Contexto

Riccardo Gavazzi, ANIMALI DOMESTICI

Abbiamo la P di Puma e la E di Elefante. Due elementi di un sistema complesso che costituisce l’abbecedario bestiale di Riccardo Gavazzi. Sono l’estratto del suo alfabeto composto di animali, una veloce incursione in un mondo selvaggio fatto di quadri di grande formato. Un gioco da bambini che anticipa temi che costituiscono la ricerca dell’artista: la metamorfosi, l’innesto, l’ibridazione tra realtà diverse. La scelta di rappresentare il non umano è per Gavazzi l’espediente per una maggiore libertà espressiva: è l’osservatore che può attribuire al suo violento tratto pittorico simboli e significati.

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LE OPERE

E, 2008, olio su tela, 200×170 cm
P, 2008, olio su tela, 140×200 cm


Monica Carrera, ISTANTANEE (CON T → ∞)

Dallo studio della storia della prima fotografia è nato il progetto Istantanee (con t → ∞).Monica Carrera, riproponendo le modalità di realizzazione di un ritratto alla fine dell’Ottocento, ha chiesto a sette persone di farsi immortalare, sorridendo davanti alla macchina fotografica, in solitudine, il più a lungo possibile. Da questa richiesta sono nati sette video, in cui le espressioni si succedono rapidamente sui volti dei protagonisti, che si trasformano, in alcuni casi, in maschere al di fuori del controllo dei soggetti. Le emozioni scorrono incontrollate e vengono consegnate all’infinito.

Andrea Bruschi, STENDARDI

Gli enormi stendardi di Andrea Bruschi sono la reinterpretazione di un elemento tradizionale, a cui l’artista ha voluto dare valore universale e imperituro. Ha scelto, quindi, di eliminare ogni riferimento al reale, imbevendo la tela di solo colore, e di far emergere forme astratte, senza alcuna figurazione. Solo l’interazione tra le condizioni di luce e il paesaggio circostante creava riflessi sul tessuto in cui il visitatore poteva leggere, a specchio, la realtà. Il cromatismo puro di Bruschi si accendeva, così, a tratti grazie alla particolare tecnica adottata per realizzare i suoi dipinti, in cui alla stesura dell’olio sulla tela segue la definizione di accenti di colore con la resina trasparente.

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LE OPERE

Stendardi, 2016, (serie di 4), acrilico e resina su cotone, 550×100 cm cad.
Stendardi, 2016, (serie di 3), acrilico e resina su cotone, 300×100 cm cad.


Paolo Brambilla, TUTTO QUELLO CHE MAI TI DIRÒ

Le campane sono contemporaneamente uno strumento di informazione e di sovra-informazione. Agiscono come mezzo di comunicazione di massa, lanciando un messaggio alla collettività e cadenzando il tempo quotidiano, dando abitudini e determinando attitudini. Per la loro struttura sono, però, anche uno strumento paradossale, perché contrappongono l’eccesso di informazioni dato dal riverbero sonoro alla limitazione dell’estensione tonale. Paolo Brambilla ha estremizzato queste caratteristiche: sovra-informazione e perdita di dati sono stati tradotti in uno spartito scritto dall’artista a partire da un concerto già eseguito dalle campane di Edolo. Ogni volta che la composizione viene suonata, a causa delle caratteristiche specifiche dello strumento, essa inevitabilmente si modifica, allontanandosi dall’intenzione dell’informazione originale.


L’OPERA

Tutto quello che mai ti dirò, performance sonora per 8 campane
Courtesy l’artista e Galleria Massimodeluca


Matteo Negri, OUR DAY WILL COME

Il lavoro di Matteo Negri parte dal reale, che viene trasportato in scultura e falsato attraverso l’utilizzo del materiale e la scelta delle dimensioni. Caratteristiche dominanti della sua opera sono la leggerezza e il desiderio di stupire lo spettatore, unite a una forte componente ludica. Proprio un gioco è uno degli emblemi che connotano la sua produzione: il celebre mattoncino Lego è, infatti, il modulo primario di una sua nota serie di sculture. Simbolo di sperimentazione creativa per eccellenza, esso viene declinato in colori, forme e materiali: in questo caso assumeva la struttura di un laccio che si annoda, la cui sinuosità contrastava con il rigore dell’elemento di partenza.

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L’OPERA

Our day will come, 2012, resina laccata e ferro, 240x90x90 cm


Francesca Damiano, POICHÉ SI VEDE COME CANTO

Il lavoro di Francesca Damiano si nutriva della relazione con la collettività e la quotidianità. L’artista ha chiesto ad alcune famiglie di Edolo di accoglierla nelle proprie abitazioni e di permetterle di realizzare un frottage del profilo del loro tavolo da pranzo, simbolo di convivialità e di condivisione. L’insieme delle tracce raccolte ha dato origine a una nuova struttura, che, unendo la regolarità dell’esterno e l’irregolarità dell’interno, raccontava le storie di tutte le famiglie e, contemporaneamente, permetteva di crearne di diverse. Il nuovo tavolo, collocato in un luogo pubblico, era infatti a disposizione della comunità, ognuno poteva portarvi una sedia e trasformarlo in un nuovo punto di riferimento e di incontro nel paese.

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L’OPERA

Poiché si vede come canto, 2016, legno di larice, legno di castagno, incisione laser

Fulvia Mendini, LA NATURA AL SUO POSTO

L’eleganza delle vetrine arcuate incornicia due sculture in legno dipinto che si librano su un piedistallo. Forme sinuose e colori accesi di flora e fauna tropicali, sintesi di eleganza innata e fertilità vitale. Alle pareti, grandi fiori di un Paradiso perduto trattengono la propria linfa senza mai travalicare: a percorrerli è una clorofilla multicolore ed elettrica sempre accesa, chiamata a disegnare contorni immaginifici. A guardarci negli occhi sono quattro coppie di ragazzi impeccabili. Tutto sembra perfetto e simmetrico senza soluzione di continuità: dagli occhi azzurrissimi al cappello con le tese, dal ramo fiorito ai capelli schierati. È una primavera tenuta nei ranghi quella di Fulvia Mendini, stesa con un ordine che t’incanta, dove ogni cosa sembra felice di essere al suo posto. 

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Massimo Dalla Pola, THE BAD PLANTS

«L’aconito napello (nome scientifico Aconitum napellus L., 1753) è una pianta erbacea della famiglia delle Ranunculaceae con la sommità del fiore somigliante vagamente ad un elmo antico. È una delle piante più tossiche della flora italiana diffusa nelle zone montagnose delle Alpi».

The bad plants: solo il titolo denuncia la pericolosità di ciò che Massimo Dalla Pola rappresenta. Il grande fiore dalle tinte pastello è, infatti, una pianta velenosa, che l’artista ha scelto di stampare su plastica per allontanare qualunque riferimento al reale, estremizzandone la bidimensionalità e l’aspetto algido. La natura di Dalla Pola contiene sempre in sé la traccia dell’uomo, che l’artista non inserisce mai esplicitamente nel suo lavoro: in questo caso è nel supporto, quel PVC tossico come l’essenza erbacea.

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L’OPERA

Aconitum napellus (dalla serie The bad plants), 2007, stampa digitale su PVC, dimensioni variabili


Emma Ciceri, ALMERINO VOLA

L’ha immaginato, poi l’ha trovato. Emma Ciceri ha avuto la costanza di cercare nel reale una sua visione, fino a vederla concretizzata. Un uomo attorniato da piccioni, che diviene il loro piedistallo, in modo quasi simbiotico, senza soluzione di continuità tra umano e animale. Almerino Vola è il risultato di questa ricerca, la storia di un uomo che da anni vive con uno stormo di uccelli a cui dedica tempo e attenzioni e che ha ridisegnato il suo spazio vitale e la sua esistenza. La narrazione non è affidata all’editing del materiale documentario, bensì ai gesti di Almerino, che l’artista segue rispettosa, come a non voler vedere svanire l’illusione della trasformazione di un immaginario in realtà.

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LE OPERE

Almerino Vola, 2015, video a colori e suono, 13’ 05”, ed. 3 + 2 ap
Courtesy Galleria Riccardo Crespi e l’artista
Nenia, 2015, video a colori e suono, 3’ 25”, ed. 3 + 2 ap
Courtesy Galleria Riccardo Crespi e l’artista

Adriana Albertini, NUMERO ATOMICO 29 – VERDERAME

Forse c’era un fruttivendolo, qui. Adriana Albertini non poteva saperlo, ma ha deciso di rianimare questi locali chiusi da tempo, riportandoli a una loro possibile destinazione d’uso precedente. 
La catasta di cassette di ceramica invetriata raccoglieva le storie che qui si sono svolte. I listelli che si susseguivano con il vuoto hanno sicuramente fatto cadere qualche ricordo, solo i più ingombranti potevano essere riposti negli Emotion containers della ceramista, che virano nel verde, nel blu e nel nero attraverso l’ossido di rame che utilizza per invetriare. Nel dialogo tra interno ed esterno si inserivano gli Abstract trees, sintesi degli anelli concentrici che si contano per riconoscere l’età delle conifere che ricoprono le montagne intorno a Edolo, appena fuori da quello che avrebbe potuto essere un fruttivendolo.

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LE OPERE

Emotion containers, in produzione dal 2011, ceramica, dimensioni variabili
Abstract trees, in produzione dal 2008, ceramica, dimensioni variabili