Giovanni Agosti

SCRITTURA PER FIGURA

Stanza 5

«È accaduto a Testori quello che era già accaduto a Victor Hugo, scrivere e disegnare nello stesso tempo. Più precisamente, far nascere insieme parola e disegno, in un giuoco intenso e drammatico di segni diversi ma tutti volti a rendere visibile il volto stesso della poesia.»
Carlo Bo, 1987

Il rapporto tra scrittura e disegno fu per Testori sempre strettissimo e, sfogliando i quaderni manoscritti, si scopre che gli spazi bianchi delle pagine “ospitarono” la vena espressiva di Testori in un periodo in cui, almeno tra il 1958 e il 1964, non sfociava in veri e propri dipinti o importanti disegni autonomi. Dopo alcuni disegni a piena pagina che compaiono nel quaderno della Gilda del Mac Mahon, fu la stesura del poema I Trionfi a spingere lo scrittore a dar vita a numerosi grandi disegni, spesso a tema floreale. In alcune pagine la dimensione del disegno e l’attenzione riservata ai particolari dei fiori, evidentemente ritratti dal vero, sembrano quasi invertire i ruoli, trasformando i quaderni in erbari commentati.
Ma il disegno è il crocevia anche dell’attività teatrale e, addirittura cinematografica di Testori. Un ciclo di dieci disegni testimonia il lavoro dello scrittore che, nel 1970, per la sceneggiatura di un film mai realizzato e dedicato all’Amleto, volle disegnare i costumi, con precise indicazioni dei colori e dei materiali. Il disegno si dimostra insomma al cuore della produzione creativa di Testori, qualunque strada espressiva sia destina a prendere.

Giovanni Agosti, OCCUPATI, TUTTI E DUE

Stanza 16

«Dai buchi delle serrature di due vecchi bagni contigui, in cui da tanti anni nessuno più si lava, si possono osservare – con prevista difficoltà – due differenti immagini. È una trovata storica, dalle numerose occorrenze, senza nulla di originale. Il suo apice novecentesco è l’Étant donnés di Marcel Duchamp, a Filadelfia, ma nella genealogia personale ci stanno anche le cappelle dei Sacri Monti delle Alpi e, naturalmente, i View-Master recenti di Giovanni Frangi. Niente adolescenti guardoni, niente Malizia. Nel bagno chiaro una manciata di giocattoli, come reduci dal cestone di un autogrill ma non mancano gli animaletti della Steiff, risponde all’“Adulto, mai” (e alla fascinazione conseguente per chi riesce a esserlo); nel bagno buio un proiettore di diapositive riproduce un dettaglio retroilluminato della Camera di Psiche di Giulio Romano a Palazzo Te, che sembra quasi un De Chirico della maturità. Anche stavolta insomma l’azione risulta una ricerca in direzione del “chiarimento delle mie ragioni espressive”
Giovanni Agosti

«Anatomie della melanconia, labirinti di ambiguità, estasi enumeratorie, peripezie picaresche, imbandigioni di citazioni, schidionate, pentoloni, millefoglie, fuochi artificiali! Cioè il trionfo conviviale di una forma frammentaria “strategica” e “tattica”, spalancata a urti i venti. L’opposto di un Thomas Mann che anche nel romanzo-saggio chiude tutti i discorsi, tutte le virgolette, tutte le parentesi
Alberto Arbasino

L’ARTISTA

Giovanni Agosti è nato a Milano nel 1961. Dal 2000 insegna Storia dell’Arte Moderna all’Università degli Studi di Milano, dopo avere lavorato per molti anni nelle Soprintendenze per i Beni Storici e Artistici di Mantova e di Firenze. Si è occupato principalmente della tradizione classica nella cultura figurativa italiana, delle relazioni tra artisti e letterati, del Rinascimento nell’Italia Settentrionale. Ha scritto, tra l’altro, Bambaia e il classicismo lombardo (1990), La testoriana di Brescia (1997), Disegni del Rinascimento in Valpadana (2001), Su Mantegna I. La storia dell’arte libera la testa (2005). Nel 2008 ha curato, insieme a Dominique Thièbaut, la mostra Mantegna al Museo del Louvre e ha pubblicato Giovanni Frangi alle prese con la natura, un libro che testimonia la possibilità di scambi creativi tra un critico e un artista. L’opera di Agosti si delinea come un ripensamento dei rapporti tra storia dell’arte, mondo della cultura e società italiana, in una fusione di saperi e di stili che mette implicitamente in discussione i canoni della Storia dell’Arte.