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sdisOrè di Giovanni Testori

con Michele Maccagno
musiche composte ed eseguite dal vivo da Emanuele Nidi
regia di Gigi Dall’Aglio

sdisOrè (si dice Oreste) ripercorre la strada della riscrittura delle grandi tragedie, già  sperimentata con Ambleto, Macbetto e Edipus. L’Orestea di Eschilo diventa qui materia plasmabile da reinventare radicalmente, per affidare ad un narratore monologante il tormento di Oreste, Orestes,Ore’, e le voci e i corpi di Clitennestra, Egisto e Elettra. Punto focale del testo e’ la parola incarnata che esprime la sua potenza generando ogni volta una lingua nuova: sostanzialmente una lingua” lombarda” dove però il dialetto e’ solo uno degli ingredienti, il polo d’attrazione al quale si legano lingue vive e inventate.

Le prove aperte si svolgeranno a Casa Testori. Sabato 16 gennaio, ore 20:30; Domenica 17 gennaio, ore 18:00; Lunedi 18 gennaio, ore 20:30
ingresso libero, perenotazione obbligatoria per posti limitati a: info@casatestori.it | 02.36589697

Lo spettacolo verà  poi portato in scena allo Spazio Tertulliano dal 20 gennaio al 24 gennaio.

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Regala a Natale le nostre viste guidate

ecco le prossime visite guidate:

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con Stefano Bruzzese
Sabato
9 gennaio, ore 17:15
Galleria D’Italia (piazza della Scala, Milano)

Il percorso espositivo segue una successione cronologica, che rievoca insieme la vita e il percorso creativo del grande pittore: dagli anni della formazione tra Venezia e Roma, ancora nell’ambito del Neoclassicismo, sino all’affermazione, a Milano, come protagonista del movimento Romantico e del Risorgimento accanto a Verdi e Manzoni, con i quali ha contribuito all’unità  culturale dell’Italia.

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Adolfo Wildt (1868-1931). L’ultimo simbolista.
con Paola Zatti (conservatore responsabile della Gam)
Domenica 24 gennaio, ore 17.00
Gam (Galleria d’Arte Moderna, Via Palestro 16, Milano)

La mostra intende porsi al centro di un percorso storico-artistico allargato alla città  di Milano, che valorizza  tutte le testimonianze wildtiane ancora esistenti attraverso un itinerario tematico diffuso, con visite guidate realizzate in collaborazione con il Touring Club Italiano e appuntamenti diapprofondimento condivisi anche con il FAI, Fondo Ambiente Italiano.

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Gauguin. Racconti dal paradiso.
con Giuseppe Frangi

Domenica 7 febbraio, ore 16:30
Mudec (Museo delle Culture, Via Tortona 56, Milano)

La mostra, che presenta circa 70 opere, può contare su alcuni prestiti eccezionali, per la prima volta in Italia: Autoritratto con Cristo Giallo del Musèe d’Orsay di Parigi che testimonia la fascinazione di Paul Gauguin per l’arte “primitiva” e si mostra come manifesto della sofferenza e della lotta dell’artista per l’affermazione della propria visione artistica e Mahana no atua (Giorno di Dio) dell’Art Institute of Chicago.

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14D33 Scarpette San FedeleArte Contemporanea a San Fedele
con Padre Dall’Asta, direttore del Centro San Fedele e coordinatore del progetto.
Marzo,orario da definire,
San Fedele, Via Hoepli 3b, Milano

Una delle più importanti chiese di Milano, oggetto di interventi di arte contemporanea internazionale.
Non solo la grande ceramica di Fontana e la sua celebre Via Crucis, ma i recenti interventi di Jannis Kounellis (nella cripta), di Claudio Parmiggiani, David Simpson e Nicola De Maria, fino al raccolto museo attiguo, che espone opere di Joel Meyerowitz, Ettore Spalletti, Mimmo Paladino e Lawrence Carroll.

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costo di 4 visite 80 euro; costo visita singola 25 euro;
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4 professori per 4 beni

Quattro incontri di alta formazione per fare un regalo ai volontari impegnati nella valorizzazione dei più importanti gioielli del Nord Milano. Ma anche quattro appuntamenti rivolti a tutti: perchè questi beni sono patrimonio di ciascuno. E volontari culturali, si diventa!

Quattro docenti di altrettante università  assicureranno un approfondimento unico sulla storia e le bellezze del Bene, mettendosi a disposizione per domande e approfondimenti.

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20 settembre, ore 15:00
La chiesa di vetro a Baranzate
Giulio Barazzetta
Politecnico di Milano
Introduce: Lorenzo Margiotta
Giulio Barazzetta, architetto e professore di Progettazione Architettonica al Politecnico di Milano, ha seguito direttamente il complesso lavoro di restauro della cosiddetta Chiesa di Vetro di Baranzate, Nostra Signora della Misericordia, di cui illustrerà  le eccezionali peculiarità  architettoniche e i motivi delle decisioni intraprese. Introdurrà  l’incontro l’intervento di Lorenzo Margiotta, ricercatore in Storia dell’Architettura, che contestualizzerà  la chiesa di Baranzate nell’azione del Cardinal Montini, futuro Paolo VI: personaggio chiave nel rinnovamento architettonico della Chiesa nel Novecento.

La chiesa di vetro, via Conciliazione 22/24, Baranzate (MI)

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17 ottobre, ore 16:00
Casa Testori a Novate
Davide Dall’Ombra
Università  Cattolica di Milano

Davide Dall’Ombra, docente di Storia della Critica d’Arte all’Università  Cattolica di Milano e direttore di Casa Testori, ha pubblicato numerosi studi temateci e bio-bliografici sulla figura e l’opera di Giovanni Testori. Negli ultimi anni ha approfondito, anche grazie all’affidamento di alcune tesi di laurea, la storia di Casa Testori come crocevia culturale decisivo per la cultura del Novecento e interessante insediamento abitativo legato alla storia produttiva del territorio.

Casa Testori, Largo Angelo Testori 13, Novate Milanese

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25 ottobre, ore 11:00
Villa Litta a Lainate
Alessandro Morandotti
Università  degli Studi di Torino

Alessandro Morandotti, professore di Storia dell’Arte Moderna all’Università  degli Studi di Torino, è autore della più importante monografia dedicata a Villa Litta, frutto di decenni di studi. Le sue approfondite ricerche sull’ambiente borromaico e sulla committenza delle Ville di Delizia permetterà  agli intervenuti di compiere un viaggio sicuro e affascinante nella storia ed evoluzione architettonica e artistica della Villa, con uno sguardo ampio e argomentato sul contesto culturale in cui s’inserisce un miracolo di bellezza come Villa Litta.

Villa Lainate, Largo Vittorio Veneto 12, Lainate MI

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22 Novembre, ore 11
Villa Arconati a Castellazzo
Giovanni Agosti
Università  degli Studi di Milano

Giovanni Agosti, professore di Storia dell’Arte Moderna all’Università  degli Studi di Milano, con una serie di pubblicazioni e mostre, sta indagando la produzione figurativa lombarda – Vincenzo Foppa, Bramantino, Bernardino Luini, Giovanni Serodine… – e zone culturali come il Rinascimento Ticinese. Difensore acceso del Patrimonio artistico e artefice di affascinanti ricostruzioni storiche, Agosti presenterà  al pubblico un percorso avvincente sull’evoluzione anche recente di Villa Arconati: dai fasti Settecenteschi, alla spietata dispersione dei suoi arredi e opere mobili: una delle pagine più incresciose nella storia della tutela del patrimonio artistico lombardo sullo scorcio del Novecento.
Villa Arconati, Castellazzo di Bollate, Bollate (MI)

Per info vai sul gruppo facebook:
Volontari per la cultura Milano N.O.

Ingresso libero e aperto a tutti

Vi aspettiamo direttamente nel bene oggetto dell’incontro.

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No name – Luca fiore

di Luca Fiore

Nasce a Milano. Per 14 anni ha vissuto provvisoriamente a Lugano dove ha fatto il giornalista per quotidiano svizzero. Poi è tornato nella sua città  dove lavora per bellissimo mensile. Il tratto distintivo della sua personalità  è la pigrizia, virtù che cerca di coltivare. La cosa che gli riesce meglio è dormire. A volte scatta delle fotografie. Da un po’ di anni ha un blog a cui non ha ancora saputo dare un nome interessante e che, provvisoriamente, si chiama “NO NAME”

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Incipit – Fabio Pierangeli

di Fabio Pierangeli

“L’unica gioia al mondo è cominciare. E’ bello vivere perchè vivere è cominciare, sempre, ad ogni istante. Quando manca questo senso – prigione, malattia, abitudine, stupidità – si vorrebbe morire.” (Pavese)

La prima parola entrando nell’universo di un grande autore è la gratitudine, scriveva Eliot all’inizio della sue riflessioni su Dante. La seconda commozione, quando un gesto, un sorriso, un lavoro, un dolor di uomini ci sorprendono. Un nuovo inizio. Questo  desideriamo comunicare, attraverso delle citazioni che ci hanno colpito perchè indicano una passione per la realtà :

Non sbaglierà , nonostante tutti gli errori, chi avrà  voluto bene alla realtà , ossia alla Creazione. […] Basta amare la realtà , sempre, in tutti i modi, anche nel modo precipitoso e approssimativo che è stato il mio. Ma amarla. Per il resto, non ci so precetti. (Giovanni Testori).

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Premio Giovanni Testori – Seconda Edizione – I vincitori

Giornata di premiazione  13 dicembre 2015, ore,
Teatro Franco Parenti (Via Pier Lombardo 14, 20135 Milano)
Programma:
16:30 – 18:30: Officine di studio a cura dei vincitori per le due sezioni Arti figurative e Letteratura
19:00: Tavola rotonda Milano/Sodalizi nell’Arte e Proclamazione dei vincitori
21:00: Fabrizio Gifuni legge Il Dio di Roserio di Giovanni Testori
A chiusura della seconda edizione del Premio  Testori, Fabrizio Gifuni leggerà  il primo capitolo de Il Dio di Roserio, un testo al valico  tra letteratura e arti figurative  che ben rientra nel disegno del Premio.
Anna Banti parlava di cubismo della scrittura, riferendosi agli spezzoni di immagini che si scavalcano l’una sull’altra, come accade delle proprie percezioni quando invece che andare a piedi si corre in bicicletta. E come le immagini i tempi e gli stadi della mente sospesa tra sanità  e demenza del gregario caduto, il Consonni.

Ingresso libero con prenotazione
Informazioni: Comitato di gestione – Premio Giovanni Testori II Edizione
m. 339 41 88 367 | comitatodigestione@premiogiovannitestori.org

Per Il Dio di Roserio 
Prenotazioni; biglietteria Teatro Franco Parenti
t. 02 5999 5206 | www.teatrofrancoparenti.it

Il Premio
In collaborazione con Associazione Giovanni TestoriFondazione Corriere della Sera, Piccolo Teatro di Milano, Pinacoteca di BreraTeatro Franco Parenti, che hanno segnato la carriera milanese dello scrittore, nasce il progetto Premio Giovanni Testori: contributo allo sviluppo della scrittura contemporanea, al valico tra le arti – letteraria e figurativa – e alla conoscenza di Giovanni Testori, uno dei grandi protagonisti della scena culturale del €˜900.

Il premio Giovanni Testori ha cadenza biennale ed è suddiviso in due sezioni:

Per le arti figurative – Premio  destinato a un testo di critica d’arte (saggio storico artistico, saggio di critica d’arte con apertura narrativa, progetto di una mostra, serie di cartelle con schede scientifiche e tavole riferite all’opera di un artista)– Premio destinato a una tesi di laurea o di dottorato in storia dell’arte.

Per la letteratura  – Premio destinato a un testo letterario in lingua italiana o in dialetto (racconto, romanzo, componimento poetico, saggio di critica letteraria, sceneggiatura cinematografica, copione teatrale, libretto d’opera, traduzione, senza preclusione di generi come era l’officina di Testori) – Premio destinato a una tesi di laurea o di dottorato in letteratura italiana.

Ecco i vincitori della prima edizione,

per l’arte:
– ex-aequo: Benedetta Brison con il testo Il cantiere della Storia di Milano e sei articoli del giovane Giovanni Testori e Nicola Trezzi con il testo Il posto giusto al momento giustoLa nuova frontiera dell’arte performativa;
– Roberto Cara con la tesi Ricerche sulla mostra di Leonardo da Vinci (Milano, 9 Maggio –  22 Ottobre 1939).

Per la letteratura:
– Mimmo Borrelli con il testo La Madre ’I figlie so’ piezze ’i sfaccimma;
– Alice Spinelli con la tesi Per un Tasso «conzat de straz». Il Goffredo “alla bergamasca” di Carlo Assonica: saggio di edizione critica con annotazioni linguistiche e stilistiche.

Ultimo Studio, Meditazione su Lotto di Gianriccardo Piccoli

A uno dei maggiori artisti contemporanei, è dedicata la mostra “L’ultimo studio. Gianriccardo Piccoli. Meditazioni su Lotto” che l’Associazione Testori presenta a Bergamo, al Palazzo della Ragione, dal 26 agosto al 4 ottobre.

18 settembre ore 17, visita guidata con Giuseppe Frangi, per prenotazione info@associazionetestori.it

Dopo Loreto, dove la mostra ha fatto la sua prima tappa, l’esposizione giunge a Bergamo dove, insieme alle trenta opere di Gianriccardo Piccoli, ci sarà  anche il Libro di Spese Diverse manoscritto autografo di Lorenzo Lotto, conservato in originale presso l’Archivio storico della Santa Casa di Loreto e concesso eccezionalmente in prestito a Bergamo per questa mostra. Le tele, di cui otto di grande dimensione e impatto, insieme ad altri dipinti e alcuni dei disegni più significativi, indagano il rapporto di Piccoli con Lotto nella fase in cui, dopo una vita di riconoscimenti, di successi, ma anche di cocenti umiliazioni soprattutto raccolte nella sua città , aveva deciso di chiudere la sua esistenza come oblato nel convento della Santa Casa di Loreto, dove morì nel 1556 circa.

Un finale di esistenza nel cono d’ombra della cella conventuale, lontano dai centri in cui si trafficavano le grandi cose dell’arte. Quali pensieri, quali attese potevano attraversare la mente e il cuore di un grande artista come Lorenzo Lotto negli ultimi anni della sua vita? La scelta di Lotto di ritirarsi a vita conventuale è uno di quei fatti misteriosi in cui tutti vorremmo scavare, per capire, per sapere di più. Invece dobbiamo fare i conti con quei magri indizi che Lotto stesso ci ha lasciato, notizie riportate con sistematicità  nel Libro di Spese Diverse: voci di spese, con notazioni scarne. Eppure quello sfondo così spoglio può essere spunto sufficiente perchè un artista di oggi possa mettere in moto l’immaginazione e provare a entrare pudicamente nell’anima del Lotto.

È questo il tema del lavoro di Gianriccardo Piccoli, che da una terra che fu tanto importante per la storia di Lotto, quella bergamasca, si è messo in dialogo con l’anima di quell’artista tanto lontano nel tempo, ma tanto affine al nostro tempo. Il lavoro di Piccoli è un viaggio dentro quegli oggetti evocati da Lotto nel suo Libro di Spese Diverse; un tentativo di immaginare attraverso quegli indizi seminati sui fogli dei registri, quali pensieri e immagini passassero per la testa del maestro giunto all’epilogo della sua vita. Piccoli non poteva fare a meno di confrontarsi anche con il “testamento spirituale” di Lorenzo Lotto, la Presentazione di Gesù al Tempio, universalmente riconosciuta come l’opera ultima del veneziano prima della sua morte, avvenuta a Loreto, presumibilmente nel 1556

TENER VIVO IL FUOCO, SORPRESA DELL’ARTE CONTEMPORANEA

Un progetto di Casa Testori
A cura di Davide Dall’Ombra, Luca Fiore, Giuseppe Frangi e Francesca Radaelli
Meeting di Rimini
20-26 Agosto 2015

UN SOLO TEMPO: IL PRESENTE
Giuseppe Frangi

Partiamo da un dato statistico: mai nella storia dell’uomo abbiamo avuto tanta produzione artistica come in questo nostro tempo. Mai ci sono stati altrettanti artisti, non solo come quantità assoluta (che sarebbe logico visto che siamo in sette miliardi sulla terra) ma anche come percentuale di persone che hanno scelto l’arte come propria strada. Perché c’è tanta voglia e tanto bisogno di arte? E come mai proprio in una stagione come la nostra, in cui la logica utilitaristica sembra sempre quella vincente? Sono domande per le quali vale la risposta che si diede Gio Ponti, raccontando un bellissimo aneddoto. Immaginava che Dio ricevesse alla fine dei tempi gli uomini ad uno ad uno, compiacendosi del proprio – suo di Dio – lavoro e di ciò che aveva creato. Quando dopo tutte le infinite professioni si presentò un artista, Dio restò interdetto. Perché, che gli uomini potessero essere artisti, era cosa che neanche lui aveva previsto. Ma invece che indispettirsi si compiacque ancor di più di quelle sue creature che avevano sorpreso il loro stesso creatore, facendo qualcosa che neanche Lui aveva messo in preventivo. Cosa suggerisce questo aneddoto? Che l’arte è l’attività che fa balzare l’uomo oltre se stesso, che è lo spazio dell’imprevisto, del non necessario, del gratuito. È il luogo in cui il desiderio che muove l’uomo in ogni istante della sua vita, tenta di oggettivarsi in una forma, in una parola. 
È la stessa cosa da sempre, dal tempo delle incisioni rupestri di Lascaux sino ad oggi. Così come non c’è un tempo senza arte, non c’è neppure un codice che assicura sulla bontà dell’arte. Come ha detto Damien Hirst, uno dei fenomeni dell’arte contemporanea, personaggio insieme da scandalo e da copertina: «L’arte è vera se capisci qualcosa dell’essere vivi che non avevi mai capito prima». 
Una cosa certa è che l’arte non può mai essere uguale a se stessa, deve accettare sempre il rischio del nuovo, del non detto prima. Anche a costo di fallire, di deragliare clamorosamente rispetto alla sua natura. C’è un’altra caratteristica dell’arte: conosce solo un tempo, ed è il tempo presente. Questo vale per sempre, nel senso che anche quando guardiamo una grande opera del passato, questa non è grande per statuto, ma è grande perché fa vibrare le corde del nostro presente, secondo uno sguardo che non è quello di nessun altro tempo della storia. E il presente dell’arte non è solo ideale, interiore, soggettivo. È anche oggettivo: The Artist Is Present si intitolava una straordinaria performance che ha emozionato centinaia e centinaia visitatori al MoMa di New York nel 2010. Marina Abramović, questo il nome dell’artista, per tre mesi è rimasta seduta davanti ad un tavolo, relazionandosi, soltanto a sguardi, con i visitatori che ad uno ad uno si sedevano di fronte a lei: 1565 persone per un totale di 700 ore di performance. Un’esperienza umanamente ed emotivamente intensissima, in cui l’artista consegnandosi allo sguardo dell’altro, in un certo senso “dandosi”, toccava qualcosa che aveva a che fare con il destino suo e di chi aveva di fronte. 
L’artista oggi è difficilmente personaggio nell’ombra, perché i meccanismi mediatici sono molte volte parte integrante del suo agire. È personaggio che spesso è chiamato a scoprire tutto se stesso, a mettere a nudo la propria vita, come aveva fatto Tracey Emin, esponente della Young British Art, con un’opera dall’impatto mediatico clamoroso e dall’aspetto sconcertante: nient’altro che il suo letto sfatto, dopo essere stato “abitato” dal proprio corpo per quattro giorni, dominati da un istinto mortifero. Poi quando se ne è sottratta, ha visto in quella forma che racconta il potenziale disfacimento della vita un’immagine forte, una forma “scolpita” dalla vita stessa; dalla sua vita. 
Ci si può chiedere a buon diritto come guarderanno quel letto gli uomini del prossimo secolo, che cosa ne vedranno. Ma l’idea che l’orizzonte di un artista sia quello di vincere il tempo, oltre che vagamente superba, è figlia di una retorica accademica che l’arte contemporanea ha avuto il pregio di spazzare via. 
L’arte è uno strumento di relazione non pianificata con gli uomini di questo tempo. È un linguaggio che arriva a toccare corde profonde, con modi e tempi non preventivabili. Quando dal suo studio in Cina Ai Weiwei ha concepito l’installazione per il carcere ora in disuso di Alcatraz ha realizzato un’opera che si è rivelata un gesto risarcitorio, altamente poetico e quindi molto umano: l’aver riempito di delicatissimi fiori di ceramica bianca lavabi, vasche e anche water del carcere, suona come un omaggio a tutto l’umano che lì è stato profondamente umiliato. Quando Ron Mueck, scultore australiano di straordinaria abilità, monumentalizza le figure di due anziani bagnanti, compie un gesto profondamente spiazzante proprio perché carica di emotività e di commozione una situazione esteticamente non appetibile, e perché rimette al centro del fare arte l’eterno tema del corpo. È il tema su cui ha ossessivamente ed esplosivamente lavorato in tutti questi anni Jenny Saville, artista inglese. Lei che ha rovesciato sulle tele masse di fisicità strabordanti, una volta attraversata l’esperienza della maternità ha saputo raccogliere questa energia nella narrazione di una relazione: quella tra il suo corpo e i corpi dei suoi figli. 
Il corpo entra in campo, per metafora, anche nella potente installazione di Anish Kapoor, artista indiano naturalizzato inglese. Con Shooting into the Corner (2008-2009) un cannone spara palle di cera rossa, materia quasi organica e grumo di sangue, contro un angolo della stanza, con una ritmicità implacabile, con violenza sorda e calcolata. L’effetto è impressionante, senza essere affatto teatrale. Un altro tipo di violenza è quella proposta da Alberto Garutti: una violenza luminosa, che abbaglia per far scattare una dimensione di meraviglia. Le 200 lampade che s’accendono ad ogni caduta di fulmine sul territorio italiano sono invito ad aprire una breccia nelle nostre menti, troppo urbanizzate e troppo calcolatrici. 
Damien Hirst, Marina Abramović, Ai Weiwei, Ron Mueck e Jenny Saville, Anish Kapoor e Alberto Garutti sono i personaggi qui chiamati a proporre uno sguardo diverso sull’arte contemporanea. Uno sguardo curioso e aperto per non restare ostaggi dei soliti luoghi comuni. L’arte di oggi è certamente un abnorme fatto di mercato (al punto che uno dei più grandi e seri artisti di oggi, Gerhard Richter, si è pubblicamente detto imbarazzato delle valutazioni che le sue opere hanno raggiunto); l’arte è anche spesso stata ridotta a un idiota esercizio di nichilismo. Ma in mezzo a questa fanghiglia – come sempre nella storia dell’uomo – si possono scoprire dei “fili d’oro” che è un peccato non seguire, non guardare, non conoscere. Sono “fili d’oro” che raccontano un’imprevista, a volte spiazzante, commozione per l’umano. E che la raccontano in forme altrettanto impreviste, a volte molto diverse da quelle a cui la tradizione ci ha abituati. Ma l’arte non è obbligata da nessuna forma, anzi è nella sua natura uscire dalle forme anche del passato recentissimo e inoltrarsi su terreni nuovi, rispondendo alle sollecitazioni di tutto ciò che di nuovo la vita degli uomini mette in campo. «L’arte è una porta aperta alla possibiltà», ricorda uno dei più importanti curatori di oggi, Hans Ulrich Obrist, citando l’artista Leon Golub. 
«Sono sempre stato interessato al momento creativo in cui ogni cosa è possibile e niente è ancora accaduto. Il vuoto è quel momento di tempo che precede la creazione, in cui tutto è possibile» risponde Anish Kapoor in un’intervista, incalzato dalle molte domande sulle sue forme concave e convesse e sulle opere di cera rossa che «si creano da sole». Questa mostra cerca proprio di seguire alcuni di questi “fili d’oro”, non attraverso le opere, ma la narrazione, anche spettacolare, di queste opere. Non vuole essere una scelta che cerca consenso, ma che sollecita curiosità. Prospetta situazioni che contengono anche un’audacia, con cui è affascinante fare i conti. Un’audacia di linguaggi o di approcci che porta gli artisti a inoltrarsi nelle fibre della realtà molto più di quanto a noi sia dato. A volte l’audacia è indotta dai mezzi che un artista si trova a disposizione: come è accaduto a David Hockney, grande artista inglese, che con l’arrivo dell’iPad ha capito di doversi arrischiare a dipingere sulla tavoletta, perché era una sollecitazione che gli avrebbe riservato sorprese. E, infatti, la bellezza delle sue immagini “artificiali” prodotte con i pennelli elettronici racconta di uno sguardo reso più acuto, più eccitato, più penetrato nella realtà. 
È il modo con cui l’artista David Hockney (ma la cosa vale anche per tutti gli altri qui presentati) oggi tenta di continuare a stupire Dio.

LA MOSTRA

Uno sguardo curioso e aperto per non restare ostaggi dei soliti luoghi comuni. L’arte di oggi è certamente anche un fatto di mercato, spesso ridotta a puro esercizio di nichilismo. Ma in mezzo a questa fanghiglia – come sempre nella storia dell’uomo – si possono scoprire dei fili d’oro che è un peccato non seguire. Sono fili d’oro che raccontano un’imprevista, a volte spiazzante, commozione per l’umano. E la raccontano in forme altrettanto impreviste, a volte molto diverse da quelle a cui la tradizione ci ha abituati. Ma l’arte non è obbligata da nessuna forma. La mostra segue alcuni di questi “fili d’oro”, attraverso la narrazione, anche spettacolare, di queste opere. Lo spettatore era accolto da un video che introduceva, non senza ironia, il tema dell’arte di oggi, tratteggiandone alcune caratteristiche che la differenziano da quella dei secoli scorsi.

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Giacomo Gambineri e Gio Pastori, MESTIERI IN TECHNICOLOR

«Vedendo infatti nei giorni di festa folle di uomini dignitosi, sia nobili sia popolani, che si divagano; e anche i crocchi chiassosi di fanciulli che corrono senza posa di qua e di là, e i gruppi dignitosi e le dignitose schiere di matrone e di vergini, le quali, con una dignità che si direbbe di figlie di re, vanno e vengono oppure stanno sulle porte delle case: chi potrebbe dire di avere trovato mai, al di qua o al di là del mare, uno spettacolo di folla così meraviglioso?».

Il confronto tra la città di ieri e quella di oggi non poteva non proseguire nella descrizione delle professioni svolte dai milanesi. Questa città industriosa era animata già nel 1200 da numerosissime categorie, che Bonvesin enumera quasi pedissequamente.
Mentre Gio Pastori, che lavora con la tecnica del ritaglio di carta per la creazione di forme, ha raccontato i mestieri dell’epoca del nostro volume, Giacomo Gambineri ha attualizzato quegli stessi ruoli, con un tratto vicino al fumetto.
Nella successione ritmica di una diapositiva dopo l’altra, si specchiavano legisti e decretisti, notai, servitori, trombettieri, medici, fisici, chirurghi, maestri di grammatica, dottori in canto ambrosiano, maestri elementari, scrivani, fornai, bottegai, macellai, pescatori, albergatori, fabbri che ferrano quadrupedi, fabbri che fabbricano sonagliere, tessitori, calzolai, conciatori, sarti, mercanti, merciai ambulanti, venditori all’asta e agricoltori.

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