Author: Alessandro Frangi

Doninelli guida alla rilettura di Testori

GIOVANNI TESTORI NELLA CITTÀ CONTEMPORANEA

Prosegue il viaggio ideale e reale che il Centro Culturale di Milano – questa volta in compagnia di Casa Testori – propone con grandi autori della città e dei territori lombardi. Riletture, ovvero letture “contemporanee”.

Testori è una personalità che scuote questo presente. Ha sempre scosso, lui. Intemperante, mai prestabilito, sempre in fieri. Ecco perché acquista il gusto della novità quello di costruire un ciclo per scoprirlo e riscoprirlo attraverso la pluralità dei linguaggi espressivi utilizzati.
In un tempo debordante di definizioni posticce e di “slegami” poco edificanti, pare opportuna la scelta di accostare Testori; ancora una volta, che è sempre una prima volta (un certo sentire del Centro Culturale di Milano è nella tensione al vero, alla cultura come vita, questioni così care all’intellettuale di Novate nella pratica di sbilanciamenti fecondi e irriducibili al tran tran. Lui amava il tram.).
L’accresciuta complessità del vivere dovuta alla pandemia da Covid rende ancor più provocante l’incontro con la parola di Testori, con i corpi, le voci, i cori, vecchi e nuovi fabbriconi, le disperate speranze che dicono, interrogano, giudicano. Dentro e oltre la città. Come non approfittare della sua multidisciplinarità? Di pensiero che compie proprio perché è pensiero?
Anche la scelta di riprendere il filo senza collocarlo e cioè senza attendere la stagione degli omaggi in occasione del centenario della nascita (1923) ci pare una decisione che apre, che lo libera, di nuovo e per sempre “scarozzante”.

Perciò un Ciclo di letture e dialoghi per trovare un’’immagine complessiva e vitale di Giovanni Testori, dove l’arte, il teatro, la letteratura, la poesia, il Testori polemista degli interventi pubblici, attraverso articoli, editoriali, saggi – dove le tante sfaccettature dell’uomo- si ritrovino insieme e ci comunichino quel nesso con la verità e la vita che è stato principio e fine della sua offerta intellettuale e artistica.

Tre gruppi di incontri, il primo dedicato ai grandi amori e ai loro esordi: quello del ’51 con il suo articolo sul Cairo fino a Morlotti, quello del ’54 con l’uscita de “Il dio di Roserio”; quello dei suoi inizi teatrali, culminanti con lo scandalo dell’Arialda, 1961.

Il secondo gruppo, un “a fondo” dove entrare nei suoi grandi amori ma anche nei suoi ripensamenti, sulle sue passioni costanti, sui suoi rifiuti. In pittura, con un ritratto teatrale, a cavallo della grande crisi, con due momenti fondamentali, da un lato l’Erodiade e dall’altro la Trilogia ed infine un incontro dedicato a Testori e la poesia.

Nel terzo gruppo l’ultimo Testori, quello incendiario, con la controversa “conversione”. Un primo passaggio su Testori critico artistico e curatore, con le due mostre emblematiche: quella sulla Ca’ Granda (Testori e la carità) e la sua partecipazione alla mostra dell’84 alla Besana (Testori scopritore di talenti); la stagione del suo rinnovato teatro con tre tappe: Interrogatorio a Maria, In Exitu, Tre Lai; un incontro su Testori polemista, con una scelta di articoli su fatti di cronaca e del mondo.

Gli incontri si svolgono dal vivo al Centro culturale di Milano, in Largo Corsia dei Servi, 4.
Laddove segnalato, sarà possibile seguire gli incontri anche in streaming dalla pagina Facebook del Centro Culturale di Milano.

Necessaria la prenotazione. È previsto un biglietto di 5 euro, scontato a 3 per gli Amici di Casa Testori (presentarsi con la newsletter nella mail del cellulare) e per gli studenti.

per info: centroculturaledimilano.it

La Gilda con Laura Marinoni

9 – 21 NOVEMBRE 2021
TEATRO FRANCO PARENTI

da La Gilda del Mac Mahon di Giovanni Testori
con Laura Marinoni
Alessandro Nidi al pianoforte
adattamento e cura registica Laura Marinoni
direzione musicale Alessandro Nidi
movimenti coreografici Cristina Bucci
costumi Gianluca Sbicca
produzione International Music and Arts

Dal sito del Teatro:
In scena la vitalità senza freni, la fatica di sopravvivere e la passione incontenibile per il sesso sì, ma soprattutto per l’amore. Laura Marinoni, e il musicista Alessandro Nidi, danno voce e corpo agli esuberanti personaggi di periferia de La Gilda del Mac Mahon di Giovanni Testori.
Una selezione di musiche che spazia da Jannacci a poeti-musicisti immensi come Ferré o Monteverdi, fa da commento intimo al racconto testoriano.

per info e prenotazione: teatrofrancoparenti.it

CURATELA. KIDS EDITION

Ottobre 2021

In occasione dell’ultimo mese di apertura di Curatela, Casa Testori ha organizzato Il laboratorio delle 5, un’attività laboratoriale pensata per i più piccoli in grado di avvicinarli agli artisti presenti in mostra e alle loro opere.
Ogni appuntamento ha previsto un focus su un singolo artista (Giorgio Morandi, Fabio Roncato e Alberto Gianfreda), proponendo una visita alla mostra seguita da un momento di approfondimento dialogico e laboratoriale sull’opera.
Per ampliare la capacità di osservazione, aumentare il senso di cura verso il bello e permettere una riappropriazione personale di ciò che si è incontrato, è stato consegnato a ciascun bambino il materiale necessario a creare una propria opera, sviluppata sulle tracce e in continuità di ricerca con quanto osservato insieme.
Il lavoro su Giorgio Morandi si è sviluppato sul tema degli oggetti, protagonisti di gran parte delle opere della sua produzione. Ogni segno è per Morandi una voce, una parola che va a descrivere il suo oggetto, e porta quindi con sé un tono, una inclinazione, uno spessore. 
I bambini hanno lavorato sul disegno dell’oggetto e sulle potenzialità di racconto che questo è in grado di offrire.
L’attività sull’opera di Fabio Roncato ha permesso di avvicinarci alla terra. Le opere di questo artista, infatti, sono l’occasione di un incontro tra natura e progetto artistico. Ci affidiamo come lui a una scultura non sempre pienamente “prevedibile” per indagare la realtà circostante, accostando materiali organici, come la terra, ad artifici dell’uomo, come la vernice, per portarci a casa un pezzo di Casa Testori.
Alberto Gianfreda, infine, accoglie in maniera innovativa e inaspettata la tradizione che gli arriva dalla storia e dalla produzione ceramica. Entrando nel suo lavoro fatto di distruzione e ricostruzione di frammenti, i bambini hanno creato una nuova unità ordinata per forma, colore e intenzione con la stessa cura che l’artista impiega nei suoi assemblaggi.

I Servizi Educativi di Casa Testori sono progettati, curati ed erogati da Ambarabart Aps con la supervisione e collaborazione del responsabile interno Francesca Ponzini.

CI VUOLE UNA MADRE PER CAPIRE LA «PIETÀ»

È stata prorogata fino al 31 ottobre la mostra di Emma Ciceri “Nascita Aperta”, in corso al Museo della Pietà Rondanini al Castello Sforzesco di Milano, a cura di Gabi Scardi e prodotta da Casa Testori.
Per l’occasione pubblichiamo di seguito la recensione di Luca Doninelli uscita su Il Giornale.

di Luca Doninelli

Sarebbe sempre bello poter parlare di arte, letteratura, cinema non da esperti, non in qualità di specialisti della materia, ma soltanto come semplici uomini, che leggono e guardano e ascoltano obbedendo a un bisogno naturale.
Comincio così perché so di non avere la competenza per parlare di quello di cui sto per parlare. Per l’esattezza: né di arte classica né di arte contemporanea. So soltanto che amo l’arte, perché non si occupa di sistemi di pensiero ma solo di una ferita che esiste in tutti noi, di un dirottamento, di qualcosa che non si spiega: e più cerca la chiarezza (è suo dovere) e più sprofonda nell’enigma della vita.
Ammirare la Pietà Rondanini, custodita a Milano, al Castello Sforzesco, è quasi un dovere. L’opera estrema di Michelangelo, quasi più un urlo silenzioso, una preghiera fremente che nemmeno una scultura, si trova lì, pronta a interpellare i visitatori. Vale il viaggio, anche da lontano, perciò venite.
Se però verrete nei prossimi giorni, allora avrete la possibilità di ammirare un’altra opera, straziante e meravigliosa, dalla quale potrete imparare, a proposito della Rondanini, tante cose alle quali non avevate mai pensato.
L’enigma di questo capolavoro finale (l’artista continuò a lavorarvi fino a 88 anni, ossia fino alla morte) si spalanca attraverso il doppio video di un’artista, Emma Ciceri, che a pochi metri dalla Rondanini, con tenerissime, semplici immagini ci racconta il suo amore per la bellissima figlioletta, affetta da quella che noi chiamiamo – tradendo l’imbarazzo dell’ignoranza – disabilità.
Le due scene parallele si svolgono una nella cameretta della piccola e una lì, nel museo dove, protetta dal legno di De Lucchi, la Rondanini si alza nella sua solitudine, che a me ha sempre dato un po’ fastidio perché la solitudine impoverisce l’opera, come un posticcio one man show. E penso sempre al museo più felice del mondo, il Bargello di Firenze, che è l’esatto contrario.
Ma a vincere la solitudine ci ha pensato l’artista, Emma, che con la sua azione restituisce a questa Pietà il senso del suo nome. Un’azione pietosa, al cospetto di un’altra (o forse la stessa) azione pietosa, si svolge nei due video paralleli di questa artista. Emma lava, asciuga, accarezza la sua bambina, gioca con lei. Dal viso angelico e perfetto della piccola nascono sguardi enigmatici; lamenti – di gioia, forse – si levano timidi come da oltre un muro: e la mamma li raccoglie, li conserva, li stringe a sé.
Distesa su una coperta, la piccola viene piano piano trascinata intorno alla statua, e a quel punto nessuno spettatore che non sia affetto da distrazione cronica può trattenere un moto di profonda commozione: commozione per quel duplice amore che unisce madri e figli, e per la bellezza che da questo amore si genera, eternamente. Quasi che da questo sguardo nascesse l’Arte, sempre e dovunque.
So che questo non è del tutto vero; eppure, se pensiamo all’arte occidentale e a quello che è nato (anche in termini tecnici) dalla rappresentazione dell’amore di Maria per il suo bambino piccolo, o del suo figlio morto troppo presto, verrebbe da confermare questa impressione volatile, renderla di pietra, e dire: sì, tutto nasce da un bacio, da una carezza.
A questo punto, tornati davanti al misterioso capolavoro di Michelangelo, mentre nel cuore ci scorrono tanti suoi sonetti, la nostra mente si apre, non per un’azione intellettuale ma per l’accettazione dello sconquasso, del felice disordine che lei, la vita! produce nella nostra intelligenza meccanica.
E, a quel punto, si comincia a capire. A capire la beata sfrontatezza teologica, che in faccia alla Chiesa Trionfante ci offre l’immagine scandalosa di un Dio morto, e che proprio nella morte, nell’estrema sconfitta, diviene la salvezza per sua madre: che lo sostiene per esserne sostenuta, che lo stringe per essere da Lui stretta.
Non il Gesù Cristo dispensatore di miracoli e guarigioni, ma quello che non vediamo più, e ci ha lasciato, verrebbe da dire, un simulacro vuoto, un corpo inanimato. I discepoli sono fuggiti, sopraffatti dallo scandalo, ma la madre rimane, accarezza quel corpo, non ha perso la fiducia, ripete tra sé le parole di Pietro, le dice al cadavere: Tu solo hai parole di vita eterna.
Folle, se vogliamo. Eppure umano, umano come niente al mondo. E come la Rondanini è il “Tu” di Maria al figlio, così “Nascita aperta” (questo il nome dell’opera di Emma Ciceri) è il “Tu” di una madre che sa quanto non l’arte, non il successo (che le auguro di tutto cuore) ma quel rapporto è il punto decisivo sul quale si gioca e si giocherà tutta la sua vita.
Riporto, con queste ultime parole, il pensiero di Giovanni Testori, e non a caso, perché proprio Casa Testori ha progettato, prodotto e promosso questo evento (curato da Gabi Scardi, a cui va la mia gratitudine) capace di oltrepassare ogni competenza specialistica con un linguaggio diretto, semplice come tutto ciò che è vero e che, almeno per il sottoscritto, ha liberato il capolavoro di Michelangelo da tutta la polvere che i secoli e le chiacchiere (anche mie) vi hanno depositato.

Scopri di più sulla mostra

Il progetto Alpina

Il progetto ALPINA nasce dall’incontro delle ricerche di Barbara De Ponti e Fabio Marullo che, parallelamente alle proprie attività artistiche, hanno deciso di intraprendere un cammino comune, un viaggio costellato da tappe e incontri che portano nuovi approfondimenti e nuovi punti di osservazione. Lungo questo percorso si è aggiunto l’apporto critico-teorico di Alessandro Castiglioni.

In questa prima fase, il team di operatori-ricercatori culturali è interessato a setacciare i fondi archivistici, raccogliere informazioni e dati scientifici in situ che daranno vita a talk e workshop pubblici e, in futuro, a opere ed esposizioni.

ALPINA è un progetto a lungo termine che nel mese di agosto 2021 è entrato nel vivo con una spedizione presso il Ghiacciaio dei Forni, il più grande ghiacciaio vallivo italiano, l’unico di tipo himalayano, in Alta Valtellina, nel settore lombardo del Parco nazionale dello Stelvio.

ALPINA compie il suo viaggio in collaborazione con Casa Testori e l’Associazione Ardito Desio nello spirito di Ardito Desio, tra i primi esploratori-geologi a studiare il Ghiacciaio dei Forni (la sua prima spedizione risale al 1938). 

Casa Testori si fa archivio della memoria per questo progetto artistico, accompagnandolo fin dai suoi primi passi. In questa teca viene esposto man mano il materiale che gli artisti stanno spedendo dalle loro esplorazioni: un archivio in divenire a disposizione degli sviluppi che prenderà il progetto.

Pubblichiamo di seguito una riflessione dell’artista Barbara de Ponti, sul tema del rapporto fra uomo e natura, oggi più che mai attuale.

Tutto dipende da come si percepisce il tempo.
Di quanto e per quanto tempo ci si sente responsabili del proprio agire.
Il tempo brevissimo dell’essere umano, dalla sua comparsa come specie a quello del singolo esemplare, non facilita la lungimiranza. Il nostro ricondurre ogni cosa ad una scala antropocentrica non aiuta, non aiuta principalmente l’infestante ma fragile Sapiens.
E’ diverso l’atteggiamento solo per chi si è formato con la più romantica tra le scienze, la geologia e le scienze della terra, e la filosofia.
Ancora una volta viene in aiuto Walter Benjamin, quando recupera da Ernest Bloch uno dei concetti cardine del suo pensiero: “Irruzione nel presente di una esigenza che viene dal passato, non nel senso di una restaurazione di ciò che fu, ma in vista di una nuova e originale esperienza del presente. Il passato, in determinate occasioni, irrompe con le sue esigenze nel presente facendolo saltare. Stiamo quindi parlando di un passato che non avrebbe esaurito le sue possibilità nel momento in cui accadeva, un passato cioè che conterrebbe una sorta di slancio verso il futuro”.
Ma non diamo ascolto a ciò che ci viene detto, in realtà sottovoce: è scomodo e faticoso, soprattutto per questa parte di mondo così viziata nel pensarsi autorizzata a sfruttare tutto e tutti che nemmeno si accorge di quanto sia cinica e tossica la comunicazione dei propri modelli di cambiamento, così esigui o addirittura conniventi con chi non desidera nessun cambiamento.
L’arte si è da sempre interessata a questioni legate alla natura del tempo, contribuendo a nuove visioni anche in altri ambiti in cui l’uomo ha posto i medesimi quesiti. E’ da tempo il momento in cui il mondo dell’arte dovrebbe prendersi e avere riconosciuta più responsabilità.

IG: @progettoalpina

CURATELA. 4 CURATORI A CASA TESTORI

Ottobre 2021

In occasione dell’ultimo mese di apertura di CuratelaCasa Testori ha invitato critici e curatori in grado di generare un dibattito pubblico per approfondire la tematica affrontata dalla mostra: il confronto tra l’arte contemporanea e del Novecento con la figura del critico-curatore.
Il dialogo si è strutturato in tre appuntamenti:

Incontro con Emma Zanella e Alessandro Castiglioni
9 Ottobre 2021
Emma Zanella è la direttrice del museo MAGA di Gallarate. Alessandro Castiglioni è vicedirettore e senior curator del museo MAGA di Gallarate.
Il museo MA*GA ha recentemente ospitato la mostra dell’artista Marzia Migliora Lo spettro di Malthus e di Francesco Bertocco Historia, e gli stessi Zanella e Castiglioni sono i curatori della mostra in corso: Impressionisti. Alle origini della modernità.
Riguarda l’incontro

Incontro con Demetrio Paparoni
16 Ottobre 2021
Demetrio Paparoni è un critico d’arte e curatore indipendente. Ha recentemente curato la mostra L’ultima cena dopo Leonardo alla Fondazione Stelline di Milano e, nel 2020, ha pubblicato, insieme a Arthur Danto, Arte e poststoria: Conversazioni sulla fine dell’estetica e altro.
Riguarda l’incontro

Incontro con Eva Fabbris
23 Ottobre 2021
Eva Fabbris è exhibition curator per Fondazione Prada. È curatrice associata della mostra Stop painting, in corso alla sede veneziana della Fondazione, e di Project Room, un programma della Fondazione Arnaldo Pomodoro dedicato ai più recenti sviluppi del panorama artistico internazionale.
Riguarda l’incontro

CURATELA. Spin-off Parenti

Teatro Franco Parenti – Sala Giovanni Testori
17-19 settembre
Preview stampa 16 settembre

In occasione di ArtWeek 2021, Casa Testori e il Teatro Franco Parenti presentano al pubblico una nuova esposizione estemporanea, allestita nella sala dedicata a Giovanni Testori, scrittore, drammaturgo e critico d’arte all’origine delle rispettive storie…Si tratta di una sorta di spin off della mostra “Curatela”, allestita in queste settimane a Casa Testori, a Novate Milanese. Un ponte culturale e artistico teso tra i due luoghi così legati fra loro e offerta ai visitatori del Parenti e dei Bagni Misteriosi, in questi giorni dedicati all’arte contemporanea.

Quella allestita a Novate, “Curatela”, è la mostra curata da Davide Dall’Ombra che lancia il progetto “(Ri)cambio la visita”, sostenuto dalla Fondazione di Comunità Milano, con il patrocino del Consiglio Regionale della Lombardia. Un’esposizione che vede al fianco di tre grandi maestri del ’900, Giorgio Morandi, Filippo de Pisis ed Ennio Morlotti, proprio i tre giovani artisti contemporanei bn+BRINANOVARA, Alberto Gianfreda e Fabio Roncato, presentati in queste sale.
Ad essere indagato è il ruolo del critico e del curatore, raccontando i diversi approcci nel rapporto con l’artista, adottati per dar spazio e parola alla sua opera, interrogandosi su come esporla e/o raccontarla ma anche collaborando alla definizione del processo artistico che la genera. S’intesse così il filo conduttore tra i sei artisti presentati che dà il titolo alla mostra, la CURATELA, appunto, squadernando i mezzi del passato e del presente, capaci di innescare un processo di crescita e comprensione dell’opera d’arte che giovi all’artista e al pubblico.
Il percorso di questa mostra al Teatro Franco Parenti, nei vecchi spogliatoi della Piscina Caimi, è incentrato sui lavori dei tre giovani artisti e prende avvio dalla ricerca intrapresa nella mostra novatese, proponendo però opere nuove e inedite.

bn+BRINANOVARA

Il duo artistico bn+BRINANOVARA esplora la Battaglia di San Romano di Paolo Uccello. Il lavoro di decostruzione del sistema compositivo come un linguaggio – a discapito degli aspetti iconografici – traduce la “struttura spaziale” in struttura “pittorica”, sostituendosi alla prospettiva. La loro opera ha un duplice valore: è sia un nuovo codice di “accesso” per l’immagine storica, sia un’immagine autonoma, con una nuova identità unitaria e contemporanea. L’ambito mediale rimane invariato ma l’immagine è forzata, ripetuta – sempre la stessa – più volte. Gli artisti deformano la struttura, forzano i limiti, fanno collassare gli equilibri, ridefiniscono le gerarchie, fino a rivelare nuove condizioni di esistenza per l’immagine che così riaccade.

Alberto Gianfreda

Alberto Gianfreda affronta il tema della distruzione in favore di un processo di ricongiungimento del frammento per generare una nuova bellezza e unità. Un grande vaso cinese di produzione industriale decorato con soggetti figurativi e floreali è dustrutto a martellate e i frammenti sono ricostruiti su una rete metallica. Il supporto è mobile e conferisce alla scultura la possibilità di trasformarsi nello spazio. Effimera, ispirata ai grandi tondi rinascimentali ceramici, continua la tradizione secolare italiana della ceramica da Andrea e Giovanni Della Robbia a Benedetto Buglioni, da Cantagalli a Ginori. Partendo però da un oggetto di origine cinese, la scultura vuole anche essere un’occasione di riflessione sui rapporti tra Italia e Cina. Le relazioni tra i frammenti infatti sono vincolate ma instabili pur definendosi nella forma perfetta del cerchio.

Fabio Roncato

Fabio Roncato porta in mostra l’ultimo esito della sua ricerca, che si esprime da anni nel rapporto inesausto di partecipazione con la natura. In Landscape torna la centralità del processo artistico, che ha richiesto un susseguirsi di sperimentazioni e tentativi, articolandosi in diverse azioni complementari, perché “la superficie è la parte più esterna delle cose, che ci rivela la reazione di contatto tra la materia”.
I blocchi di terra vengono colorati in superficie con una vernice spray e adagiati sul pavimento generando i movimenti dell’assestamento impostogli dalla morfologia e dalla gravità. La vernice non può seguire puntualmente la terra e, inevitabilmente, asciugando, si contrae, sposta e crepa, registrandone, di fatto, il movimento. Interviene a questo punto un secondo materiale sintetico, la schiuma poliuretanica che, spruzzata sulla vernice, vi aderisce perfettamente, fissandone la forma. Irrobustita dalla schiuma, a sua volta armata da una fine rete metallica, la pellicola di vernice che ha registrato il movimento della terra è fissata per sempre e può essere liberata dalla terra stessa, grazie ad un processo d’immersione in grandi vasche d’acqua.

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bn+BRINANOVARA_Il mito di Osiride-min
bn+BRINANOVARA_Die kunst der fuge-min
bn+BRINANOVARA_No place to hide
002 gianfreda effimera, 2021
001 gianfreda effimera, 2021
Fabio Roncato_landscape_particolare BASSA
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Curatela. Spin-off Parenti
Un progetto di Casa Testori per il “Parenti District Art & Design”
In occasione della Milano Art Week 2021

Teatro Franco Parenti – Sala Giovanni Testori, dal 17 al 19 settembre

Preview stampa: 16 settembre dalle 10 alle 19

Ingresso: gratuito, con green pass obbligatorio

Orari: venerdìì – sabato– domenica, ore 10 – 19.00
informazioniwww.casatestori.it | info@casatestori.it | tel. +39.02.36586877
www.teatrofrancoparenti.com | biglietteria@teatrofrancoparenti.it | tel. +39.02 59995206

UFFICIO STAMPA CASA TESTORI
Maria Grazia Vernuccio – Mob. +39 3351282864 \ mariagrazia.vernuccio@mgvcommunication.it

PR E UFFICIO STAMPA FRANCO PARENTI
Carlotta Tonon – Mob. 339 6219432 | carlotta@carlottatonon.com
Francesco Malcangio – Mob. 346 4179136 | fmalcangio@teatrofrancoparenti.it

NASCITA APERTA

Emma Ciceri
Progetto di Casa Testori
A cura di Gabi Scardi
Produzione di Dok Mobile
Castello Sforzesco, Museo della Pietà Rondanini
14 Settembre – 12 Ottobre 2021
Casa Testori
9-30 Novembre 2021

In occasione di Milano Art Week 2021, i Musei del Castello Sforzesco, dal 14 settembre al 12 ottobre, hanno presentato Nascita Aperta di Emma Ciceri, un progetto di Casa Testori curato da Gabi Scardi
L’opera – due video proiettati in simultanea – è stata allestita negli spazi restaurati dell’ex Ospedale Spagnolo, dal 2015 sede del Museo della Pietà Rondanini.

Nascita Aperta è la performance che l’artista ha realizzato insieme a sua figlia davanti alla Pietà Rondanini di Michelangelo, l’ultima opera su cui ha lavorato. L’esperienza quotidiana di madre e figlia è quella di corpi che, per necessità, stanno stretti l’uno all’altro, in tanti gesti di assoluta normalità. Quel rituale quotidiano è stato portato e rivissuto da loro in lunghi momenti trascorsi davanti all’opera di Michelangelo, dove Madre e Figlio si trovano analogamente stretti in una relazione che lega i loro corpi in unicum scultoreo. 
«Portiamo la nostra esperienza quotidiana in visita al corpo di un’opera: la Pietà Rondanini di Michelangelo. – spiega Emma Ciceri – Abbiamo trascorso del tempo con la scultura lasciando che l’incontro diventasse ciò che è per i nostri corpi nell’ambiente di casa: una possibilità di ricerca. Nella Pietà Rondanini l’abbraccio tra la madre e il figlio crea un flusso vitale che non ci lascia distinguere dove finisca la vita e inizi la morte; la scultura è diventata per noi una fonte di domande intorno alla relazione tra i nostri corpi». 
«Nascita Aperta è un autoritratto e, nello stesso tempo, la metafora di una relazione che vede due vite legate inscindibilmente», spiega la curatrice Gabi Scardi. «È anche una dichiarazione di adesione alla vita e alla forma, non per ciò che deve essere, ma per ciò che è. Nell’insistere sui corpi, sui gesti, su quei rituali di contatto e di cura, le immagini di Emma Ciceri sono oggettive, esplicite, eppure interiori; interiore è il tempo che impongono, oltrepassando ogni contingenza».«Il rapporto madre e figlia, svelato da Emma Ciceri nelle pieghe di una toccante e intima umanità, è messo a confronto con l’immagine della Madre e del Figlio dell’ultima opera michelangiolesca», dice Giovanna Mori, Conservatrice del Museo della Pietà. «L’artista si esprime con fiducioso abbandono, riuscendo a mettere in evidenza la straordinaria attualità di un capolavoro che Michelangelo ideò senza alcuna committenza, mettendo a nudo la sua anima».

L’opera, che si componeva di due video proiettati in simultanea, è stata allestita in una delle nicchie, anch’esse restaurate, dell’ex Ospedale Spagnolo. «Siamo molto grati alla direzione del Castello Sforzesco per aver reso possibile sia la realizzazione di quest’opera di grande valore umano ed emotivo, sia la sua presentazione in questo spazio contiguo al capolavoro di Michelangelo, così amato da Giovanni Testori», ha detto Giuseppe Frangi, vicepresidente di Casa Testori, l’associazione culturale che ha sostenuto la produzione dei video di Emma Ciceri.
«L’avere individuato una convergenza rispetto alla Pietà Rondanini, con le sue figure drammaticamente fuse anche oltre l’ultimo respiro, dice come la cultura sia costitutiva della memoria individuale e collettiva, e viceversa l’esperienza, anche la più cogente, si sostanzi attraverso immagini assimilate, incorporate» ha concluso Gabi Scardi.

A rischio della vita

di Giovanni Testori
“L’Espresso” 9 novembre 1975

Sull’atroce morte di Pasolini s’è scritto tutto; ma sulle ragioni per cui egli non ha potuto non andarle incontro, penso quasi nulla. Cosa lo spingeva, la sera o la notte, a volere e a cercare quegli incontri? La risposta è complessa, ma può agglomerarsi, credo, in un solo nodo e in un solo nome: la coscienza e l’angoscia dell’essere diviso, dell’essere soltanto una parte di un’unità che, dal momento del concepimento, non è più esistita; insomma, la coscienza e l’angoscia dell’essere nati e della solitudine che fatalmente ne deriva. La solitudine, questa cagna orrenda e famelica che ci portiamo addosso da quando diventiamo cellula individua e vivente e che pare privilegiare coloro che, con un aggettivo turpe e razzista, si ha l’abitudine di chiamare “diversi”. Allora, quando il lavoro è finito (e, magari, sembra averci ammazzati per non lasciarci più spazio altro che per il sonno e magari neppure per quello); quando ci si alza dai tavoli delle cene perché gli amici non bastano più; quando non basta più nemmeno la figura della madre (con cui, magari, s’è ingaggiata, scientemente o incoscientemente, una silenziosa lotta o intrico d’odio e d’amore) e si resta lì, soli, prigionieri senza scampo, dentro la notte che è negra come il grembo da cui veniamo e come il nulla verso cui andiamo, comincia a crescere dentro di noi un bisogno infinito e disperante di trovare un appoggio, un riscontro; di trovare un “qualcuno”; quel “qualcuno” che ci illuda, fosse pure per un solo momento, di poter distruggere e annientare quella solitudine; di poter ricomporre quell’unità lacerata e perduta. Gli occhi, quegli occhi; la bocca, quella bocca; i capelli, quei capelli; il corpo, quel corpo; e l’inesprimibile ardore che ogni essere giovane sprigiona da sé, come se in esso la coscienza di quella divisione non fosse ancora avvenuta, come se lui, proprio lui, fosse l’altra parte che da sempre ci è mancata e ci manca. Mettere di fronte a queste disperate possibilità e a queste disperate speranze íl pericolo, fosse pure quello della morte, non ha senso. Io penso che non s’abbia neppure il tempo per fare di questi miseri calcoli; tanto violento è il bisogno di riempire quel vuoto e di saldare o almeno fasciare quella ferita. Del resto, chi potrebbe segnalarci che dentro quegli occhi, dentro quella bocca, quei capelli e quel corpo, si nasconde un assassino? Nella mutezza del cosmo queste segnalazioni non arrivano; e anche se arrivassero, torno a ripetere che quell’angoscia risulterebbe ancora più  forte e ci vieterebbe d’intendere. Si parte; e non si sa dove s’arriva. Per sere e sere, una volta avvenute l’incontro, l’illusione riprecipita in se stessa. Ma nella liberazione fisica s’è ottenuta una sorta di momentanea requie: o pausa; o riposo. La sera seguente tutto riprende; giusto come riprende il buio della notte. E così gli anni passano. La distanza dal punto in cui  l’unità perduta è diventata coscienza si fa sempre maggiore, mentre sempre minore diventa quella che ci separa dal reingresso finale nella “nientità” delle sue implacabili interrogazioni. Le ombre, allora, s’allungano; più difficile si rende  la possibilità che quell’incontro infinite volte cercato, finalmente si verifichi; più difficile, ma non meno febbricitante e divorante. La vicinanza della morte chiama ancora più vita; e questo più o troppo di vita che cerchiamo fuori di noi, in quegli incontri, in quegli occhi, in quelle labbra, non fa altro che avvicinare ulteriormente la fine. Così chi ha voluto veramente e totalmente la vita può trovarsi più presto degli altri dentro le mani stesse della morte che ne farà strazio e ludibrio. A meno che il dolore non insegni la “via crucis” della pazienza. Ma è una cosa che il nostro tempo concede? E a prezzo di quali sacrifici, di quali attese o di quali terribili e sanguinanti trasformazioni o assunzione di quegli occhi e di quelle labbra?

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