giovanni Testori, infatti, amava circondarsi di tutti i quadri che trovava di un dato artista e, a quel punto, ne comprendeva la vita, i desideri le passioni semplicemente attraverso la sua pittura, il suo (di)segno.

GIORNI FELICI – WORK IN PROGRESS

Anche quest’anno l’Associazione Testori, in collaborazione con Casa Testori Associazione Culturale,  presenta la terza edizione di Giorni Felici a Casa Testori, una grande scommessa già vinta nel 2009 e nel 2010.

La casa natale di Giovanni Testori a Novate Milanese ospita un nuovo gruppo di artisti che, come negli anni passati, si confronterà con uno spazio sui generis e  suggestivo, occupando ciascuno una delle 22 stanze.

Casa Testori si trasformerà in una fucina di cratività e scambi su modello di una  Kunsthaus  tedesca capace di coinvolgere un pubblico eterogeneo, di cultori e di semplici curiosi.

La mostra avrà come prima mission il supporto dei giovani artisti di talento, affiancandoli a maestri già affermati a livello internazionale.

In attesa di ricevere nuovità sulla prossima edizione visita l’archivio di Giorni Felici 2009 e Giorni Felici 2010.

EASY COME EASY GO

CASA TESTORI OSPITA LA PERSONALE DI ANDREA MASTROVITO – VINCITORE DI GIORNI FELICI 2010

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Il programma espositivo di Casa Testori per il 2011 si apre con la mostra del vincitore della rassegna Giorni Felici 2010. Andrea Mastrovito, bergamasco classe 1978, è stato l’artista più votato dal pubblico e ora, nelle stesse stanze che lo hanno consacrato, propone un’eccezionale antologica. Per quanto molto giovane, Mastrovito è un artista internazionale che vive tra Bergamo e New York e ha all’attivo numerose mostre in Italia, in Europa e negli Stati Uniti. Anche grazie alla sua straordinaria capacità nel disegno e nell’utilizzare, trasformandoli, i più diversi materiali, Andrea ha dato vita ad opere installative e multimediali che hanno affascinato i visitatori dei due continenti: dal Museum of Art and Design di New York, alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino, al Museo Pecci di Prato e al MAXXI di Roma.

A Casa Testori Mastrovito realizza la sua personale più ambiziosa, invadendo le 20 stanze della casa con disegni, collage, videoanimazioni, installazioni e interventi site-specific sui muri e gli ambienti della casa. Il titolo, Easy come, easy go (Così come vengo, così me ne vado) è un verso di Bohemian Rhapsody, la celebre canzone dei Queen protagonista di una delle stanze, oltre che degli ultimi mesi di vita di Giovanni Testori; il verso, traducibile anche con “mi lascio trasportare, sono un indolente” è stato scelto dall’artista come espressione della giovinezza in genere, del proprio carattere e della condizione dell’artista a Casa Testori, chiamato a fare i conti con un luogo magico e pieno di storia.

Mastrovito al pian terreno si soffermerà su alcune delle opere realizzate negli ultimi anni, mostrando al pubblico per la prima volta le radici nascoste del suo lavoro in un’inedita raccolta di 26 autoritratti a matita. Ogni stanza riserverà una scoperta e, grazie alle celebri installazioni di libri ritagliati, un’aiuola fiorirà nella stanza del camino, una biblioteca virtuale di fotocopie ritornerà nella biblioteca testoriana mentre la drammatica video-installazione Johnny colmerà di emozioni il grande salone della casa. Molte saranno le novità proposte da questo artista così versatile e capace di non lasciare indifferenti i grandi curatori di mostre come i semplici visitatori. Molti gli interventi appositamente realizzati e, al primo piano, grazie ad incisioni sul muro che disegnano la figura umana attraverso gli strati d’intonaco e vernice accumulatosi nei 100 anni di vita della casa, Mastrovito farà venire a galla la storia di questo luogo e il visitatore verrà “accompagnato” dalla presenza del padrone di casa: Giovanni Testori.

La mostra è curata da Julia Draganovic, responsabile di importanti rassegne internazionali come Art Miami (2009-2010) e Art First (2010-2011), nonché direttrice artistica d’istituzioni pubbliche, come il Chelsea Art Museum di New York (2005-2006) e del PAN – Palazzo delle Arti Napoli (2007-2008).

Elena Monzo, EDEN PARTY

Stanza 8

L’origine di una festa. Tutto è confezionato, pronto al consumo. L’ambiente stesso diventa una scatola che ospita tre lavori principali: Self ControlPrincipessa sul piselloVenere & cloni UomoTigre. Le figure sono statiche, mute e statuarie, merce travestita, clonata e incorniciata. La stanza diventa soffice e dolce.
Elena Monzo

Elena Monzo è un’osservatrice che assorbe, filtra e restituisce le questioni dell’umano vivere in modo duro ma allo stesso tempo scanzonato; crea aborti di opposti armonici, che ammassa per avvicinarli all’esperienza reale, fatta di eventi tanto rapidi e strumentalizzati da poter essere ignorati senza creare alcun problema di coscienza. La giovane artista pare volutamente trasportare l’etica virtuale e televisiva sul supporto bidimensionale, sovrapponendo immagini che possono essere godute da lontano senza traduzioni, oppure decifrate e comprese al di là del loro decorativismo, generando inspiegabili rigonfiamenti di tutte le basi pilifere che mappano la nostra pelle. […] Se la caduta non fosse parte dell’umana esperienza, l’uomo sarebbe stato creato con base d’appoggio più solida. Quella di Elena Monzo è un’arte tragica e deliziosa, che restituisce con coscienza critica l’unico terribile quotidiano che ci sia stato dato in gestione.
Viviana Siviero

Elena Monzo è nata a Orzinuovi in provincia di Brescia nel 1981. Vive tra Brescia e Milano. Nel 2004 ha vinto il Premio Italian Factory per la giovane pittura italiana e nel 2007 ha partecipato alle mostre Yourlineneismakingmesowetrightnow.lloveit e Why can’t we all just get along? alla Sara Tecchia Gallery di New York. Nello stesso anno ha tenuto la prima mostra personale Inside presso la Galleria Bonelli Contemporary di Los Angeles e Dipendenze alla Galleria Traghetto di Roma. Nel 2008 ha realizzato la personale Nidi di Nodi di Bu alla Galleria Bonelli Arte Contemporanea di Mantova. Nel 2010 ha partecipato all’evento (Con)Temporary Art al Superstudiopiù di Via Tortona a Milano, presentando i suoi ultimi lavori in una stanza dal titolo Specchio specchio delle mie brame.

Enzo Cucchi, OMAGGIO A TESTORI

Stanza 3


Ma alla pittura non puoi arrivarci per via concettuale, è una posizione così naïf che mi sorprende. Devi sentire il peso, la sostanza della materia, che arriva da un luogo così lontano. È un’abitudine che non ti togli di dosso, un vizio assurdo, come uno specchio al mattino.
Enzo Cucchi

Non è più questione, qui, di pittura, né di grafica o di scultura. La divisione dei generi s’affondata nell’acque mediterranee e da esse risorge come Afrodite o come martire. Ma, risorgendo, essa s’è fatta segno onnicomprensivo; segno – immagine; segno – emblema. Proprio come accade alle incisioni rupestri dei Camuni; ai simboli misterici degli Egizi; ai martirizzati graffiti delle catacombe. Come accadde, altresì, sui muri delle più disperse chiese, ove s’incisero le dediche di devozione o le richieste di pietà e di grazia. Come accade, infine, sui tronchi dei boschi ove, con punte fiammeggianti di brevissime lame, si fermaron, per sempre, i nomi, le date e i cuori degli amori più poveri e desolati.
Giovanni Testori

Enzo Cucchi è nato nel 1949 a Morro d’Alba, un villaggio contadino della provincia di Ancona. Vive e lavora tra Roma ed Ancona, luoghi da cui trae ispirazione per la sua arte. Dopo esordi in ambito concettuale, è approdato alla figurazione, diventando uno dei principali esponenti del nucleo storico della Transavanguardia italiana tematizzato da Achille Bonito Oliva. Nelle opere su tela, accompagnate da numerosi disegni e spesso presentate da testi poetici scritti dall’artista stesso, si riappropria con sguardo visionario del mito, della storia dell’arte e della letteratura (Cani con lingua a spasso, 1980 ed Eroe senza testa, 1981; Sia per mare che per terra, 1980), dando vita a composizioni di grande intensità  simbolica, nelle quali spesso il mondo è rappresentato come campo di battaglia tra due principi opposti.
Dopo le grandi composizioni con l’uso del carboncino e del collage, ha sperimentato l’utilizzo di diversi materiali, tra i quali la terra, il legno bruciato, i tubi al neon e il ferro (nella serie Vitebsk-Harar dedicata ad Arthur Rimbaud e Kazimir Severinovič Malevič) abbracciando nel contempo un uso quasi caravaggiesco della luce, che gli ha consentito effetti di profondità  spaziale.

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