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Sarah Mazzetti, IL GIGANTE UMBERTO DELLA CROCE

Bonvesin ha tramandato le gesta di alcuni personaggi che fecero grande Milano. Tra essi ha ampio spazio una figura particolare, quella di Uberto della Croce, famoso per la propria forza: «Egli aveva tanta forza quanta in tutto il mondo la cui forza non ha mai trovato l’uguale nel mondo, né allora né poi, se ne poté trovare l’uguale in qualche uomo». 
Il nostro autore non si limita e riporta le testimonianze delle gesta di quest’uomo straordinario, che – racconta – fermava con le braccia cavalli in corsa, mangiava trentadue uova in un solo pasto e, seppur tenuto fermo con una corda da dodici uomini, era in grado di muoversi liberamente. Uberto della Croce non è solo modello per le virtù fisiche, ma anche per quelle morali, visto che «raramente faceva sfoggio della sua forza in pubblico senza una ragione precisa; mai si dice che, approfittando della sua forza, abbia oltraggiato gli altri; era cortese con tutti». 

Sarah Mazzetti ha trasformato il gigante in una colonna portante di Casa Testori, con un tratto brut e colori primari, che ne enfatizzano le dimensioni.

Giacomo Bagnara, ELEGANZA DEI GUERRIERI

«In quale altra città al mondo si potrà infatti trovare un popolo così splendidamente armato di armi di ferro? Non lo si troverà certamente mai o raramente». 

Bonvesin racconta l’eleganza dei guerrieri milanesi, attraverso la descrizione meticolosa del loro equipaggiamento, del «luccichio delle armi, loriche, corazze, lamiere, elmi, elmetti, cervelliere di ferro, collari, guanti, gambali, femorali e ginocchiere, lance di ferro, aste, spade, pugnali, clave, scudi».
La qualità degli uomini in combattimento trova espressione nello splendore delle armature, che si fanno rappresentazione della superiorità milanese sul campo di battaglia: «cavalieri superiori a tutti gli altri non solo per nobiltà di stirpe, ma per dignità di vita e valore in guerra, quali si convengano a tanta e tale città». 
Giacomo Bagnara ha restituito il brulichio del campo di combattimento, usando l’espediente della carta da parati per rappresentare la moltitudine di cavalieri e fanti, mentre lo sfondo giallo rende il contesto più luminoso.

Jacopo Rosati, ACQUA E ACQUE

«Considerata in rapporto alla sua posizione, la nostra fiorentissima città è famosa perché situata in una bella, ricca e fertile pianura, dove il clima è temperato e fornisce tutto quanto è necessario alla vita umana, tra due mirabili fiumi equidistanti, il Ticino e l’Adda: non senza ragione essa assunse il nome di Mediolanum, come a dire che si trova come una lingua in mezzo ai due fiumi». 

Così scrive Bonvesin e, nel corso del testo, ripete in innumerevoli passaggi l’importanza dell’acqua per la vita della città. Jacopo Rosati ha usato la tecnica che lo caratterizza, il taglio di sagome in feltro, per illustrare un elemento tanto difficile da rappresentare. La scelta del feltro era legata anche alla fabbrica della famiglia Testori che qui abitava e che tuttora produce filtri e feltri industriali.

Libero Gozzini, LA SCROFA

«Alcuni stranamente affermano che prese il nome di Mediolanum
da un porco che vi fu trovato con il dorso coperto di lana
». 

La leggenda della scrofa semilanuta è attestata dal IV secolo dopo Cristo: il nome Mediolanum deriverebbe da questo animale, visto in sogno da colui che, secondo Livio, fu il mitico fondatore delle città, il principe gallo Belloveso. Si sarebbe trattato di una scrofa di cinghiale con la particolarità di avere il pelo molto lungo sulla parte anteriore del corpo.
La scrofa semilanuta è rappresentata su un capitello del Palazzo della Ragione.
Nella sua interpretazione di un simbolo tanto antico, Libero Gozzini ha abbinato la tecnica tradizionale del bassorilievo in gesso con un tratto molto più pop, dato dai colori delle linee metropolitane meneghine e dal richiamo dell’ago e filo, riferimento sia alla “città della moda” sia alla scultura Ago, Filo e Nodo di Claes Oldenburg e Coosje van Bruggen in piazza Cadorna.

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ANNI ’80

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Dai primi anni Ottanta Testori ebbe un ritorno alla pittura antica, che lo portò a collezionare pochi ma importanti dipinti che conservò fino agli ultimi anni nella sua camera da letto al secondo piano. Il pian terreno, ad eccezione di due dipinti di Gaudenzio Ferrari e Fra Galgario, era interamente occupato dalle opere di giovani pittori lanciati da Testori; tra loro i “Nuovi Ordinatori” e in particolare Klaus Mehrkens, Thomas Schindler ed Herman Albert e i “Nuovi Selvaggi”, primo fra tutti Rainer Fetting.

ANNI ’70

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vallorz alain
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Negli anni Settanta la casa di famiglia si riempì principalmente con le opere di tre artisti contemporanei con i quali Testori ebbe un rapporto d’amicizia e che devono gran parte della loro fortuna ai suoi saggi critici: Josè Jardiel, Willy Varlin e Paolo Vallorz. Praticamente ogni parete venne spartita tra questi tre pittori di cui Testori possedette decine di quadri. Non mancavano tuttavia opere dei maestri del Novecento, alcuni dei quali allora praticamente sconosciuti in Italia, come Richard Gerstl, gli esponenti della Nuova Oggettività , Francis Gruber e Francis Bacon.

ALTRO

MENDINI INCONTRA GLI ILLUSTRATORI DI TICTIG

In data 12 giugno 2015, i designer Alessandro Mendini e Fabio Novembre hanno fatto visita alla mostra TICTIG. La meravigliosa Milano di Bonvesin de la Riva e incontrato gli artisti.

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