Giorni Felici 2009

Alessandro Roma, UNA COSA COSTRUITA QUANDO MI SVEGLIO

Stanza 12

«Quello che è particolarmente interessante è la posizione che assume lo spettatore di fronte a questi dipinti e collage. Chi guarda il dipinto non vede un soggetto da contemplare ma si immerge in uno spazio da colmare con la propria presenza. Ovvero, non avendo punti di riferimento, se non nei bordi che delimitano il quadro stesso, lo spettatore non può far altro che trovare un proprio percorso all’interno del dipinto, muovendosi a tentoni tra luci abbaglianti e oggetti taglienti, immerso in uno spazio gassoso che si modifica in continuazione.»
Alessandro Roma

«Il lavoro di Alessandro Roma si esplica in un uso particolare di modalità pittoriche, con ricorso a brillanti soluzioni coloristiche, optando per una singolare compresenza di segni astratti e figurativi. Roma, più che dipingere, “impagina” atmosfere, facendo ricorso tanto a stesure pittoriche pure quanto a immagini estratte dai più diversi repertori del passato e del presente e abilmente cucite tra loro. Il risultato è una ricerca polifonica, aperta a diversi stimoli visivi, una pittura che raggiunge a volte la dimensione ambientale, trascendendo il supporto tradizionale del quadro. Un altro sbocco singolare del lavoro di Alessandro Roma è la scultura in carta: fragilissime e complesse costruzioni realizzate con gli stessi ritagli da riviste o altre fonti cartacee che vediamo dialogare, nelle composizioni bidimensionali, con la pittura, costituiscono fino ad ora uno degli sbocchi creativi più interessanti dell’artista.»
Giorgio Verzotti

L’ARTISTA

Alessandro Roma è nato a Milano nel 1977, dove vive e lavora. Si è diplomato nel 2000 all’Accademia di Belle Arti di Brera e ha vissuto un anno in Germania. Ha esposto in numerose gallerie italiane e a Berlino, dove ha tenuto la sua personale presso la Galerie Alexandra Saheb. Nel 2007 ha vinto il IV International Painting Prize Diputacion de Castellon, tenutosi presso il Museo de Bellas Artes de Castellon in Spagna. Ha esposto nel 2007 e nel 2009 alla Biennale di Praga. A New York ha presentato la mostra Snooze presso la Scaramouche Gallery.

Pietro Ruffo, STRATIFICAZIONI

Stanza 10

«Nelle bandiere che disegno, i colori nazionali sono sostituiti con dei teschi di animali. Questi ultimi possiedono un doppio significato: da una parte rappresentano un simbolo d’aggressività con i denti in bell’evidenza e le mascelle aperte. Ma essendo quasi sovrapposti rappresentano la stratificazione di un popolo sul proprio territorio, simili a dei fossili ritrovati sottoterra. L’intento di queste opere non è capire le ragioni dei conflitti, ma piuttosto analizzare il sentimento di autodifesa vissuto da questi popoli quotidianamente, e quindi di rappresentare popoli fortemente stratificati nel loro territorio, dove per sopravvivere hanno bisogno di sviluppare una forma di aggressività.»
Pietro Ruffo

«Teschi e scarafaggi, morte e resurrezione: nulla di politico né di religioso nel lavoro di Ruffo, anche se a parlare sono i simboli di una conflittualità  contemporanea: Hamas, Israele, Stati Uniti o altro, sono legate paradossalmente dalla corruzione del tempo, inevitabile decadenza, percezione di un passato che si lascia alle spalle un vago odore di bruciato, ultima traccia di una combustione, avvenuta all’ombra della dialettica fallita fra identità  e territorialità , fra storia e politica. Ruffo non ci lascia entrare nel recinto privato della sua esistenza, ce la mostra, ma ci esclude. È questo il suo confine, e questo il prezzo della sua coerenza.»
Edoardo Testori

L’ARTISTA

Pietro Ruffo è nato Roma nel 1978, dove vive e lavora. Nella capitale ha tenuto le più importanti mostre personali: nel 2005 la mostra Flag presso la Galleria AKA e nel 2007 Six Nations alla Galleria Lorcan O’Neill. Ha partecipato a numerose collettive in città come Londra, Algeri, Sendai, Berlino, New York. Nel 2006 ha installato un lavoro permanente nei confessionali della chiesa del Santo Volto di Gesù a Roma, collaborando con gli architetti Sartogo e Grenon e, nello stesso anno, ha realizzato un wall painting in collaborazione con i pazienti dell’ospedale psichiatrico di Colmar in Francia. Nel 2008 ha partecipato alla mostra 1988, vent’anni prima vent’anni dopo al Museo d’Arte Contemporanea Pecci di Prato e ha esposto Nothing New Under the Sand presso la galleria Testori U.K. di Londra. Nel 2009 ha tenuto le mostre GRASWEG alla Galleria Lorcan O’Neill di Roma, e Pietro Ruffo al MAR di Ravenna. A Pesaro, presso il Centro Arti Visive Peschiera, ha presentato la mostra Pietro Ruffo, un istante complesso.

Tamara Ferioli, POISONOUS POISE

Stanza 9

«Il corpo è il luogo nel quale si riflettono informazioni sul mio vissuto. Punto d’incontro tra me ed il mondo. Un luogo infestato da ‘fantasmi’ che cerco di smascherare e scoprirne l’identità, al buio, tramite un processo di filtrazione del caos, fino ad ottenere un distillato bianco. Un ossario emozionale. Tutti gli elementi che utilizzo sono simboli radicati nelle mie esperienze, hanno molteplici significati, li scelgo, utilizzo e associo in modo istintivo scoprendone solo successivamente il significato. Niente, alla fine, si rivela casuale. Sono particolarmente legata ai capelli che oltre ad essere i più antichi tessuti dai quali si sono ricavati finora sequenze di DNA, hanno anche il potere di nascondere… Si annodano, abitano la mia casa, assorbono odori. Spesso il resto del nostro corpo si esprime attraverso di essi, forse perché sono all’estremità… Un po’ come la punta per la matita. Il continuo utilizzo di materiali non convenzionali è un disperato tentativo di svelare l’implicito, il non udibile nel suono delle parole, scatole troppo piccole per il sentire. Il solo utilizzo di materiali convenzionali e prefabbricati ad hoc per artisti sarebbe come porre un ulteriore recinto intorno ai miei monologhi e soliloqui interiori, un ostacolo quanto lo è la parola. Se potessi esprimermi parlando lo farei.»
Tamara Ferioli

«Nelle opere di Tamara Ferioli la riflessione intima sul disagio esistenziale si traduce in un disegno delicato, ma incisivo, giocato sulla reiterazione di inquiete figure femminili, sull’inserimento di corpi estranei come capelli umani, macchie di vino o frammenti di carta da parati, elementi disturbanti che, in verità, evidenziano le tracce organiche del vissuto quotidiano. Si tratta di lavori realizzati su tavole ricoperte da strati di carte delicate, quasi trasparenti, usate dall’artista come veli per attenuare l’immediatezza del disegno. Quello di Tamara Ferioli è un tratto che delinea con morbidezza i contorni di enigmatiche, quanto tormentate fanciulle, la cui nudità riflette un senso di vulnerabilità e forse d’inadeguatezza. Nella sua ricerca si avverte, tuttavia, una tensione lirica che sembra attenuare l’apparente imprinting pessimistico, traslando la rappresentazione grafica del vissuto inconscio ed emotivo entro una dimensione fantastica e irreale.»
Ivan Quaroni

L’ARTISTA

Tamara Ferioli è nata a Legnano in provincia di Milano nel 1982. Tra il 2004 e il 2005 ha frequentato l’Ecole des Beaux Arts de Lyon e nel marzo 2006 si è diplomata all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano. Vive e lavora a Milano. La sua produzione artistica si articola attraverso diversi linguaggi espressivi come la scultura, l’installazione, il disegno, le applicazioni su tela. A partire dal 2003 ha esposto in numerose città italiane e nel 2008 a Berlino e a Londra. Nello stesso anno ha tenuto la mostra Enkefalina abreazioni aCute presso la galleria Obraz di Milano.

Annalisa Pirovano, QUELLI DEL PIANO DI SOTTO

Stanza 6

«Quello che mi ha portato verso la pittura è stata l’immensa nostalgia che ogni mattina si rinnova sempre, per la luce dei sogni.»
Annalisa Pirovano

«Pur essendo un’artista dalle conclamate doti tecniche, le sue opere non soggiacciono mai ad una mera sperequazione stilistica ma pongono sempre l’accento sul primato della narrazione, che vede l’ambiente domestico tramutarsi nel muto palcoscenico di psicodrammi in atto o in divenire. La scena, quasi sempre, è costituita da soggiorni o sale da pranzo immortalate dopo il tramonto in un microcosmo claustrofobico affollato da una moltitudine ossessiva di oggetti. Epicentro della sequenza – per usare un’espressione cinematografica – è sempre la figura umana, ora ripresa di spalle ora frontalmente, immersa in una sorta di passiva attesa. Come altri artisti della sua generazione, Annalisa Pirovano ha orientato fin dall’inizio il proprio percorso nel filone dei cosiddetti pittori della realtà. Nel lavoro della Pirovano questo approccio si carica di valenze estetiche e simboliche peculiari che attingono a diversi ambiti: quello della cultura dei media e della cronaca, esplicitato anche attraverso l’uso sapiente delle monocromie, quello un po’ crepuscolare della cinematografia noir (diciamo alla Tarantino), quello della letteratura minimalista americana alla Truman Capote.»
Mimmo di Marzio

L’ARTISTA

Annalisa Pirovano è nata a Erba nel 1978. Ha frequentato il corso di scenografia presso l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, dove vive e lavora. Dalle prime esperienze come scenografa ha scoperto la pittura. Nel 2007 ha partecipato al premio Arte ed è stata selezionata tra i venti finalisti. Nel 2008 ha iniziato una collaborazione con la galleria Obraz di Milano partecipando alla collettiva Lo stato dell’arte. A febbraio 2009 ha inaugurato la sua prima personale I vicini non fanno rumore a cura di Mimmo Di Marzio. Ad aprile ha partecipato alla collettiva Undercover sempre a cura di Mimmo Di Marzio presso la galleria Wannabee di Milano. A maggio è stata selezionata tra i venti finalisti del premio Como Contemporany Art Contest e ha partecipato alla mostra presso la Pinacoteca Comunale di Como.

Gianriccardo Piccoli, SCALE

Stanza 11

«Esistono strane coincidenze di un disegno segreto che si disvela nell’esistente e ne conforta il transito. Avevo realizzato un lavoro su delle stanze ed ecco apparire un tema che le porta misteriosamente a Novate. I due grandi teleri in mostra composti da un doppio telaio riflettono una memoria del mio lavoro sottratta alla superficialità dello sguardo e ridata alla lentezza della contemplazione. Sono flebili garze che allontanano la perentorietà dei ricordi sottostanti dipinti sulla prima tela e vivono solo dell’emozione che inconsciamente vi riaffiora. Sono i quotidiani lari di una fragilità dell’essere confortata da cenni di esili affermazioni disegnative, sovente costruiti come oggetti bisognosi di fiducia nell’esplicarsi del filo di ferro che li costruisce e nella carta velina che amorosamente li protegge. “Un velo di polvere inquieta” ricopre in parte di cera la prima garza e rimanda alla segretezza della visione.»
Gianriccardo Piccoli

«Piccoli è un appassionato trovarobe, sempre alla ricerca dell’oggetto di recupero, abbandonato o solo dimenticato in qualche angolo della casa. Perlopiù sono materiali di nessun valore, ripescati in mezzo al bric à brac che si accumula indisturbato tra gli spazi domestici, poi riempiti di senso in un’orchestrazione messa al servizio di un esile meccanismo narrativo. Una modalità di lavoro che chiama in causa la recente passione di Piccoli per i disegni dei bambini.»
Simone Facchinetti

L’ARTISTA

Gianriccardo Piccoli è nato a Milano nel 1941. Si è diplomato presso l’Accademia di Belle Arti di Brera e ora vive e lavora tra Bergamo e Basilea. Negli anni Ottanta la sua ricerca è diventata più incline all’astrazione e alla sperimentazione tecnico-linguistica, mantenendo il disegno indipendente come costante presenza nel suo lavoro. Nel 1984 ha vinto il premio Feltrinelli e nel 1986 ha partecipato alla Biennale di Venezia. È intervenuto in diverse rassegne allestite in sedi pubbliche e private e gli sono state dedicate alcune antologiche: a Wiesbaden nel 1988, a Tenero e a Monza nel 1990. Ha esposto a lungo in Svizzera, stabilendo un rapporto privilegiato con la Galerie Carzaniga di Basilea. Nel 1995 ha realizzato una Via Crucis per la chiesa di Sant’Agostino a Bergamo, con un allestimento di Mario Botta. Nel corso del 2007 la Galleria dello Scudo di Verona ha organizzato una monografica sulla sua opera recente (2001 – 2007). Nello stesso anno ha realizzato Palinsesto di cenere, monumentale installazione creata appositamente per l’Oratorio di San Lupo a Bergamo. Del 2009 è la sua personale Stanze per Villa Panza a Villa Panza a Biumo.

Massimo Kaufmann, OSSA MEA

Stanza 8

«L’opera d’arte è una risposta ad una domanda che non può essere formulata.»
Massimo Kaufmann

«Che cosa sono queste grandi superfici pittoriche se non una forma esplicita di “eccezione”– se non una messa in questione di questo nocciolo fondativo del fare arte? È a partire da simili suggestioni che dovremmo dire che gli esercizi di Kaufmann costituiscono una nuova forma di domanda: una domanda fatta ne più ne meno che con i mezzi stessi, e la stessa tecnica, del “domandare”. Ciò significa che con questo suo ritorno ostinato alla pittura, Kaufmann ci costringe ad un salto mentale, ad un “esercizio”, che va dunque molto oltre lo “specifico” pittorico: si tratta insieme di abilità di mano e d’occhio, orecchio “musicale”, senso del “ritmo” (temine che in greco significa anche “numero”), ma anche del “rito”, tenuti insieme dall’applicazione rigorosa di una regola e di un metodo, che dobbiamo avere la paziente disciplina di “riconoscere”.»
Marco Senaldi

L’ARTISTA

Massimo Kaufmann è nato nel 1963 a Milano, vive e lavora tra Milano e New York. Ha studiato Lettere e Filosofia presso l’Università degli Studi di Milano. Ha iniziato la sua carriera collaborando con alcune riviste, in particolare Flash Art, per poi affermarsi come esponente di rilievo della generazione artistica dei primi anni ‘90. Ha esposto in numerose gallerie e istituzioni pubbliche italiane, europee e statunitensi, tra le quali: lo Studio Guenzani di Milano nel 1987, 1988, 1992 e nel 1995, Palazzo della Permanente di Milano nel 2001, la Galleria Sperone di New York nel 1994 e il Museo d’Arte Contemporaneo di Nizza nel 1997. Una sua opera è stata recentemente acquistata dal MAMBO di Bologna. La sua pittura più recente si inserisce in un ambito astratto di mappe, reticoli, come città che si sviluppano a dismisura in esplosioni di colore. Nel 2004 ha esposto Apriti cielo, presentando questo nuovo ciclo di lavori nella galleria 1000eventi di Milano. Nel 2006 si è tenuta presso la Galleria Astuni di Pietrasanta la mostra 24 h – Massimo Kaufmann e nel 2007 la Galleria In Arco di Torino, con la quale collabora dal 1991, ha ospitato la mostra Bubbles.