Betti

IO NINETTO E LAURA

Stanza 4

Negli anni ‘50, durante la stagione d’oro del cabaret italiano, Laura Betti (nata Trombetti) si distingue come artista singolare e fuori da ogni schema, acquistando una certa fama per l’inconfondibile timbro roco della voce, per i modi spudorati e anticonformisti, per il pessimo carattere e la falcata felina, che le varrà il soprannome di “Giaguara”. Laura aveva aperto la sua casa di via del Babuino a scrittori, poeti e giornalisti: vi arriva anche Pasolini, intorno al 1958, “trascinato”, per come ricorda la stessa Betti, da Goffredo Parise. Dalla frequentazione sempre più assidua tra i due nasce un duraturo sodalizio, umano e professionale. Come già avevano fatto Arbasino e Alberto Moravia, Pasolini scrive per lei diverse canzoni, difendendo il suo modo di fare teatro, a metà tra il cantato e il recitato, definendola l’artista teatrale “più consapevole e compromessa”. Il regista la chiamerà ben cinque volte a recitare nei suoi film, in ruoli molto diversi tra loro: dalla giovane diva altera e snob della Ricotta (1963), sino all’appesantita e lussuriosa donna di Bath ne I Racconti di Canterbury(1972).
L’altro polo ideale degli affetti di Pasolini, negli stessi anni, è Ninetto Davoli. Tipico quindicenne di borgata, riccio incosciente e spensierato, Ninetto era andato con alcuni amici a curiosare sul set de La Ricotta. Lì Pasolini lo nota e lo elegge da subito a sua musa insostituibile, soggetto di una serie di ritratti, amico inseparabile, destinatario delle più belle poesie e attore scelto per ben dieci film (dal Vangelo secondo Matteodel 1964 sino a Il fiore delle mille e una notte del 1974). Uno sguardo d’insieme ai disegni qui presentati e realizzati a pennarello, inchiostro o pastelli colorati, restituisce la complessità  del rapporto che ha legato i due e le diverse proiezioni dell’immaginario di Pasolini sulla figura del suo Ninetto: un po’ bambino innocente, un po’ rude borgataro, un po’ tenero amante.

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