Month: Giugno 2009

Paolo Maggis, YOU ARE MY FACE

Stanza 19

«Ho sempre dipinto ritratti. È da quando ero giovane, da quando avevo sedici anni circa. Sono ossessionato dalle “facce”. Sono ossessionato dalle parti emergenti e dalle rientranze, dai colori e dalle ombre… E dai movimenti. Un piccolo tic, una deformazione, un movimento rapido e a scatti degli occhi; solo l’atto qualcuno che legge era motivo per me di osservare questi movimenti animali. Il movimento di un volto è come un documentario di squali, gli stessi movimenti a scatti, semplicemente più contenuti. E poi i movimenti delle narici, soprattutto quando uno aveva il raffreddore, meglio di qualsiasi museo. Il naso rosso vermiglione di un raffreddato è sempre stato motivo di eccitazione e tutt’oggi rimane uno dei miei colori preferiti. L’unica cosa che non mi è mai piaciuto osservare è una persona piangere… Mi innervosisce, rende tutto meno interessante, più falso. Mi piacciono i volti che nascondono un segreto… Mi piacciono le cose che non si possono catturare.»
Paolo Maggis

«Nessuno prende più la pittura per quello che è stata per secoli: rappresentazione di temi particolari che diventano più o meno universali grazie alla maggiore o minore efficacia del linguaggio adottato.
Maggis è uno dei pochi che la intende e la usa in questo modo, e prima ancora che guardando le sue tele lo si capisce dall’olimpica serenità  che mostra nell’illustrarle a qualche visitatore: il soggetto è questo, l’ho dipinto perché mi piaceva l’immagine che ho trovato altrove o perché mi emozionava di per sé, l’ho dipinto in questo modo perché mi pareva più vicino al carattere di quel che stavo dipingendo… E così via.
»
Marco Meneguzzo

L’ARTISTA

Paolo Maggis è nato a Milano nel 1978. Si è diplomato all’Accademia di Belle Arti di Brera e dal 2005 al 2008 ha vissuto a Berlino. Attualmente vive e lavora tra Barcellona e Milano. Terminati gli studi ha elaborato un linguaggio pittorico molto personale. Generalmente le sue composizioni partono da istantanee fotografiche di coetanei, parenti o bambini colti nella loro quotidianità e rielaborate attraverso una pittura con forte carattere espressionista. Ha esposto in numerose gallerie italiane ed estere, in particolare: nel 2004 alla Galerie Binz & Krämer e alla Beaker Gallery di Tampa in Florida. Nel 2005 ha tenuto la mostra Dieci di te al Museo della Permanente di Milano e per due anni consecutivi, 2006 e 2007, ha esposto alla Galeria Metropolitana di Barcellona. Nel 2008 ha partecipato all’Olympic Fine Arts di Pechino e ha esposto Tohuwabohu alla Gesellshaft der Freunde Junger Kunst a Baden in Germania.

Fulvia Mendini, VOLIERA

Stanza 18

«L’enigma della bellezza lo scopro nella natura.
Vorrei fissare il mistero e la grazia dei fiori sulla tela.
Mi piacerebbe trasmettere l’aroma di un gelsomino, di una rosa e di una violetta.
Inseguo forme e colori che appartengono alle ali delle farfalle e alle piume degli uccelli.
Il ramo di un albero in fiore diventa un piccolo universo smaltato in cui esprimere sogni e desideri.
»
Fulvia Mendini

«I lavori di Fulvia Mendini sono sempre caratterizzati da un linguaggio lineare e sintetico altamente decorativo, in cui si avvertono influssi del grafic design, dell’illustrazione e della tradizione artigianale dell’Arts and Crafts. I fiori, gli insetti e gli uccelli che compaiono nelle sue opere funzionano come i lemmi di un vocabolario visivo originale, nel quale si fondono echi della cultura artistica orientale e occidentale. L’artista utilizza questi segni come moduli per comporre delicati arazzi floreali, che evocano sia le luminose strutture circolari dei rosoni delle chiese cristiane, sia le impertinenti architetture di sabbia e riso dei mandala tibetani.»
Ivan Quaroni

L’ARTISTA

Fulvia Mendini è nata nel 1966 a Milano dove vive e lavora. Dopo aver studiato illustrazione e grafica all’Istituto Europeo di Design ha iniziato una ricerca pittorica e decorativa personale, approfondendo in particolare il mondo della natura e del ritratto. Ha esposto le sue opere al Grand Palais di Parigi, all’Expo International di Taejon in Corea, alla Triennale di Milano e in molte altre gallerie italiane ed europee. Nel 2009 ha partecipato alla Biennale di Praga. Ha realizzato delle ceramiche a Vietri, e per Yoox ha disegnato una collezione di borse. È presente nella collezione permanente al Byblos Art Hotel di Verona con alcuni dipinti e sue opere musive sono installate nelle stazioni della nuova metropolitana di Napoli.

Marco Cingolani, LA STANZA DELL’OBBEDIENZA

Stanza 17

«Il basic istinct dell’artista è cambiare la pittura. A cambiare i soggetti e le immagini ci pensa già la società, cambiare la pittura è difficile, per questo ci vuole l’artista. Così il Pittore diventa Associato di Dio nel mistero della creazione.»
Marco Cingolani

«Marco Cingolani è un pittore che per tutta la vita ha posto la sua esistenza sotto il segno e il peso di una manualità vorticosa costante, al servizio di una pittura che non ha mai rinunciato ad avere un suo peso specifico. Un peso grave regge la pittura di Cingolani fatta di spessori e pennellate dense, di colori cupi e di materie forti. Egli cerca di costruire un mondo tattile dell’immaginario, dove le figure acquistano una tridimensionalità fatta interamente di pittura, carne, pelle incorporate dentro l’alveo del quadro. Perché il quadro è l’alveo specifico dentro cui si muovono le immagini, corposamente rimpinguate dalla sostanza del segno e del colore. Una pittura cosmica afferra i singoli particolari e li cala dentro il flusso del colore come continuo divenire.»
Achille Bonito Oliva

L’ARTISTA

Marco Cingolani è nato a Como nel 1961 e si è trasferito a Milano giovanissimo, dove ora vive e lavora. Ha studiato all’Accademia di Belle Arti di Brera. Ha esordito nel 1989 alla Galleria Diagramma di Milano con la mostra Liquidare Duchamp. Nel 1993 ha esposto nella mostra Pentagono presso la Galleria Mazzoli di Modena, galleria con la quale stabilisce uno stretto rapporto di collaborazione che si riconferma con due esposizioni personali: Terra e cielo da sempre uniti nel 1995 e Di che colore sono? 51 quadri nuovi sui colori del Potere nel 2007. Dopo aver partecipato a numerose mostre collettive tra cui Una scena emergente nel 1991 al Museo Pecci di Prato e Due o tre cose che so di loro al PAC di Milano nel 1998, gli sono state dedicate importanti mostre antologiche presso prestigiose istituzioni pubbliche quali: Big – Bang a Palazzo Strozzi a Firenze, Stropicciarsi gli occhi alla Promotrice delle Belle Arti di Torino nel 2002 e La lunga notte di Paparazzo a Palazzo della Ragione a Mantova nel 2003. Artista molto attivo nel contesto culturale italiano, nel 2004 ha ideato una serie di mostre intorno al titolo SenzaSenza FamigliaSenza FreniSenza TruccoSenza DubbioSenza VeliSenza Tempo, allestite in spazi pubblici e in gallerie private organizzate con la volontà di riflettere sulla attuale situazione dell’arte. L’ultima personale Marco Cingolani, Percorsi della fede, si è tenuta nel 2009 presso la Boxart Gallery di Verona. Tre sue grandi opere sono state esposte nel padiglione italiano della Biennale di Venezia nel 2009.

Giovanni Agosti, OCCUPATI, TUTTI E DUE

Stanza 16

«Dai buchi delle serrature di due vecchi bagni contigui, in cui da tanti anni nessuno più si lava, si possono osservare – con prevista difficoltà – due differenti immagini. È una trovata storica, dalle numerose occorrenze, senza nulla di originale. Il suo apice novecentesco è l’Étant donnés di Marcel Duchamp, a Filadelfia, ma nella genealogia personale ci stanno anche le cappelle dei Sacri Monti delle Alpi e, naturalmente, i View-Master recenti di Giovanni Frangi. Niente adolescenti guardoni, niente Malizia. Nel bagno chiaro una manciata di giocattoli, come reduci dal cestone di un autogrill ma non mancano gli animaletti della Steiff, risponde all’“Adulto, mai” (e alla fascinazione conseguente per chi riesce a esserlo); nel bagno buio un proiettore di diapositive riproduce un dettaglio retroilluminato della Camera di Psiche di Giulio Romano a Palazzo Te, che sembra quasi un De Chirico della maturità. Anche stavolta insomma l’azione risulta una ricerca in direzione del “chiarimento delle mie ragioni espressive”
Giovanni Agosti

«Anatomie della melanconia, labirinti di ambiguità, estasi enumeratorie, peripezie picaresche, imbandigioni di citazioni, schidionate, pentoloni, millefoglie, fuochi artificiali! Cioè il trionfo conviviale di una forma frammentaria “strategica” e “tattica”, spalancata a urti i venti. L’opposto di un Thomas Mann che anche nel romanzo-saggio chiude tutti i discorsi, tutte le virgolette, tutte le parentesi
Alberto Arbasino

L’ARTISTA

Giovanni Agosti è nato a Milano nel 1961. Dal 2000 insegna Storia dell’Arte Moderna all’Università degli Studi di Milano, dopo avere lavorato per molti anni nelle Soprintendenze per i Beni Storici e Artistici di Mantova e di Firenze. Si è occupato principalmente della tradizione classica nella cultura figurativa italiana, delle relazioni tra artisti e letterati, del Rinascimento nell’Italia Settentrionale. Ha scritto, tra l’altro, Bambaia e il classicismo lombardo (1990), La testoriana di Brescia (1997), Disegni del Rinascimento in Valpadana (2001), Su Mantegna I. La storia dell’arte libera la testa (2005). Nel 2008 ha curato, insieme a Dominique Thièbaut, la mostra Mantegna al Museo del Louvre e ha pubblicato Giovanni Frangi alle prese con la natura, un libro che testimonia la possibilità di scambi creativi tra un critico e un artista. L’opera di Agosti si delinea come un ripensamento dei rapporti tra storia dell’arte, mondo della cultura e società italiana, in una fusione di saperi e di stili che mette implicitamente in discussione i canoni della Storia dell’Arte.

Mauro Maffezzoni, 3D

Stanza 15

«Sono un creatore ostinato: questa mia ostinazione, che può tradursi più semplicemente in “testa dura”, fa parte del mio carattere, ma si è rafforzata sicuramente quando ero un atleta. Ero un campione di canoa, nella mia squadra c’erano campioni del mondo, campioni europei e italiani, io ero campione italiano e facevo parte della squadra nazionale, il nostro dovere, che è una specie di primo comandamento per un atleta, diceva di non arrendersi mai e io, con tutti quei campioni come modello, ho sempre applicato questo motto anche quando ho appeso la pagaia al chiodo e mi sono dato all’arte. Ho mantenuto una mentalità atletica, non so se funziona, ma a me sta bene così, lavoro costantemente per tenermi allenato, alleno la mente per mantenerla duttile e fresca. Ogni mio quadro, ogni mia scultura è una performance atletica, come una corsa di 500 o 1000 metri in C1 (canoa canadese olimpica, la mia imbarcazione, una vera opera d’arte). E la canoa è anche un simbolo di movimento, bisogna conoscere il fiume, saper leggere l’acqua corrente per saperla risalire o per evitare i giri d’acqua o sfruttare al meglio la sua forza. Io nell’arte sono un canoista che viaggia e si perde nelle sue acque, seguo le correnti o le risalgo, viro di forza e faccio scatti improvvisi. Mi diverto.»
Mauro Maffezzoni

«Ritroviamo i concetti di “shuffle” e di “playlist” nella ricerca artistica di Mauro Maffezzoni che dipinge tutto ciò che colpisce la sua fantasia, senza nessun apparente criterio selettivo: un paesaggio visto dal treno, un’immagine di moda trovata in una rivista, un celebre dipinto del passato, un episodio di cronaca oppure una pubblicità. Per questo artista, dalla visionarietà onnivora, non c’è nulla che non meriti di essere riportato su tela. Un altro termine musicale, che spesso ricorre nell’opera di Maffezzoni, è quello di “cover”. L’artista infatti spesso ri-dipinge quadri celebri di maestri della storia dell’arte. Come avviene per le cover musicali, in cui vecchie canzoni vengono riprese e ri-arrangiate, ‘glorie pittoriche’ del passato sono riscoperte e riproposte secondo un criterio apparentemente casuale, come se sortissero da un juke-box della storia dell’arte. L’opera di Maffezzoni può essere definita rizomatica (che concepisce lo sviluppo del sapere umano come un’espansione orizzontale, interconnessa e multidiscilinare) poiché non predilige nessun oggetto in particolare, nessuno stile, nessun trend, e invece accoglie al suo interno tutti i soggetti, i generi, gli stili e le epoche
Alessandra Galasso

L’ARTISTA

Mauro Maffezzoni è nato a Rovereto nel 1960. Ha studiato presso l’Accademia di Belle Arti di Brera e ora vive e lavora tra Milano e Cremona. Nel 2006 ha esposto Cover Cremonesi presso il Museo Civico Ala Ponzone di Cremona e nel 2007 ha tenuto la mostra Painting shuffle presso la Galleria Luisa Delle Piane di Milano. Il suo lavoro si è sempre indirizzato verso una pittura di cover, di vedute e immagini strane da cui la sua fantasia è colpita. Qui presenta per la prima volta le sue sculture.

Studio Azzurro, DUE LAI

Stanza 14

«Le riprese di questo video nascono curiosamente per una esigenza di casting. Eravamo all’inizio della preparazione del nostro film Il Mnemonista e ci siamo sempre immaginati Sandro Lombardi come naturale interprete. Sandro lo conoscevamo dai tempi dei Magazzini Criminali, c’eravamo sfiorati molte volte anche per dei lavori comuni, e non ci siamo mai staccati dall’idea che il personaggio principale di quel progetto che da tempo coltivavamo non potesse essere che lui. La rappresentazione dei Due Lai al Piccolo Teatro di Milano era dunque l’occasione, dopo il suo assenso al progetto, di avvicinarsi al suo mondo: sperimentare il suo viso, la sua voce, penetrare attraverso i suoi gesti nella visionaria interpretazione. L’occhio della telecamera perlustrava le espressioni più impercettibili, indagava ogni potenzialità, ogni battito di poesia. Tutto pensando al nostro film, ritagliando la sua immagine unicamente dentro la nostra scena immaginata. Di Testori, di questo Testori, non ci eravamo ancora accorti. Ma fu proprio Sandro a renderci inevitabile quest’incontro. La sua trasfigurazione non poteva prescindere da quel testo, non poteva che indurci ad ascoltare le parole, a scivolare dentro quegli accostamenti esplosivi, ad apprezzare la straordinaria immaginazione che prendeva forma. Grazie Sandro per averci introdotto a lui e per la tua impagabile prova nel Mnemonista.
Piacere Testori di averti conosciuto così.»
Studio Azzurro

«Le opere di Studio Azzurro mettono lo spettatore a confronto con un modello di universo che non è più quello descritto dalla scienza, perché ordine e disordine, semplice e complesso, vivente e inerte, non sono più contrapposti, come pure le antagonistiche polarità dell’artistico e dell’extra-artistico, del realismo e dell’astrazione; i valori dell’uomo e della natura, della morale e della bellezza sono componenti essenziali del loro lavoro.»
Valentina Valentin

GLI ARTISTI

Studio Azzurro è un ambito di ricerca artistica che si esprime con i linguaggi delle nuove tecnologie. È stato fondato nel 1982 da Fabio Cirifino (fotografia), Paolo Rosa (arti visive e cinema) e Leonardo Sangiorgi (grafica e animazione).

Alessandro Roma, UNA COSA COSTRUITA QUANDO MI SVEGLIO

Stanza 12

«Quello che è particolarmente interessante è la posizione che assume lo spettatore di fronte a questi dipinti e collage. Chi guarda il dipinto non vede un soggetto da contemplare ma si immerge in uno spazio da colmare con la propria presenza. Ovvero, non avendo punti di riferimento, se non nei bordi che delimitano il quadro stesso, lo spettatore non può far altro che trovare un proprio percorso all’interno del dipinto, muovendosi a tentoni tra luci abbaglianti e oggetti taglienti, immerso in uno spazio gassoso che si modifica in continuazione.»
Alessandro Roma

«Il lavoro di Alessandro Roma si esplica in un uso particolare di modalità pittoriche, con ricorso a brillanti soluzioni coloristiche, optando per una singolare compresenza di segni astratti e figurativi. Roma, più che dipingere, “impagina” atmosfere, facendo ricorso tanto a stesure pittoriche pure quanto a immagini estratte dai più diversi repertori del passato e del presente e abilmente cucite tra loro. Il risultato è una ricerca polifonica, aperta a diversi stimoli visivi, una pittura che raggiunge a volte la dimensione ambientale, trascendendo il supporto tradizionale del quadro. Un altro sbocco singolare del lavoro di Alessandro Roma è la scultura in carta: fragilissime e complesse costruzioni realizzate con gli stessi ritagli da riviste o altre fonti cartacee che vediamo dialogare, nelle composizioni bidimensionali, con la pittura, costituiscono fino ad ora uno degli sbocchi creativi più interessanti dell’artista.»
Giorgio Verzotti

L’ARTISTA

Alessandro Roma è nato a Milano nel 1977, dove vive e lavora. Si è diplomato nel 2000 all’Accademia di Belle Arti di Brera e ha vissuto un anno in Germania. Ha esposto in numerose gallerie italiane e a Berlino, dove ha tenuto la sua personale presso la Galerie Alexandra Saheb. Nel 2007 ha vinto il IV International Painting Prize Diputacion de Castellon, tenutosi presso il Museo de Bellas Artes de Castellon in Spagna. Ha esposto nel 2007 e nel 2009 alla Biennale di Praga. A New York ha presentato la mostra Snooze presso la Scaramouche Gallery.

Pietro Ruffo, STRATIFICAZIONI

Stanza 10

«Nelle bandiere che disegno, i colori nazionali sono sostituiti con dei teschi di animali. Questi ultimi possiedono un doppio significato: da una parte rappresentano un simbolo d’aggressività con i denti in bell’evidenza e le mascelle aperte. Ma essendo quasi sovrapposti rappresentano la stratificazione di un popolo sul proprio territorio, simili a dei fossili ritrovati sottoterra. L’intento di queste opere non è capire le ragioni dei conflitti, ma piuttosto analizzare il sentimento di autodifesa vissuto da questi popoli quotidianamente, e quindi di rappresentare popoli fortemente stratificati nel loro territorio, dove per sopravvivere hanno bisogno di sviluppare una forma di aggressività.»
Pietro Ruffo

«Teschi e scarafaggi, morte e resurrezione: nulla di politico né di religioso nel lavoro di Ruffo, anche se a parlare sono i simboli di una conflittualità  contemporanea: Hamas, Israele, Stati Uniti o altro, sono legate paradossalmente dalla corruzione del tempo, inevitabile decadenza, percezione di un passato che si lascia alle spalle un vago odore di bruciato, ultima traccia di una combustione, avvenuta all’ombra della dialettica fallita fra identità  e territorialità , fra storia e politica. Ruffo non ci lascia entrare nel recinto privato della sua esistenza, ce la mostra, ma ci esclude. È questo il suo confine, e questo il prezzo della sua coerenza.»
Edoardo Testori

L’ARTISTA

Pietro Ruffo è nato Roma nel 1978, dove vive e lavora. Nella capitale ha tenuto le più importanti mostre personali: nel 2005 la mostra Flag presso la Galleria AKA e nel 2007 Six Nations alla Galleria Lorcan O’Neill. Ha partecipato a numerose collettive in città come Londra, Algeri, Sendai, Berlino, New York. Nel 2006 ha installato un lavoro permanente nei confessionali della chiesa del Santo Volto di Gesù a Roma, collaborando con gli architetti Sartogo e Grenon e, nello stesso anno, ha realizzato un wall painting in collaborazione con i pazienti dell’ospedale psichiatrico di Colmar in Francia. Nel 2008 ha partecipato alla mostra 1988, vent’anni prima vent’anni dopo al Museo d’Arte Contemporanea Pecci di Prato e ha esposto Nothing New Under the Sand presso la galleria Testori U.K. di Londra. Nel 2009 ha tenuto le mostre GRASWEG alla Galleria Lorcan O’Neill di Roma, e Pietro Ruffo al MAR di Ravenna. A Pesaro, presso il Centro Arti Visive Peschiera, ha presentato la mostra Pietro Ruffo, un istante complesso.

Tamara Ferioli, POISONOUS POISE

Stanza 9

«Il corpo è il luogo nel quale si riflettono informazioni sul mio vissuto. Punto d’incontro tra me ed il mondo. Un luogo infestato da ‘fantasmi’ che cerco di smascherare e scoprirne l’identità, al buio, tramite un processo di filtrazione del caos, fino ad ottenere un distillato bianco. Un ossario emozionale. Tutti gli elementi che utilizzo sono simboli radicati nelle mie esperienze, hanno molteplici significati, li scelgo, utilizzo e associo in modo istintivo scoprendone solo successivamente il significato. Niente, alla fine, si rivela casuale. Sono particolarmente legata ai capelli che oltre ad essere i più antichi tessuti dai quali si sono ricavati finora sequenze di DNA, hanno anche il potere di nascondere… Si annodano, abitano la mia casa, assorbono odori. Spesso il resto del nostro corpo si esprime attraverso di essi, forse perché sono all’estremità… Un po’ come la punta per la matita. Il continuo utilizzo di materiali non convenzionali è un disperato tentativo di svelare l’implicito, il non udibile nel suono delle parole, scatole troppo piccole per il sentire. Il solo utilizzo di materiali convenzionali e prefabbricati ad hoc per artisti sarebbe come porre un ulteriore recinto intorno ai miei monologhi e soliloqui interiori, un ostacolo quanto lo è la parola. Se potessi esprimermi parlando lo farei.»
Tamara Ferioli

«Nelle opere di Tamara Ferioli la riflessione intima sul disagio esistenziale si traduce in un disegno delicato, ma incisivo, giocato sulla reiterazione di inquiete figure femminili, sull’inserimento di corpi estranei come capelli umani, macchie di vino o frammenti di carta da parati, elementi disturbanti che, in verità, evidenziano le tracce organiche del vissuto quotidiano. Si tratta di lavori realizzati su tavole ricoperte da strati di carte delicate, quasi trasparenti, usate dall’artista come veli per attenuare l’immediatezza del disegno. Quello di Tamara Ferioli è un tratto che delinea con morbidezza i contorni di enigmatiche, quanto tormentate fanciulle, la cui nudità riflette un senso di vulnerabilità e forse d’inadeguatezza. Nella sua ricerca si avverte, tuttavia, una tensione lirica che sembra attenuare l’apparente imprinting pessimistico, traslando la rappresentazione grafica del vissuto inconscio ed emotivo entro una dimensione fantastica e irreale.»
Ivan Quaroni

L’ARTISTA

Tamara Ferioli è nata a Legnano in provincia di Milano nel 1982. Tra il 2004 e il 2005 ha frequentato l’Ecole des Beaux Arts de Lyon e nel marzo 2006 si è diplomata all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano. Vive e lavora a Milano. La sua produzione artistica si articola attraverso diversi linguaggi espressivi come la scultura, l’installazione, il disegno, le applicazioni su tela. A partire dal 2003 ha esposto in numerose città italiane e nel 2008 a Berlino e a Londra. Nello stesso anno ha tenuto la mostra Enkefalina abreazioni aCute presso la galleria Obraz di Milano.