Month: Maggio 2020

Riaperta Casa Testori – Un nuovo Allestimento Testoriano

Sabato 4 luglio, ore 17
Visita guidata con Davide Dall’Ombra,
curatore del nuovo Allestimento Testoriano.
prenotazione obbligatoria a: info@casatestori.it

Una nuova mostra e un nuovo piano dedicato a Giovanni Testori 

Dopo la chiusura causa pandemia, Casa Testori – che attraverso i canali social e web ha continuato a proporre i suoi contenuti culturali – ha riaperto sabato 20 giugno, nel giorno del solstizio d’estate, data emblematica per segnare un nuovo inizio. 

Ad accoglierti è una mostra nuova di zecca, Chang’e-4, a cura di Irene Biolchini, che coinvolge il pian terreno e il giardino in un’esplosione di colore e vita, dove la pittura si trasforma in dipinto, murales, ceramica e tessuto…

La pittura lingua viva è una battaglia per cui Giovanni Testori si è speso fin dagli anni Settanta e Casa Testori era il luogo più indicato per questo canto di gioia della pittura, nonché per una riflessione sull’eternità di questo mezzo artistico. 

Al primo piano, tra la biblioteca d’arte e l’archivio di Giovanni Testori, va in scena un nuovo viaggio nell’opera pittorica, drammaturgica, narrativa e critica del padrone di Casa, con inediti e nuove acquisizioni.

In totale sicurezza, potrai accedere a Casa Testori.

Ti aspettiamo!
Lo staff di Casa Testori

Apertura della casa e della mostra: dal 23 giugno al 25 luglio e dal 25 agosto al 13 settembre 2020
Ingresso: libero
Orari: Dal martedì al venerdì: 10.00-13.00 | 14.30-18.00 – sabato: 14.30 – 19.30. Chiusa domenica e lunedì 

HAI DUBBI? SCRIVICI: info@casatestori.it

CHANG’E-4

Eemyun Kang e Alessandro Roma
A cura di Irene Biolchini
Casa Testori
23 giugno – 12 settembre 2020

CHANG’E-4
Irene Biolchini

Nel gennaio 2019 la missione cinese Chang’e-4 dava la notizia della prima foglia di cotone germogliata sulla luna. Le immagini scattate ritraggono una natura verdissima, solitaria, in mezzo all’oscurità dominante. La foglia prende vita in questo silenzio assoluto, nell’intimità di uno spazio confinato – il contenitore appoggiato al suolo lunare – in pieno contrasto con lo Spazio che la circonda. Una foglia-lingua stesa al suolo, destinata a morire perché la notte lunare, e le sue temperature in- compatibili con la vita del germoglio, la uccideranno dopo un solo giorno. 
Da anni la ricerca di Eemyun Kang ed Alessandro Roma si muove su questo crinale: nella riproduzione di una natura che non è solo quella esteriore, ma che è rifugio incerto, messa in discussione delle certezze. Non è quindi un caso che Eemyun Kang, descrivendo una delle sue serie più ambiziose e complesse, Fungal Land (iniziata nel 2006) dichiari: “Volevo che i bordi della tela non corrispondessero più con quelli della pittura così che lo spettatore possa viaggiare da un dipinto al successivo. Fungal Land può essere considerato come uno spazio visto durante stagioni diverse, durante diversi momenti del giorno, o da diversi punti di vista. Le pennellate si trasformano in funghi, acqua, aria o rimangono semplicemente le pennellate stesse all’interno del quadro”. L’incontro tra figurazione e astrazione si consuma sul crinale della pratica pittorica, il movimento della mano precede il senso e guida alla creazione di forme più o meno riconoscibili. Lo spettatore si trova davanti a forme più o meno note, che però sfuggono alla rappresentazione in senso stretto e si aprono a nuove possibili letture. Ritorna alla mente il lavoro di Alessandro Roma, da sempre affascinato da una natura che non è necessariamente accogliente e benigna, ma un terreno fatto di complessità, rispetto al quale il gesto dell’artista si imposta come una lotta tra interno ed esterno, tra strati e colore. Una pittura che supera il bordo e il limite, come nella sua serie di collages, che interrogano i pieni e i vuoti e che l’artista porta avanti in Form in transitions (del 2018) esposti in mostra: una serie di tessuti che si assiepano davanti ai nostri occhi, tramite i cui fori vediamo sgorgare segni che sono assenze, porzioni di cotone mangiate dalla candeggina con cui l’artista dipinge. 
La pittura si spinge oltre il margine della cornice, verso lo spettatore. Si dona nelle sue contraddizioni, in una dualità che, nel caso di Eemyun Kang, avvolge anche il soggetto: i funghi, sostanze commestibili e letali al tempo stesso. Descrivendo questo periodo della sua carriera, l’artista di origini coreane ricorda che dipingeva molte ore nel silenzio della notte, in uno stato di sospensione in cui lei sola – unica sveglia – poteva entrare nel territorio ambiguo della creazione di queste forme potenzialmente mortifere. Ascoltandola tornano alla mente le lunghe passeggiate di Alessandro Roma nella campagna lombarda, nelle risaie paludose contemplate nel silenzio dell’alba. Come se per entrambi la solitudine e il silenzio fossero un momento creativo inalienabile. Come se quelle solitudini, spesso vissute anche in città molto diverse da quella natale – un certo nomadismo accomuna le vite di entrambi – potessero essere il punto di partenza. 

Continua all’interno del catalogo

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Chang’e-4 fa parte di Pocket Pair, un ciclo di mostre coordinato da Marta Cereda avviato da Casa Testorinel 2018. Il titolo del ciclo riprende un’espressione del gioco del poker che indica la situazione in cui un giocatore ha due carte, di uguale valore, e deve scommettere su di esse. Allo stesso modo, i curatori scommettono su talenti emergenti, due artiste/i dal pari valore, per dar vita a una bipersonale di elevata qualità, allestita al pian terreno di Casa Testori dove sono liberi di incontrarsi, anche all’interno delle singole stanze, di farsi visita, di dialogare da vicino.

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Emma Ciceri, Ester e Matteo – Solletichiamo la stessa terra, accarezziamo lo stesso cielo

Come sempre il limite m’invita a ripensare il senso della vastità. 
Abitiamo dentro il confine di una casa con una quercia che con i suoi rami aperti è ospitale.
Seguiamo il suo cammino dondolando, abitiamo la sua ombra.
Noi tre raccontiamo il tempo dello stupore, dello stare, della vicinanza.
Dondolare, osservare, porsi domande sono il solletico di queste giornate.

Emma Ciceri

Ester Maria Negretti e Berenice – La prima opera

Berenice ha 8 mesi e si può dire che sia nata nello studio di pittura di mamma Ester. Appena nata ha fatto le impronte dei suoi piedini sul muro della cameretta e giocato con la pasta modellante per avere un ricordo delle piccole manine, ma oggi ha realizzato la sua prima opera d’arte usando i colori di mamma e alcuni dei fogli appartenuti all’opera Didascalie di Garutti esposta nel 2012 al Pac. 
Curioso è vedere anche l’interpretazione di queste frasi che hanno completato la gestualità della piccola Berenice e aperto nuove strade compositive a Ester Negretti che ha seguito le geometrie casuali dei fogli sparpagliati dalla figlia. Papà Maurizio ci ha assistito realizzando il video.

Ester Maria Negretti, Berenice Camponovo, Maurizio Camponovo

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Ester Maria Negretti, (Como, 1978). Vive e lavora a Como.

Alla scoperta di Peterzano con il curatore della mostra

Avremmo voluto portare gli amici di Casa Testori a vedere la mostra di Simone Peterzano, il maestro di Caravaggio, guidati da uno dei curatori, Francesco Frangi. Non è stato possibile, anche perché Bergamo si è trovata nell’epicentro del ciclone Covid-19. Però Frangi ha voluto regalarci questa visita virtuale, sala per sala. Una visita che restituisce bene il fascino e anche l’importanza della mostra. Il percorso è della durata di poco più di un’ora. Buona visita!

Gosia Turzeniecka, Moreno e Maelle – La città dei ragazzi

Moreno ha 8 anni e Maelle 6. Ho preparato loro stampini realizzati con le patate. Con uno scalpello ho inciso disverse sagome di animali. I ragazzi li hanno inchiostrati con acquerello e stampati sulla carta. Successivamente hanno dipinto a mano libera sulla stessa carta immaginando questi animali che invadono la città.Gli stampini fatti di patata non durano tanto quindi, prima di buttarli, ci siamo procurati degli indumenti e li abbiamo decorati. Per gli indumenti abbiamo usato colori per la stoffa e ed eccoci pronti per la nostra nuova collezione primavera/estate 2020!
Gosia Turzeniecka

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Gosia Turzeniecka (Opoczno, 1974.). Vive e lavora Torino.

Nebojša Despotovic, Erica, Mia e Emma – Le armate del lavoro colorate

“Noi come perfezione utilitaria” Kazimir Malevič

In questo periodo così assurdo abbiamo dovuto improvvisare infinite distrazioni per impiegare il nostro tempo. Questa è solo la prova di uno di questi piccoli progetti. In particolare, ho voluto mostrare proprio questa giornata perché, in qualche modo, mi sembra completa, assolutamente utopistica e astratta. Rappresenta un’azione in sviluppo, molto vicina a un Bauhaus casalingo improvvisato. Una piccola rivoluzione dietro l’angolo.

Treviso, 12.05.2020

Giovanni Frangi e Benjamin – Back To School

Questo lavoro scaturisce da dei ricordi belli ma anche frustranti per entrambi. Inizia un po’ tutto durante le scuole medie, che ormai sembrano un secolo fa. Ho appena cambiato scuola, dalla International School of Milan alla Sir James Henderson School, oggi conosciuta meglio come British School of Milan. 

In questa nuova scuola, l’arte e il disegno era considerato molto importante, il livello era già molto alto e non era sicuramente una materia da prendere sotto gamba. Un caso? Chiedete al papà. Mi ricordo ancora una delle prime lezioni. Iniziavamo a lavorare sui disegni di prospettiva. I miei compagni sembravano tutti molto tranquilli, io per intenderci ancora oggi nel 2020 disegno le persone in stile “stick man”, dunque potete immaginare l’imbarazzo data la mia abilità artistica…

Mi ricordo che ogni settimana dovevamo completare un disegno, spesso raffigurando una natura morta o oggetti vari come bicchieri, vasi o frutti. Il papà all’epoca non si era ancora arreso e allora decise di insegnarmi a disegnare. Il tentativo durò approssimativamente 10 minuti. 

È a quel punto che il papà si rese conto della mia incapacità di disegnare, seguita dai miei classici attacchi di isteria verso il mondo dell’ arte. Per questi motivi, per evitare insufficienze e imbarazzi personali (la mia professoressa d’arte sapeva del lavoro di papà) decise di aiutarmi in modo drastico. Insomma, in poche parole, i disegni me li faceva lui.  

Ogni volta che consegnavamo i disegni, la professoressa giudicava tutti i lavori davanti a tutta la classe e dava uno per uno un voto da 1 a 5 (5 come impegno massimo) per impegno e A-F (A come voto migliore e C come sufficienza  per la realizzazione del disegno). Incredibilmente, i disegni fatti da papà non prendevano mai più di C/B. Come impegno però prendeva sempre 5, che alla fine suonava più come una presa per culo che altro.

Con il passare delle settimane vedo mio padre impegnarsi sempre di più, non capendo perché il 60% della classe prendesse voti più alti dei miei/suoi disegni. Come scusa diceva che non voleva farli troppo bene per fare sembrare che il disegno fosse mio, ma ogni settimana ci metteva più tempo a completare il disegno. Ed è perché si misurava con la sua inabilità nel fare un disegno preciso, con calma e precisione. Non penso di avere mai visto mio padre frustrato come quando cercava di disegnare una pera e un vaso sotto una lampada accesa. 

A 16 anni feci il mio primo tatuaggio, una fenice abbastanza semplice. Anche in questo caso chiesi al papà di farmi un disegno, però ancora una volta la sua incapacità nel disegnare con precisione mi ha costretto ad arrangiarmi in altri modi.


Quando il papà mi raccontò di questo progetto Artist & Son, non ci ho messo molto a farmi venire un’idea. I lavori che a scuola ci chiedevano di fare erano molto simili allo stile di Maurits Escher, artista famoso per i suoi disegni in matita dove esplora dimensioni/luci diverse ma con una precisione per i dettagli molto significativa. Penso che nel mondo dei tatuaggi, lo stile di Escher si possa definire surrealismo, ma potrei sbagliarmi! Per questo ho voluto sfidare nuovamente il papà, per riportarci un po’ indietro, quando fisicamente eravamo vicini ma mentalmente lontani. Magari far uscire di nuovo quella maledetta frustrazione che avvolgeva mio padre mentre cercava di azzeccare le ombreggiature del disegno. 

Dunque gli ho proposto un lavoro, destinato a diventare un tatuaggio, ispirato all’opera “l’autoritratto allo specchio” di Escher che mostra una mano molto dettagliata che tiene una palla riflettente. Questo lavoro mi ricorda molto quei giorni nelle medie ed è molto simile alla tipologia di stile dell’albero della vita che ho tatuato sulla coscia. Preciso che anche questo tatuaggio non è disegnato dal papà.

Gli ho chiesto di concentrarsi sulla mano, rispettando i criteri di giudizio che avevo avuto a scuola; provenienza della luce, ombre giuste, profondità giusta, sfumatura giusta e cosi via. Visto che già la mano sarà una bella sfida abbiamo accordato che gli avrei dato un po’ di spazio sulle figure nella mano. Gli ho chiesto di aggiungere dei bolli, tre per essere precisi. Un bollo raffigurando uno stick man, uno con sopra un cavalletto e un altro con un albero, stile Frangi, senza regole e senza ragione.

Oggi siamo spesso lontani fisicamente, però più che mai spiritualmente uniti. Abbiamo imparato ad apprezzare ciascuno le proprie passioni in modo equilibrato. D’altronde, con il tempo e con un pizzico di maturità in più, ho imparato che a quel mondo dell’arte, che ancora capisco a stento, devo tutto e che alla fine della giornata non scambierei mai “autoritratto allo specchio” di Escher per un bosco di papà. Chissà che questa non sia la volta buona per un nuovo tatuaggio made by Frangi o ancora meglio made by the Frangis.”
Benjamin Frangi


Giovanni Frangi (Milano, 1959), Vive e lavora a Milano

Alessandro Scarabello, Ulisse e e Iside – Bestiari e Maschere

I momenti che sto vivendo in casa con i miei figli Ulisse e Iside sono caratterizzati da un’intermittente e concentrata produttività artistica. Ci ritroviamo durante la giornata a comporre immagini attraverso l’utilizzo di diversi mezzi e materiali. Tutto avviene in modo casuale.

 La tendenza, a parte mia figlia di tre anni, che si accanisce sulla figura del cerchio, è quella di disegnare e dipingere maschere e in particolare bestiari. Mio figlio di otto anni ha sempre avuto la passione per i dinosauri, i rettili e i mostri. Riesce con grande naturalezza a far coesistere le tre cose insieme. Pian piano si sta avvicinando alla fantascienza e mi chiede spesso informazioni su alcuni film di cui ha sentito parlare, in particolare Alien. Rimango sorpreso perché senza aver mai visto “l’alieno”, in qualche modo ne riesce a intuire in anticipo le forme e a catturarne l’espressività. Quando iniziamo delle cose a due mani, decido presto di lasciarlo fare perché la voglia di osservarlo mentre disegna è più forte. Spesso attingo dal suo repertorio signico per trovare suggestioni che faccio confluire nella mia ricerca pittorica. Cerco realmente di imparare da lui. 

Le cose più significative che fa o che facciamo insieme, finiscono poi attaccate ai muri o su altre superfici verticali sparse per la casa.  
Alessandro Scarabello 

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 Alessandro Scarabello (Roma, 1979) vive e lavora tra Bruxelles e l’Italia

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