JOHNNY

Andrea Mastrovito

Johnny prende piede dal romanzo E Johnny prese il fucile (1939) di Dalton Trumbo, dal film omonimo,girato dallo stesso autore del romanzo nel1971 e dal brano ad esso ispirato One, registratonel 1988 dai Metallica nell’album …And justice for allJohnny fonde i tre linguaggi del romanzo,della musica e del cinema in un’unica operamultimediale con veri e propri attori di carta e diluce, realizzati con nulla, così come gli spettacoli degli Scarozzanti del teatro testoriano.La storia di Johnny è semplice e atroce: un giovaneamericano, sul finire della prima guerra mondialeviene spedito al fronte europeo dove, colpitoda una granata, perde braccia, gambe, volto,orecchie e tutti i sensi tranne il tatto. Date le suepenose condizioni, viene creduto incapace diintendere e volere, e viene mantenuto artificialmentein vita per anni ed anni a scopo scientifico,in un lettino all’interno di un ripostiglio buio.In realtà, pur se impossibilitato a comunicare, lasua mente è perfettamente sveglia e conscia dellasituazione terribile, e i suoi ragionamenti, lesue angosce, le sue speranze – vane – col passaredegli anni varcano quel limite, inintelligibile,tra vita e morte, rendendolo inaccettato: l’unicomorto tra i vivi, e l’unico vivo tra i morti.Ho sempre trovato fondamentale, per me, questastoria. Senz’altro perché le vicende famigliari mihanno portato ad avere un rapporto giornalierocon la malattia fin dalla giovinezza. E senz’altroperché trovo che riesca ad essere talmente estrema,talmente insopportabile da essere tremendamentevera. Johnny protrae quasi all’infinito lasua morte, vivendo, rivivendo milioni di volte ilpassaggio dalla vita alla morte, quello che nessunodi noi può conoscere, quello che, nel filmdi Trumbo, nessuno, neanche il Cristo, riesce acomprendere o sopportare. In questo Johnny miappare come un Cristo senza braccia, senza gambe,al quale non si possa neanche più dare unacroce – crocevia necessario alla redenzione – e alquale quindi non si può dare salvezza.L’unico sollievo che può trovare è nella vicinanzadi un’infermiera dolce al suo capezzale, che loaccompagni nel suo trapasso infinito.Rileggendo un’intervista a Lucia, sorella di Testori,ho notato quanto fosse necessario, in questacasa, accompagnare i propri cari verso l’aldilà.Testori dormiva nel letto in cui erano mortientrambi i suoi genitori, tenendo viva, fisicamente,la fiammella della loro presenza. Genitoriche, proprio qui, in questo salone dove Johnnyriposa vivente/morente sul suo letto di ospedale,vennero presentati per l’ultima volta all’affettodei loro cari. “Now the world is gone, I’m justone”.

Posted on: 14 Giugno 2011, by : Associazione Giovanni Testori