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NOW NOW. QUANDO NASCE UN’OPERA D’ARTE

Un progetto di Casa Tesori
A cura di Davide Dall’Ombra, Luca Fiore, Giuseppe Frangi e Francesca Radaelli
Meeting di Rimini
20-26 Agosto 2019

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E TRE: QUANDO NASCE UN’OPERA D’ARTE
Davide Dall’Ombra

Questa mostra compie una terna di progetti espositivi che Casa Testori ha curato per il Meeting di Rimini, con l’intento di avvicinarne il pubblico all’Arte Contemporanea. L’obbiettivo era quello di condividere con un bacino allargato di persone di ogni età e provenienza la bellezza e necessità dell’espressione artistica di oggi. Rispetto a quella del passato, l’Arte Contemporanea richiede probabilmente maggior disponibilità d’ascolto da parte del visitatore e abbisogna di oneste chiavi d’accesso, che il curatore ha il dovere di offrire. Sta di fatto che le prime due mostre si sono dimostrate in grado di regalare al pubblico importanti occasioni di conoscenza del proprio presente, spesso grazie a un’inaspettata empatia del desiderio. 
Nel 2015 andò in scena il racconto dell’opera di alcuni grandi maestri viventi, probabilmente i più celebri, chiacchierati e pagati artisti internazionali: dallo squalo di Damien Hirst, alle cere di Anish Kapoor, passando per la performance di Marina Abramovic al MoMA di New York. La mostra Tenere vivo il fuoco. Sorprese dell’arte contemporanea spiazzò i visitatori con immagini e video chiamati a documentare opere dai linguaggi inaspettati. Il viatico alla mostra era un articolato video introduttivo a 360 gradi, cui prestò generosamente la voce Giacomo Poretti, protagonista con Aldo e Giovanni della celebre scena del Garpez in Tre uomini e una gamba (1997), posta proprio ad apertura del video. Non c’erano percorsi obbligatori o istruzioni per l’uso: il visitatore era chiamato a scegliere cosa e quanto vedere di ciò che gli veniva raccontato, ma per qualsiasi domanda su artisti, opere e dinamiche dell’Arte Contemporanea, guide e curatori erano a disposizione h12/12, 7 giorni su 7. Un diluvio di domande, incessanti, interessate, ostinate o curiose, spesso dalle evidenti implicazioni personali, a volte perfino drammatiche. Accadde qualcosa e fu chiaro che un velo si era rotto. 
Due anni dopo, un nuovo video introduttivo e una nuova scelta di artisti di oggi si mettevano alla prova con un tema preciso, che in qualche modo declinava quello scelto dal Meeting di quell’anno: Quello che tu erediti dai tuoi padri, riguadagnatelo, per possederlo. Il rapporto dell’Arte Contemporanea con i maestri del passato, tema cardine dell’arte di ogni tempo, venne presentato in mostra non attraverso il semplice racconto ma, finalmente, con le opere vere. Il passaggio di Enea. Artisti di oggi alle prese con il passato (2017) mise in scena una raccolta di pittura, scultura, installazione, video e fotografia probabilmente irripetibile. Varcata l’opera di Julia Krahn dedicata al rapporto con la propria madre, il visitatore era chiamato a prendere le misure con due maestri del Novecento in stretto dialogo con i propri “padri”, grazie a una Last Supper di Andy Warhol, derivata dal Cenacolo di Leonardo, e all’ultimo film di Michelangelo Antonioni, dedicato al Mosè di Michelangelo. Intorno all’imponente mano con lanterna di Gianni Dessì, posta al centro della piazza, la scala si faceva monumentale e le sei stanze che la delimitavano accoglievano: il vasto ciclo dedicato ai Promessi Sposi cancellati da Emilio Isgrò, la Madonna a temperatura corporea di Alberto Garutti, un ciclo di litorali di Giovanni Frangi, la Via Crucis realizzata da Adrian Paci, il ciclo dedicato da Wim Wenders all’11 settembre prestato da Villa Panza e l’imponente processione di anime su carta oleata, disegnato da Andrea Mastrovito. L’impressione di aver vinto la scommessa non la diedero solo i numeri, bissando e superando le 22.000 presenze in una settimana registrate alla prima mostra. I visitatori colsero perfettamente la straordinaria potenzialità che ha l’arte di illuminare un tema cardine come il rapporto con la tradizione e con chi ci ha generato, a livello storico e sociale, come nei più intimi rapporti famigliari. A trent’anni di distanza dalla gloriosa stagione in cui il Meeting di Rimini, grazie a Giuseppe Panza di Biumo e a Giovanni Testori, aveva potuto presentare opere di artisti del calibro di Richard Long, Luigi Ghirri, Graham Sutherland, Francis Bacon, Henri Moore, James Turrell, Robert Irwin, Carl Andre e Renato Guttuso, la grande Arte Contemporanea era tornata in Fiera e “chiedeva” di rimanerci. 
Nell’immaginare un terzo appuntamento al Meeting di Rimini, rotto il ghiaccio e sperimentato il rapporto senza mediazioni con l’opera d’arte, non ci sembrava percorribile la strada di un semplice cambio di scuderia, che presentasse una rinnovata selezione di opere e artisti, magari intorno a un nuovo tema. Occorreva un passo all’altezza di quel percorso sperimentale di conoscenza che una manifestazione come questa consente e, in un certo senso, chiede. È nata così l’idea di permettere al pubblico un affondo finale nell’Arte Contemporanea, sfruttandone la caratteristica prima, quella di nascere ORA. Il visitatore della mostra del 2019NOW NOW. Quando nasce un’opera d’arte, ha la possibilità di vedere sette artisti al lavoro, intenti a creare un’opera caratterizzata da un compimento finale, al termine della settimana, e da raggiungimenti intermedi, visibili giorno dopo giorno. Non si tratta di semplici Studio Visit – consueta pratica curatoriale che vede l’artista nell’atto di presentare le proprie opere, dove le ha create, al critico interessato – ma di lasciare entrare il visitatore comune nel processo creativo. Lo scopo è quello di focalizzare l’attenzione sulle componenti generative dell’opera, sugli elementi e le energie che l’artista mette in campo, se stesso e l’ispirazione, ma anche i materiali usati nel processo di elaborazione e realizzazione dell’opera, il fattore tempo e la gestione del lavoro quotidiano. Conoscere il processo è un modo con cui lo spettatore, non solo è chiamato ad andare oltre al pregiudizio del “questo lo facevo anch’io”, ma ha la possibilità di cogliere tutto l’aspetto entusiasmante e drammatico che sta dietro un’opera, partecipando al momento creativo, conoscendo le dinamiche, la ricerca e gli accadimenti di un artista al lavoro: tra frustrazioni ed entusiasmi. 
Sette giovani artisti, dalle tecniche e linguaggi molto diversi tra loro, hanno trasferito in fiera il proprio studio, mettendosi a nudo, a disposizione dei visitatori, dei loro sguardi ma anche delle loro domande e osservazioni. Si tratta, a quanto ne sappiamo, di un esperimento mai tentato prima, almeno con questi numeri e intensità performativa, che va oltre il concetto di arte partecipata, superando il rischio del voyeurismo, o dell’effetto Grande Fratello, grazie a una componente di interazione che non mancherà certamente, non solo grazie a momenti di dialogo, ma anche in conversazioni pubbliche giornaliere, cui è dedicata un’apposita area. 
È così che Elena Canavese monta i suoi set fotografici tratti dal quotidiano, perché i piccoli oggetti domestici arrivino a raccontarci luoghi e immagini dell’universale: dall’universo in una cucina alla cucina dell’universo. Danilo Sciorilli pone l’accento sul senso dell’esistenza in rapporto con la sua inevitabile fine: la racconta con gli strumenti dell’animazione video che lo caratterizzano e con l’inedita trasformazione di alcuni giochi seri della nostra giovinezza. Alberto Gianfreda presenta le sue sculture di ceramica frantumata e ricomposta per diventare mutabile e in movimento: alla storia umana che ha sempre animato la sua opera, si aggiunge ora la lotta metaforica del regno animale. A Elisa Muliere spetta portare in mostra la pittura, con la sua energia informale e poetica, intenta a tradurre in colori e forme le note di un’ossessiva musica contemporanea. Alberto Montorfano declina il proprio tratto a grafite, in una sovrapposizione continua di volti, presi dagli scatti fotografici diretti: una registrazione dei flussi del “popolo” di Rimini che si interroga su immagine multipla e identità. bn+ brinanovara (al secolo Giorgio Brina e Simone Novara), con le mappe di gommapiuma, tessuto e marmo bianco di carrara, stese di giorno in giorno dietro a un paio di idoli di ghiaccio in scioglimento, raccontano la storia verosimile di un Iceberg che punta la latitudine di Rimini, esemplificando al visitatore quanto può essere difficile raggiungere la semplicità. A completare la squadra non poteva mancare il linguaggio video, grazie a Stefano Cozzi, che realizza un cortometraggio artistico della mostra stessa, documentandola in un video che crescerà di giorno in giorno, dall’arrivo degli artisti alla conclusione delle opere. 
Come due anni fa, non manca in mostra un “padre” per questi giovani al lavoro e per i visitatori chiamati a partecipare a questa sorta di performance corale. Introdotto da un video che ne racconti genesi, contesto e storia, è posto al centro dell’esposizione probabilmente il più grande quadro mai realizzato dal pittore Mario Schifano (1934-1998): La Chimera, qui presentato in mostra proprio perché esempio straordinario di un’opera realizzata davanti al pubblico, che si è nutrita della presenza di oltre seimila persone, in quella notte irripetibile del 1985 […].
Porsi il tema del processo creativo, di “quando nasce un’opera d’arte”, naturalmente fa affacciare alla mente infinite problematiche e distinguo sull’ispirazione artistica, sul grado di rapporto che tale ispirazione e, con essa, tutto l’atto creativo, hanno con la realtà vissuta o percepita dall’artista. È in gioco la necessità dell’individuo di compiere un gesto artistico, tra mezzi espressivi e contesti comunicativi in grado di veicolare ‘l’idea’. Ma non è questo il luogo, introducendo una mostra che non si è posta l’obbiettivo di essere esemplificativa, tantomeno esaustiva, per porre un tema necessario, quanto imprendibile, come l’accadimento artistico. Ci basterà assestarci su questo NOW NOW, dell’arte come della vita: prima, durante e dopo la mostra. 

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IO NON SONO LEGGENDA: Casa Testori e Andrea Mastrovito – Italian Council

Casa Testori con Andrea Mastrovito è tra i vincitori della sesta edizione dell’Italian Council il bando del MiBAC che sostiene l’arte contemporanea italiana nel mondo

Presentato da Casa Testori, hub culturale alle porte di Milano, il progetto nasce in stretta collaborazione con il Museo del Novecento e del Contemporaneo di Palazzo Fabroni a Pistoia, destinatario dell’opera video Io non sono leggenda, appositamente creata da Andrea Mastrovito e realizzata grazie al sostegno dell’Italian Council (Sesta edizione, 2019), programma di promozione di arte contemporanea italiana nel mondo del MiBACT. Un’opera che andrà ad arricchire il patrimonio pubblico, ma anche un’importante mostra conclusiva a Palazzo Fabroni e un tour internazionale di proiezioni, nate in collaborazione con la Fondation Léa et Napoléon Bullukian di Lione, Belvedere 21 di Vienna, More Art e l’Istituto Italiano di Cultura di New York, Magazzino Italian Art di Cold Spring (USA) e l’Istituto Italiano di Cultura di Toronto, il MUDAM di Luxembourg, Laznia Center di Danzica e l’Istituto Italiano di Cultura di Pretoria.

L’OPERA
Io non sono leggenda è il titolo di un’opera video-installativa di Andrea Mastrovito che indagherà il tema dell’identità e del rapporto con l’altro attraverso la cancellazione delle immagini e la riscrittura dei dialoghi, di uno dei capolavori del cinema del 1968: Night of the Living Dead (La notte dei morti viventi) di George Andrew Romero.

L’ARTISTA
Andrea Mastrovito (Bergamo, 1978) vive da anni a New York. Nel 2007 ha vinto il New York Prize, assegnato dal Ministero degli Affari Esteri italiano, nel 2012 il Premio Moroso e nel 2016 il Premio Ermanno Casoli. Il suo lavoro è stato esposto nei maggiori musei nazionali ed internazionali, dal MAXXI di Roma al Museo Novecento di Firenze, dal MART di Rovereto al Pecci di Prato, dal BPS 22 di Charleroi al MUDAC di Losanna, dal Queens Museum al Museum of Arts and Design, entrambi a New York. Nel 2011 è stato il primo artista ad allestire una personale al Museo del Novecento di Milano.

IL PROGETTO
Una call internazionale per la creazione dell’opera
Nel novembre 2019 è stata lanciata una call internazionale per il coinvolgimento di illustratori, disegnatori e artisti nella produzione dell’opera, coinvolgendo studenti ed ex-studenti dell’Accademia di Belle Arti di Brera, della NABA – Nuova Accademia di Belle Arti, a Milano, e dell’Accademia di Belle Arti Giacomo Carrara, a Bergamo ma anche profili internazionali raggiunti dalla comunicazione dei partner europei e nordamericani.
L’anteprima alla Fondation Bullukian di Lione e a Casa Testori
Il trailer di Io non sono leggenda verrà presentato in Francia, in occasione del finissage di Le monde est une invention sans futur, personale dell’artista presso la Fondation Bullukian ed evento ufficiale della XV Biennale di Lione. In Italia, tavole originali dell’opera e trailer verranno presentati a Casa Testori in primavera.
Un’azione partecipata: l’opera e la mostra a Palazzo Fabroni
La donazione dell’opera al museo pubblico, il Museo del Novecento e del Contemporaneodi Palazzo Fabroni a Pistoia, verrà festeggiata da una mostra personale dell’artista ideata intorno a uno speciale allestimento dell’opera: una parete di volumi esito di un’azione partecipata di raccolta sul territorio, simbolo di una memoria e cultura realmente condivise e diventate inaccessibili per diventare parete su cui proiettare l’intera opera.
Il circuito internazionale                                                                    
Da Palazzo Fabroni partirà un circuito internazionale di proiezioni dell’opera, parte integrante dell’intenzione artistica e non solo della necessaria promozione all’estero. Sono previste tappe a Vienna, Cold Spring (USA), New York, Toronto, Pretoria (Sudafrica), Danzica (Polonia) e Lussemburgo.

Project supported by the Italian Council (6th Edition, 2019) program to promote Italian contemporary art in the world by the Directorate-General for Contemporary Creativity and Urban Regeneration of the Italian Ministry of Cultural Heritage and Activities and Tourism

WHERE ARE WE GOING?

A cura di Giuseppe Frangi
Studio 4×4, Pietrasanta

WHERE ARE WE GOING?
Giuseppe Frangi

 Quali sono le radici che s’afferrano, 
quali i rami che crescono 
da queste macerie di pietra?
T. S. Eliot

Questa è una mostra che nasce attorno a un punto interrogativo che è come una sfida.
È possibile oggi avventurarsi dentro una delle domande che più assillano il presente di ciascuno ma che nascondiamo sotto il tappeto per il timore di restare senza una risposta dignitosa?
La sfida è doppia, perché ad uscire allo scoperto in questo faccia a faccia con quel punto interrogativo sono quattro artisti giovani, capaci di rompere gli indugi e anche di mettersi in gioco: c’è sempre un rischio di inadeguatezza davanti alla radicalità e ampiezza di quella domanda. Tuttavia l’arte oggi ha bisogno anche della spavalderia di chi tenta di misurarsi su orizzonti più audaci. 
In questo spazio che non a caso abbiamo voluto ribattezzare “Studio” il tentativo è quello di fare spazio alla categoria, grande e ingombrante, della “storia”.
Non è un caso: perché per avventurarsi nella domanda posta dal titolo è necessario darsi una coscienza, seppur fragile e frammentata, rispetto a quello che si sta vivendo. L’unica cosa certa è che l’intimismo davanti a questa domanda è fuori gioco.
I quattro protagonisti hanno approcci e sensibilità diversi l’uno dall’altro, ma hanno un fattore che li unisce in questo tentativo: è il desiderio di lasciarsi implicare, di misurarsi su un orizzonte che non è più solo personale; di tentare quello che potrebbe essere definito un discorso “pubblico”.
È quanto accade ad esempio nel caso di Stefano Cozzi: nel suo video, “A Song for the Wide Nation”, la storia entra in campo con un effetto di spiazzamento. La purezza felice dei bambini impegnati in una partita di pallone infatti fa da controcanto visivo alla narrazione “epica” della storia d’Europa (il testo è stato scritto di Mariadonata Villa, scritto in occasione della partecipazione dell’artista ai lavori di Eurolab, ed è letto da Christopher Knowles). La storia documentata liricamente dalle parole, attraverso le immagini ristabilisce un nesso necessario per quanto imprevisto con il presente. Ritroviamo un accento epico anche nell’opera di un’altra artista presente: è la grande tela di Elisa Carutti, immagine monumentale di un volto sdraiato che fissa un cielo sulfureo nel quale sembra specchiarsi e specchiare il proprio destino. Di chi è quel volto? È quello di un Tiresia contemporaneo, che insegue tracce di nuove profezie? È quello di uno dei corpi-calco pompeiani, che sino all’ultimo non ha sottratto lo sguardo dal cielo di fuoco e di zolfo? Certamente è un volto in attesa di un disvelamento di senso, è uno sguardo assetato di un qualcosa che lo ricolmi.
È pienamente e caparbiamente politico il lavoro di Giovanni Vitali. Lui ha indagato in questi anni sulle reliquie di un mondo finito, quello del comunismo nell’Europa dell’Est. Ha lavorato da incursore nei sotterranei della storia, e ne ha tratto una sorta di simbolo che assomma tutti i simboli. “Red on!” è un’installazione performativa, una stella coperta di resina durissima, su cui è colata la cera rossa della transitorietà di ogni pretesa umana sul mondo.
Matteo Negri, del gruppo è quello con maggiore background. Qui si presenta con un lavoro nuovo
e coraggioso. Il titolo allude alla transitorietà del tempo (“Meanwhile at 19.35 of the 28 May ‘19”), evocata dall’incombere della nebulosa nera che plana sul fragoroso splendore del mondo vegetale. La preziosità formale dell’opera realizzata con pellicola adesiva, colori per vetro e resina rende ancora più acuta quella dimensione di minaccia, che Negri rafforza con la presenza nel centro del cortile di una delle sue prime opere, che ne hanno decretato il successo: una delle mine marine in ceramica, slabbrate dall’esplosione e che imprevedibilmente, a prima vista, scambiamo per un fiore.

Studio 4×4 Pietrasanta
Via Garibaldi 34
55045 Pietrasanta
Lucca, Italia

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ALTISSIMI COLORI. LA MONTAGNA DIPINTA

Giovanni Testori e i suoi artisti, da Courbet a Guttuso
Un progetto di Casa Testori
A cura di Davide dall’Ombra
Castello Gamba – Museo d’arte moderna e contemporanea
Châtillon, Valle d’Aosta
12 Luglio – 29 Settembre 2019

DA COURBET A ZIMMER. CON GLI OCCHI DELLA PITTURA
Davide Dall’Ombra

Cosa vuol dire per un artista vivere e raccontarci la montagna?
Giovanni Testori (1923-1993) è stato uno dei più fertili intellettuali italiani del Novecento, impegnato su tanti fronti della cultura, essendo stato pittore, scrittore, poeta, drammaturgo, giornalista e critico d’arte. Del resto, Testori è anche uno degli autori presenti nella raccolta del Castello Gamba, che ne conserva lo splendido Tramonto (Actus tragicus) del 1967. L’invito è quello di lasciarsi accompagnare dalla sua opera e dalle sue parole alla scoperta delle cime: quelle dipinte in una raccolta entusiasmante di quadri, quelle protagoniste della vita di chi le abita e quelle da lui vissute e ritratte in prima persona. Il rapporto di Testori con la montagna, del resto, non solo ne trapunta la produzione pittorica, critica e poetica lungo tutta la vita, ma ne ha segnato l’esordio. Il suo primo articolo, pubblicato su “Via Consolare” a soli 17 anni nel 1941, chiama in causa proprio un quadro di montagna: il capolavoro di Giovanni SegantiniAlpe di maggio (1891), di cui Testori pubblicò un inedito quadro preparatorio. E non stupisce che questo intimo sguardo di predilezione condizioni anche le sue scelte come critico d’arte, attento a valorizzare con le sue parole, i dipinti di alcuni grandi pittori dell’Ottocento e del Novecento, amati e collezionati.
L’esordio non poteva spettare che a Gustave Courbet, l’artista rivoluzionario che Testori riteneva il padre dell’Informale, capace, come nessun altro, di restituirci la “mater-materia” della natura. È una sorta di artista manifesto per Testori e per l’intera mostra, non solo perché cronologicamente all’inizio di questo viaggio, ma perché ritenuto dal critico il padre di tutta la pittura moderna. Courbet ha insegnato a tutti i pittori dopo di lui che era la materia, non il mondo delle idee, il terreno sui cui si giocava la verità della pittura.
In stretto dialogo con Courbet è Paolo Vallorz, artista trentino, parigino d’adozione, che conserva nella trama della sua pittura l’insegnamento dell’artista francese, declinato nel suo amore incondizionato per la Val di Sole (TN). È proprio la straordinaria unità di Vallorz con il sentimento e la vita della montagna e della sua gente a calamitare Testori.
I tramonti infuocati di Renato Guttuso accendono irrimediabilmente le cromie della mostra. Guttuso è un siciliano che, stregato dalla vista del Rosa, fece della casa di Velate, a Varese, uno studio dove realizzare molte delle sue opere più celebri. E Guttuso a Varese fu il tema di una mostra fortemente voluta da Testori, che si apriva proprio con questo pastello: “uno di quei divampanti, innamoratissimi addii; gettato giù, su d’un foglio, con abbacinante libertà (e la materia, ne è, quella immediata, franante e delicata dei pastelli)”. Testori sigillava così, nel 1984, un’amicizia e collaborazione con Guttuso di oltre 40 anni, tra articoli, recensioni e presentazioni in catalogo. Molte le pagine di Testori dedicate al pittore che, pur nella diversità ideologica, fu un interlocutore importante, fin dagli anni appassionati del Realismo italiano, durante la Guerra e la ricostruzione. 
Varlin, il geniale artista zurighese che scelse di andare a vivere tra le montagne della Val Bondasca, nei Grigioni svizzeri, a pochi passi dalla Stampa di Giacometti, è l’autore di alcune tra le più straordinarie nevicate della storia dell’arte europea. Opere che stregarono Testori, decisive anche per il suo personale impegno nella pittura. Insieme a Friedrich Dürrenmatt, Testori fu il più grande interprete del pittore, in cui ritrovava tutto ciò che andava ricercando nell’arte: la drammaticità – anche nel senso teatrale del termine – e la verità delle trame domestiche. Una pittura senza sconti, in cui il quotidiano è raccontato sempre ai vertici dell’universale. 
Il saluto finale spetta a Bernd Zimmer, pittore tedesco “scoperto” da Testori, che si era innamorato della sua natura, delle sue montagne infiammate e visionarie. Zimmer è tra i maggiori esponenti dei cosiddetti “Nuovi selvaggi”, artisti berlinesi che negli anni Ottanta cercarono fortuna in Italia e trovarono in Testori uno dei loro più importanti interpreti. L’energia della pittura sprigionata da questi artisti diede una carica decisiva al Testori critico militante, impegnato in quegli anni alla promozione della giovane pittura non solo italiana, curando diverse mostre o recensendole sul “Corriere della Sera”, per il quale fu responsabile della pagina artistica, dal 1977 fino alla morte. 

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LA CASA INTORNO AL VASO

Anna Caruso
A cura di Davide Dall’Ombra
Casa Testori
21 Giugno – 10 Novembre 2019

I PIANI FORTI
Davide Dall’Ombra

“I miei dipinti si basano su una distinzione tra spazio illustrato e spazio pittorico astratto. Il primo è mimetico e referenziale, il secondo è trasformativo, completamente incarnato dalle dinamiche pittoriche, perché l’astrazione formalista non si sforza di raggiungere un soggetto rappresentato e rivendica lo spazio che vorrebbe abitare. Lo so. È la più autoreferenziale delle forme pittoriche possibili, ma è (anche) la mia”. 

La mostra allestita da Anna Caruso al primo piano di Casa Testori è articolata in una serie di carte e installazioni, wall drawings immersivi, dipinti inediti, quasi totalmente realizzati per l’occasione, sperimentando tecniche nuove e lasciandosi interrogare dall’idea di appartenenza e strappo, caratteristiche di una figura come Giovanni Testori e così ben rintracciabili tra le pareti della sua casa, oggi un hub culturale giunto al decimo anno di sperimentazioni, anche nell’ambito della giovane arte contemporanea.

Nella sua personale alla Thomas Masters Gallery di Chicago dello scorso gennaio, Anna aveva aggiunto un tassello alla sua ricerca sulla percezione umana della realtà, interrogandosi sulla visione soggettiva del tempo e sulla sinestesia che condizionano la nostra memoria. 

La realtà filtrata e, in un certo senso cancellata, sconvolta e ricomposta, dalla nostra memoria è, infatti, al centro della sua ricerca, visibile in dipinti segnati dalla striatura geometrica che crea piani e spazi che si moltiplicano all’infinito. In un ritmo che fonde elementi di flora, fauna e architettura naturale e artificiale, l’artista ci obbliga a planare su questi piani, in un moto che, dagli occhi della percezione, non può che portare all’inseguimento di emozioni e ricordi. 
I nostri. 

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pagine22-23
pagina 26
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pagine 28-29
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LA MOSTRA

Salendo i gradini dello scalone, ci accoglie l’opera che dà il titolo alla mostra, La casa intorno al vaso, un vaso evocato e non rappresentato, quale simbolo della casa stessa, che è capace di abbracciare il vuoto dell’esistenza, anzi, proprio come il vaso, trae la propria natura e funzione dal circondare un’assenza.
Nella grande stanza da letto, una tela di oltre quattro metri apre la parete di fondo verso le montagne rocciose e tre piani sovrapposti di PVC trasparente dilatano i piani inclinati della prospettiva immaginaria dell’artista e dell’osservatore. Sulle pareti della camera successiva si fronteggiano la celebre Crocifissione del 1949, dipinta da Testori, e il personale omaggio dell’artista: un’opera di pari formato e, probabilmente, soggetto, per quanto possibile alla sincerità e alle contaminazioni, personali e del nostro tempo che siano.

Di fronte alla grande libreria si schierano quattro ritratti di pari formato. Sono Giovanni Testori e sua madre, l’artista e suo padre. Affetti e tensioni, inevitabilmente costruttive e distruttive insieme, si intrecciano in un profondo dialogo dell’imprevisto, tra storia culturale e degli affetti. 
Nella camera di Testori da ragazzo, il tema del nudo presente alle pareti – un tempo per le tele attribuite a Géricault e Courbet, oggi nel lavoro a esse dedicato da Andrea Mastrovito (2011) – ispira alla Caruso un lavoro intimo, figlio dell’installazione presentata al Teatro Elfo Puccini lo scorso anno, in cui una nuvola di centinaia di disegni accarezza il visitatore. 

La piccola stanza finale accoglie mondi che si allargano ancora una volta. Anna dipinge tutte le pareti con un grande wall drawing e il pavimento coperto da una tela, ma la pittura non si dà confini, scalando i gradini che portano al solaio e interagendo con la grande conifera del giardino, che si staglia oltre la finestra.

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L’ARTISTA

Anna Caruso nasce a Cernusco sul Naviglio (MI) nel 1980. Nel 2004 si diploma in pittura all’Accademia di Belle Arti di Bergamo. Vive e lavora a Milano. Lavora con gallerie italiane ed estere, tra cui lo Studio d’Arte Cannaviello di Milano, Anna Marra Contemporanea di Roma e la Thomas Masters Gallery di Chicago (USA).

La Biblioteca d’arte di Giovanni Testori

La Biblioteca Testori comprende 17.800 titoli, di cui 15.000 volumi d’arte antica e del Novecento, 2.100 volumi di letteratura e saggistica, cui si aggiungono i 700 libri a corredo dell’Archivio: volumi scritti da Testori, contenenti un suo intervento o dedicati alla sua opera.

La sezione dedicata all’arte rispecchia nel suo contenuto e ordinamento le indicazioni date dallo stesso Giovanni Testori (1923-1993), scrittore e critico d’arte. La sezione più ampia comprende le monografie di artisti del Novecento, con numerosi cataloghi prodotti da gallerie private e istituzioni nazionali e internazionali. 
Una sezione di monografie di artisti operanti dal 1200 al 1700 è accompagnata da alcune sezioni tematiche, dedicate, ad esempio, alla Natura morta, al Disegno, all’Incisione, alla Scultura, ai Musei o alle Regioni Italiane. All’ampia sezione di riviste, enciclopedie e raccolte d’arte, si affianca anche una specifica raccolta di rari volumi dedicati all’arte africana e precolombiana. 
La Biblioteca permette di cogliere gli interessi del critico che, in alcuni volumi, include proprie glosse manoscritte o appone firme e timbri di proprietà. Sono presenti volumi con dediche autografe dell’autore e alcune edizioni rare d’artista, in alcuni casi pezzi unici, completamente eseguiti e dipinti a mano. 
La Biblioteca è aperta a tutti, in particolare a studenti, studiosi e ricercatori, e si offre come un punto di riferimento per il Nord Milano, che ha la possibilità di accedere a un ampio catalogo d’arte, unico per il territorio.

La Biblioteca Giovanni Testori è conservata presso Casa Testori, a Novate Milanese, ed è aperta al pubblico. I volumi sono disponibili per la consultazione in sede ed esclusi dal prestito.

La catalogazione della Biblioteca, affidata alla dott.ssa Alessia Gianforti, è in fase di ultimazione e viene costantemente riversata nel Catalogo OPAC SBN del Polo Regionale della Lombardia e nell’OPAC SBN. Catalogo del servizio Bibliotecario Nazionale:
OPAC Polo Regionale
OPAC Servizio Pubblico Nazionale

Consultazione dei volumi
Coloro che vorranno consultare i volumi della Biblioteca avranno a disposizione una postazione loro dedicata e potranno richiedere riproduzioni, a norma di legge.

Dove
Casa Testori
Largo Angelo Testori, 13
20026 Novate Milanese (MI) 
Orario di apertura al pubblico               
Mar-Ven 10.00-13.00; 15.00-18.00
Informazioni
Email biblioteca@associazionetestori.it
Telefono: + 02.36.58.68.77

Responsabile della Biblioteca
Prof. Davide Dall’Ombra 
davidedallombra@associazionetestori.it

QUI DORMIVANO I MONACI

Ambra Castagnetti e Lori Lako
Abbazia di Mirasole
2 Giugno 2019

All’interno di Appocundria, progetto ideato da Marta Cereda per Casa Testori che coinvolge una serie di artisti stranieri residenti in Italia, un capitolo speciale è stato ospitato domenica 2 giugno 2019 presso Abbazia di Mirasole, alle porte di Milano.     
Un luogo ricco di storia, realizzato nella prima metà del XIII secolo, ora affidato alla gestione di Fondazione Progetto Arca Onlus e Progetto Mirasole Impresa Sociale.        
Proprio Abbazia di Mirasole ha ospitato infatti una residenza d’artista, ideata grazie alla collaborazione con Adrian Paci.   
Due giovani artiste, Ambra Castagnetti e Lori Lako, nate all’estero e operanti in Italia, hanno trascorso due settimane nei suggestivi ambienti del complesso abbaziale duecentesco, ora luogo di accoglienza di famiglie in momentanea emergenza abitativa e di nuclei mamma-bambino che vivono un disagio sociale, abitativo e lavorativo.

Le artiste hanno avuto la possibilità di entrare in contatto con chi oggi vive questi luoghi e di realizzare un progetto che è stato presentato al pubblico domenica 2 giugno 2019.     
Una riflessione sull’idea di casa in uno spazio che da sempre e in modo diverso nel tempo è stato casa, un rifugio temporaneo sia per le famiglie in difficoltà che vi trovano riparo, sia per queste artiste che hanno la possibilità di analizzare il senso di abitare e di accogliere.
Qui dormivano i monaci è dunque una riflessione sulla nostalgia, nata dal dialogo tra le due artiste in residenza, che si traduce in un progetto unico per tentare di analizzare le varie sfaccettature della nostalgia e i suoi oggetti, fino ad arrivare all’idea di nostalgia della nostalgia stessa.

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Si ringrazia per il sostegno Luciano Formica.

Ufficio stampa Casa Testori
Maria Grazia Vernuccio – mariagrazia.vernuccio@mgvcommunication.it 
tel. +39 0222198663 mob. +39 3351282864

Gli Angeli dello sterminio

Un nuovo Testori nell’Universale Feltrinelli: sono stati ripubblicati “Gli Angeli dello sterminio”, uscito nel 1992. L’edizione è arricchita da un’introduzione di Walter Siti, “L’Apocalisse e il magone”. Qui potete leggerne le prime righe.

«C’è qualcosa di consolatorio nelle visioni apocalittiche: criticare la Storia punto per punto non concede pace, mentre immaginarla travolta in una universale e definitiva resa dei conti pone termine alle inquietudini -è finita nel peggiore (o nel migliore) dei modi, ma insomma è finita. L’ultimo Testori si abbandona a questa facilità, cerca continuamente le vette e gli abissi; ora è vero che non si può precipitare da un marciapiede, che è vero che se uno si butta continuamente nei burroni, be’, vien voglia di pensare che quei burroni siano finti. Troppa sublimità, troppi deliri – e quel balbettio informe, quella lingua inventata e teatrale, quelle storie che non decollano; non nego che mi irrita, fiuto la furberia; su, gli direi, racconta quel che devi raccontare e smettila coi giochini. Ma l’irritazione non mi soddisfa, torno a leggere e rileggere il testo: dentro c’è una necessità sconosciuta agli sperimentalismi un tanto al chilo, forse Testori mi aspetta oltre la barriera. Per essere apocalittici bisogna averne il diritto, e magari lui ce l’ha»

PEOPLE OF SAN BERILLO & SENEGAL/SICILY

IL PROGETTO

Il progetto fotografico People of San Berillo di Giovanni Hänninen e la serie di corti video-documentari Senegal/Sicily creata da Alberto Amoretti e Giovanni Hänninen sono due progetti nati con l’obiettivo comune di affrontare i diversi aspetti della migrazione clandestina nella società africana e in quella occidentale.
Nella serie fotografica, l’obiettivo di Hänninen restituisce dignità ai migranti – spesso considerati solo come numeri e flussi – con un ritratto collettivo della società da cui provengono. L’ispirazione di questo progetto nasce dal lavoro del fotografo tedesco August Sander (People of the Twentieth Century) che negli anni Venti realizzò una serie di ritratti a persone comuni per un catalogo dei ruoli della società tedesca poco prima dell’ascesa del nazismo.
Senegal/Sicily è una serie di corti video-documentari sul tema della migrazione tra il Senegal e la Sicilia, nata dalla collaborazione di Alberto Amoretti e Giovanni Hänninen con The Josef and Anni Albers Foundation e la Ong Le Korsa. Lo scopo con cui è stata realizzata è duplice: creare consapevolezza in Europa e in America sui pensieri, i sogni e le esperienze dei migranti e delle loro famiglie rimaste in Senegal e, allo stesso tempo, portare ai giovani della regione di Tambacounda un resoconto sincero dei rischi del viaggio e di cosa accade in Europa alle persone che sono riuscite ad arrivare.
I corti Senegal/Sicily hanno trovato il loro primo pubblico anche con le proiezioni itineranti fra le scuole e i villaggi di Tambacounda. Massamba, dello staff della Ong Le Korsa, periodicamente raggiunge le aree più remote della regione, portando con sé un proiettore per allestire cinema estemporanei e portare testimonianze e informazioni su cosa sia la migrazione.
Il primo documentario della serie che è stato proiettato in piazza Selinunte è un dialogo tra una madre, Aisadou, che parla dal suo villaggio nella parte orientale del Senegal, e suo figlio Alpha, in Sicilia, che ha lasciato la casa per trovare un futuro migliore. Aisadou vive a Sinthian, un villaggio nella regione di Tambacounda, uno dei più poveri del Senegal. Qui è dove la Fondazione Josef e Anni Albers ha costruito Thread, un centro culturale e residenza di artisti. Alpha vive a Mazzarino, una piccola città nel centro della Sicilia. Madre e figlio parlano delle loro speranze e dei loro rimpianti; Aisadou parla delle preoccupazioni di ogni madre e Alpha delle difficoltà che ha dovuto affrontare.

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Enrico Pani_ Piazzale Selinunte
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L’EVENTO

Il cortometraggio e la mostra fotografica di Giovanni Hänninen e Alberto Amoretti sono stati ospitati in un appartamento ALER in Piazzale Selinunte a Milano e nelle vetrine delle associazioni del quartiere, col fine di riflettere sull’esperienza di casa vissuta in Europa e Africa, in collaborazione con la Josef and Anni Albers Foundation. L’evento è stato realizzato in occasione della mostra Appocundria, allestita a Casa Testori a cura di Marta Cereda.

Le amanti del Testori

Di e con Gianna Coletti

Al pianoforte Giuseppe di Benedetto
Regia di Roberto Recchia
Fotografia e grafica Sergio Bertani
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Con questo spettacolo di teatro canzone, Gianna Coletti porta in scena tre figure femminili tratte da “I segreti di Milano” di Giovanni Testori: La Maria Brasca, L’Arialda, e La Gilda del Mac Mahon.

Donne semplici, dalla parlata schietta, tagliente, che urlano la loro voglia d’amore travolgente. Donne costantemente in bilico tra drammi e ironia. Donne degli anni Cinquanta, eppure così vicine a noi.
Le canzoni di Fiorenzo Carpi, Gino Negri, cuciono le storie delle nostre amanti, sullo sfondo di una Milano ancora circondata dai prati, le famose “camporelle”, dove si consumano passioni dense di tormento ed estasi.
Passioni da cui scaturisce la Vita.
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Venerdì 24 maggio – Ore 20:30
Sabato 25 maggio – Ore 19:30

SPAZIO BANTERLE
Largo Corsia dei Servi, 4
Milano

Prezzi biglietti:
12€ intero
7€ ridotto (under 35, over 65, convenzionati e studenti di teatro)

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