Francesconi

Mario Francesconi, S.B.

Stanza 11

Ho eseguito ritratti di Beckett per oltre 10 anni. Beckett insieme a Cèline e a Giacometti è per me (e per molti) uno dei visi più interessanti del 900, ove arte, letteratura e poesia si incontrano in una sintesi imperscrutabile ed inafferrabile. L’immagine del drammaturgo irlandese diviene sempre più un archetipo, si allontana, si smaterializza, ed accentua la sua inafferrabilità. Per questo ho scelto un materiale rigido come il ferro, che per quanto condotto da un disegno sapiente e sintetico, cerca di catturare e fissare l’immagine, quasi di imprigionarla all’interno di un reticolo mentale, per poi tramandarcelo come icona esistenziale.
Mario Francesconi

Tu sei riuscito a sottrarti al giudizio superficiale della cronologia ed anche ed ancor più alle questioni dello stile.
Se ti va, ti dico anche il perché: perché tu sei un selvaggio, sei l’artista più selvaggio che io abbia mai incontrato.
E mi offendo quando vedo e sento parlare del tuo lavoro in senso iconografico, mi ribolle il sangue quando leggo inutili citazioni.
La tua arte è “gesto”.
È il tuo gesto che lascia senza fiato. È il rapporto fra il gesto e l’idea che con te e in te nascono insieme, ma che hanno fra loro una relazione incestuosa: sono padre e figlia e l’uno non sa dove va a parare l’altra. Si inseguono, si aspettano per frazioni minime di tempo, ma non si riesce mai a intuire chi delle due prevalga. Nel tuo gesto fino all’ultimo istante non si sa dove vuoi arrivare ed il risultato è tanto più imprevedibile quanto sorprendente.
Ecco perché le tue immagini sono pugni nello stomaco ovvero strette al cuore: sono annunci che non si vogliono sentire, sono “vanitas”, sono l’addio che non si vorrebbe mai sentire dalla persona amata.
Edoardo Testori

Mario Francesconi è nato nel 1934 a Viareggio (LU), dove vive e lavora.