Giovanni Frangi

Sala Testori – Speciale Sky Arte

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Giovedì alle 19,45 su Sky Arte è programmata la prima messa in onda del documentario che racconta l’intervento di otto artisti nel nuovo spazio che il Teatro Franco Parenti ha voluto dedicare a Giovanni Testori.
Lo spazio si affaccia sulla bellissima piscina Caimi, costruita nei primi anni 30 e oggi completamente recuperata grazie ad un intervento di cui si preso cura lo stesso Teatro diretto da Andrée Ruth Shammah. La sala è molto suggestiva, ed è divisa in tre navate da otto pilastri sui quali sono intervenuti gli artisti che hanno generosamente accettato di lasciare un importante segno nel nome di Giovanni Testori.

Si tratta di artisti tutti della stessa generazione, attivi su Milano e che in diverso modo si cono confrontati con la personalità di Testori. Massimo Kaufmann ha regalato una piccola installazione, posata su una lastra di vetro, che è un’interpretazione concettuale dell’Annunciazione. Giovanni Frangi ha fatto crescere un bosco dipinto sul pilastro a lui assegnato, mentre Paolo Iacchetti ha scelto un arabesco, non dipinto ma applicato sul muro; uomini macchia sono quelli dipinti da Alessandro Verdi, sotto il titolo di “forte fragile”; Velasco Vitali ha narrato in metafora la sua storia con testori sui quattro lati del suo pilastro; il minimalismo delicato di Angelo Barone, si confronta con l’intervento “poverista” di Luca Pignatelli: una seggiola la cui seduta è stata forata dal pilastro. Il vitalismo molto testoriano è invece la chiave con cui Marco Cingolani ha affrontato e risolto il suo pilastro.

Lo spazio è stato inaugurato lo scorso 19 settembre in occasione del primo incontro “arte CONTRO la corruzione” promosso da Casa Testori.

Katja Noppes, IL GESTO PROVIENE DA UN LUNGO E LENTO MOVIMENTO MENTALE, IN NIENTE ORDINATO, SOLO PIENO

Stanza 19
Invitata da Giovanni Frangi

Equazione di peso (archivio).
Il mio lavoro ha uno scaffale Archivio che è in continuo processo. Non è un lavoro finito né lo sarà mai, piccoli gesti possono spostare, eliminare o sostituire lo spazio occupato.
Hanno la stessa immediatezza di ciò che facciamo con un semplice clic ogni giorno: è un luogo che ordina e archivia, ma a differenza della macchina il gesto proviene da un lungo e lento movimento mentale, in niente ordinato solo pieno.
Egli ospita opere indipendenti e composizioni non ancora collocate.
Il finito e il processo vengono mostrati allo stesso livello: è una scena del desiderio, una scena d’illusione e anche configurazione della visibilità , della trasparenza inesorabile di tutte le cose.
Un giorno si potrebbe immaginare di svuotarlo e mettere il contenuto in una composizione di varie teche, per un ulteriore processo di transcodifica, in un era tecnologicamente avanzata.
Ma questo è la mia visione utopica nell’archiviare materiale che in un futuro sarà  prezioso come matrice per un altro artificio.
I due lavori esposti nella camera studio di Giovanni Testori provengono da questo Archivio.

Katja Noppes è nata a Starnberg (Monaco di Baviera) nel 1967. Vive e lavora a Milano.

Giovanni Hänninen, CITTÀ INATTESA

Stanza 17
Invitato da Gabriele Basilico

Città inattesa è un viaggio in una città ricostruita con pezzi di Milano dimenticati. Una città dormiente, rannicchiata fra grattacieli e grandi opere. È assemblata con luoghi a volte anacronistici, che sembrano aver esaurito la loro missione. Ma anche con edifici che sarebbero ancora in grado di vivere e servire la cittadinanza. È un puzzle di spazi pubblici che ricompongono virtualmente le esigenze primarie del vivere sociale nel mondo moderno.
Incuria, fallimenti, ragioni economiche, motivi politici, progetti abortiti ancor prima di essere compiuti. Sono molteplici le cause che hanno reso questi edifici invisibili e, spesso, rifugio degli “invisibili”.
Non si tratta di periferie di una città in ritirata, ma luoghi sparsi su tutto il tessuto urbano di una metropoli che sfida il cielo con nuove torri. Una Milano assente, troppo distratta dal cementificare ogni vuoto, per ascoltare i silenzi di edifici in attesa di idee e di coraggio. Luoghi che non chiedono di rimanere uguali a loro stessi, ma che sono pronti a trasformarsi adeguandosi a nuove funzioni.
Una lotta silenziosa quella che devono affrontare. Contro il deterioramento che sbriciola piano piano le loro fondamenta e la natura che, quieta, si riprende gli spazi che le sono stati portati via.

Giovanni Hänninen è nato a Helsinki nel 1976. Vive e lavora a Milano.

Annachiara Lodi, TUTTI QUELLI CHE CADONO

Stanza 12
Invitata da Marco Signorini

Humani nihil a me alienum puto.
Una dozzina di immagini discrete possono parlare più che una lunga convivenza. C’è Amanda Knox, Bill Zeller, Aaron Lee Ralston, ma non denuncia sociale o volontà di intrigare morbosamente l’osservatore.
Sembrerebbe che il triste sguardo di Madre e sposa si posi – patendo con/per – sulle vicende tragiche e contraddittorie di alcuni volti della cronaca, che solo sotto questa pressione svelano una vicinanza a sé inaudita. Uno sguardo che sembrerebbe quasi comprendere la sofferenza del ragazzo sorridente che ha scritto al mondo di essere troppo solo per continuare a vivere, che si strugge davanti al dolore del nostro tempo, ma che allo stesso tempo ha il coraggio di sostenerlo. Ma sarebbe una fine inguardabile, senza avere negli occhi qualcos’altro.
Cadute e ricadute (come quella del base jumper che dopo essere rimasto sotto un masso per 127 ore e aver perso un braccio non desiste dalla sua pratica); ma la libertà  stessa del guardare alla lapidaria negazione di sé da parte di un altro, espressa in All’autore, fa intuire che la causalità  non esiste, perché se si può “morire” per uno sguardo storto, si può anche essere così fortunati da vedere qualcuno che, pur non essendoci più, oggi genera nella vita di quelli che gli stanno attaccati.

Annachiara Lodi è nata nel 1986 a Milano, dove vive e lavora.

Aleksander Velišček, “BENVENUTI IN TEMPI INTERESSANTI”

Stanza 11
Invitato da Andrea Bianconi

Mi piace pensare alle scale che congiungono i due piani di Casa Testori (dove erano collocati i miei dipinti) come metafora dei due piani alla base del mio processo pittorico: l’ostinazione e l’indagine.
La pittura è continua stratificazione materica (l’ostinazione) che si addensa giorno dopo giorno sulla tela, rivelando (come un’indagine) espressioni, concetti e sensazioni di forme e colori. Parafrasando Francis Bacon: “bisogna cercare di impacchettare un sacco di cose in ogni singola pennellata”.
Tra le opere esposte a Giorni Felici si trovava un lavoro paradossale: il ritratto del mio amico Kresnik, un piccoletto a cui voglio gran bene, raffigurato come fosse un gigante di cinque metri. Omaggio necessario a una persona cara con cui ho condiviso gli anni di studio a Venezia.
Il piacere, assieme all’eccitazione e la smaniosa ricerca di successo e popolarità sono invece il fulcro degli ultimi lavori.
L’intenzione era di portare a galla gli stridori vacui della realtà quotidiana. I desideri più irragionevoli del contemporaneo hanno sostituito quelli naturali. Viviamo il nostro tempo come un “teatro dell’assurdo”: ci sentiamo protagonisti e allo stesso tempo estranei al dramma collettivo della società moderna. Parlo di politica e di potere – quello economico certo, ma anche quello mediatico delle immagini, raffigurazioni ormai devote esclusivamente alla mercificazione di massa. Cerco di muovermi come un equilibrista su quella linea sottile sospesa nel vuoto che divide finzione e realtà. Voglio caricare di materia e veleno le tele ed i volti dei miei personaggi, nel tentativo di rendere solidi e pericolosi i miei ideali.

Aleksander Velišček è nato nel 1982 a Šempeter Pri Gorici, (Slovenia). Vive e lavora tra Nova Gorica e Venezia.

Piero Fogliati, LATOMIE

Stanza 8

Ogni cosa in fondo ha il suo centro che va svelato. Noi abbiamo il nostro centro, che però non sveliamo, lo teniamo ben nascosto. La mia è l’essenza delle cose, cioè penetrare all’interno della realtà e cercare di svelarne questi segreti nascosti. Io sono lo scienziato che tradisce la scienza. Vale a dire, io prima mi impossesso di tutti quei mezzi che oggi ho fortunatamente a disposizione e poi la tradisco perché invece che utilizzarla per fare oggetti di consumo, oggetti pratici, io utilizzo tutte le mie conoscenze per indirizzare questi risultati, queste invenzioni per ottenere un fatto estetico.
Piero Fogliati

E mentre lavorava faticosamente ad una pompa di benzina, negli inverni freddi di una città industriale già grande, elaborava di notte i suoi progetti fatti di immaterialità, di leggerezza, la sua speranza di restituire al mondo la sua vivibilità sulla scia di Constant, appunto, di Klein e anche, già, di Calvino, pensando alla sua utopica “Città  ideale”, col suo Tempio della Luce, il suo fiume, le cui acque sarebbero risuonate di nuovi ritmi, le gocce di pioggia avrebbero preso colore, i venti avrebbero creato sculture impalpabili e invisibili ma percepibili dai nostri sensi, i rumori si sarebbero trasformati in suoni…
Lara-Vinca Masini

Piero Fogliati è nato a Canelli (AT) nel 1930.Vive e lavora a Torino.

Agostino Osio, OLTRE ORIZZONTI

Stanza 7

Le immagini presentate fanno parte di un progetto più ampio che ha come protagonisti l’albero e l’orizzonte.
Il primo, nella sua verticalità , si propone come ponte spirituale tra cielo e terra.
Il secondo è indagato come punto di contatto vibrante tra un movimento ascensionale verso il cielo – che nel mio lavoro non è uno spazio secondario – e uno discendente, verso la terra osservata nella sua materia primordiale.
Lo sguardo, che attraversa l’orizzonte, da un lato si ritrae verso una qualche regione di me stesso, dall’altro spazia verso un immaginario alto e intangibile, l’oltre-orizzonte.
L’orizzonte, in quanto spazio di confine e collocato nella metà di ogni immagine, si presenta quindi come la linea mediana e strutturale dei quattro movimenti.
Lungo la linea di confine s’innalza la montagna. La sua base coincide con la terra, con ciò che è materico e manifesto, ma la sua altitudine la consacra a tutto ciò che è alto e si eleva verso uno spazio superiore.
Le fotografie presentate sono il frutto della ricomposizione di più scatti, di 9, 12, 15, 16, 20 o 25 immagini. Questa soluzione è stata dettata da una sfida stilistica, cioè quella di offrire un paesaggio il più vicino possibile all’architettura dell’immagine che solo il grande formato 20 x 25 può restituire.
Agostino Osio

Non direi Orizzonti, ma Incontri.
Gli incontri sono fondamentali per la vita: incroci che sono punti di svolta o prosecuzione di cammini già intrapresi.
L’incontro tra terra e cielo è sempre là, in un punto, su una linea statica.
A volte è la terra che si slancia, a volte è il cielo che scende, basso.
Il punto di contatto è fortemente immobile, senza tempo.
Attilio Maranzano

Agostino Osio è nato nel 1978 a Milano, dove vive e lavora.

Emma Ciceri, 14 DICEMBRE 2010

Stanza 1

Il reale vuole essere l’oggetto della mia ricerca. La relazione con esso si manifesta tramite una continua contemplazione: una prolungata, silenziosa e meditativa osservazione di qualcosa dal suo interno.
Lavoro con gesti semplici di selezione del reale che uniti ricreano una realtà parallela. Mi interessa la vicenda umana, il singolo e la moltitudine.
Sono alla ricerca continua di individualità nella folla, questa è il pretesto per l’osservazione continua e ravvicinata di simili.
Partecipo a raduni, concerti, funerali, manifestazioni con una videocamera in mano. Prendo parte agli eventi mimetizzandomi nella moltitudine, ciò mi consente di indagare i gesti, i corpi, le manifestazioni di piccole tensioni dell’individuo. La folla è il pretesto, l’evento è il contenitore dell’umano da osservare, seguire, registrare; il corpo è l’involucro di un’interiorità che si manifesta.
Tensioni, emozioni assumono forme ed aspetti molteplici nella dialettica tra soggettività e moltitudine, affermazione di sé e appartenenza ad un gruppo.
Emma Ciceri

Il lavoro di Emma Ciceri può rappresentare una replica alla retorica dell’anonimato della grande città .
In occasione di una manifestazione studentesca, Ciceri ha ripreso la piazza e i suoi movimenti, la sua inarrestabile energia.
Con la sua capacità  di cogliere i movimenti e la stasi, la luce che incide e che accentua, con i colori saturi e la dilatazione temporale che immette nel girato, la strada si rivela essere una vitale platea per gli individui.
Ma nelle sue immagini, dei ragazzi che per un attimo emergono tra la folla, notiamo soprattutto l’intensità  sempre unica dell’espressione, gli atteggiamenti concentrati pur nel caos, l’aspetto e i gesti che presiedono agli incontri e alle relazioni, così intimamente connessi a stati emozionali.
Il comportamento sociale si svela nella sua complessità: in parte espressione inconsapevole, plasmata dall’agire collettivo, dal fatto di partecipare ad un grande rito di massa; in parte frutto di cura e di consapevole attenzione: un recitare la propria parte e offrirsi agli sguardi altrui che risponde a codici e a convenzioni, ma può prendere forme bizzarre.
L’effetto è cinematografico, ma senza nulla di aneddotico, di sentimentale.
La microritualità che emerge dal video rientra nel grande, complesso spettacolo della vita quotidiana ed esprime la nostra polifonica società di individui.
Gabi Scardi

Emma Ciceri è nata a Ponte San Pietro (BG) nel 1983.

Giovanni Frangi, PASADENA

«Pasadena è una serie di trenta incisioni dedicate all’Huntington Botanic Garden, una delle più straordinarie ricostruzioni di ambienti naturali del mondo. Si passa dai giardini orientali alle piante del deserto, dai laghi di ninfee, al Shakespeare Garden. Anche quella volta avevo fatto un centinaio di foto a colori, ogni tanto le guardavo, ma non pensavo che sarebbero diventate il mio alfabeto giapponese come quello di un libro che avevo comprato anni fa a New York. Ce l’avevo sempre tra i piedi perché di un formato strano: c’erano delle lettere bianche su un fondo nero che a me sembravano bellissime. Quando ho scoperto il carborundum, la polvere di silicio che si usa sopra la resina ipossidica, ho capito che avevo bisogno di tornare a Pasadenaperché quelle foto non erano abbastanza, avevo bisogno di qualche particolare, di un pezzo di cielo dietro le piante che mi mancava, ma non ci sono ancora tornato e poi la seconda volta non è mai come la prima.»
Giovanni Frangi

«In primo piano c’è un grande spazio libero, dove campeggiano delle chiazze rosa. Qualche macchia scura qua e là, impronte di passi o di zampe, sta ad indicare che la zona non è disabitata. Ma a rompere il silenzio, si potrebbero immaginare solo i fischi delle marmotte, che stanno acquattate dietro i tronchi, come dei vigili. Anche qui qualcosa di violento può essere accaduto, visto che al centro non mancano punti rosso sangue. È pronta la scena per l’Erwartung più luminosa degli ultimi tempi. Mentre non si trova per fortuna, una ragione, né naturalistica né espressionista, per gli schizzi di azzurro in mezzo alla neve; quelli in alto in alto a sinistra potrebbero essere un angolo, un po’ anemico, di cielo. Sui tronchi di questi alberi, ancora una volta percorsi dal pettine, cola, come del caucciù, l’amore per Morlotti: fresco di giornata però. Tanto che a guardarli proprio da vicino, questi tronchi di mille colori sembrano quel che resta di una scatola di gelato alla fine di un pasto, quando i gusti vanno tutti insieme. È questa la natura non indifferente: qui si sente la musica del paesaggio.»
Giovanni Agosti

L’ARTISTA

Giovanni Frangi è nato a Milano nel 1959 dove vive e lavora. Ha studiato all’Accademia di Belle Arti di Brera. Ha iniziato a dipingere molto presto. Del 1983 è la sua prima mostra personale alla galleria La Bussola di Torino. Nel corso di questi anni ha lavorato con diverse gallerie in Italia, in Germania, in Svizzera, in Cina e negli Stati Uniti. Nel 1997 ha vinto il premio della XII Quadriennale romana e ha esposto alla Camera dei Deputati nella Sala del Cenacolo La fuga di Renzo. Nel 1999 ha allestito, al Palazzo delle Stelline di Milano, Il richiamo della foresta, un bosco costituito da 13 tele. Nel 2000 ha iniziato a collaborare con la Galleria dello Scudo di Verona dove ha esposto Viaggio in Italia nel 2000, Take off nel 2004 e Underwater nel 2007. Nel 2004 ha esposto Nobu at Elba nella Scuderie di Villa Panza a Varese. Nel 2006 ha montato due View -masteralla galleria Poggiali e Forconi di Firenze. Nel 2007 ha tenuto la mostra Sassisassi alla Galleria Raphael di Francoforte. Nel 2008 ha esposto per la prima volta Pasadena alla Galleria d’Arte Moderna di Udine e ha realizzato l’installazione Giovanni Frangi MT2425 a Bergamo, per l’Oratorio di San Lupo.